Giulia, ventiseienne, è bella, alta, ha un aspetto romantico; Gramsci ne è conquistato: ricorderà «il primo giorno che [....] non osavo entrare nella tua stanza perché mi avevi intimidito [....] al giorno che sei partita a piedi e io ti ho accompagnato fino alla grande strada attraverso la foresta e sono rimasto tanto tempo fermo per vederti allontanare tutta sola, col tuo carico da viandante, per la grande strada, verso il mondo grande e terribile [....] ho molto pensato a te, che sei entrata nella mia vita e mi hai dato l'amore e mi hai dato ciò che mi era sempre mancato e mi faceva spesso cattivo e torbido». [39] E quell'immagine di lei, viandante in un mondo grande e terribile, con il suo senso doloroso di distacco, ritornerà ancora dal carcere: «Ricordi quando sei ripartita dal bosco d'argento [....] ti ho accompagnata fino all'orlo della strada maestra e sono rimasto a lungo a vederti allontanare [....] così ti vedo sempre mentre ti allontani a passi brevi, col violino in una mano e nell'altra la tua borsa da viaggio, così pittoresca» [40] Si sposano nel 1923 e avranno due figli, Delio, il 5 settembre 1924 e Giuliano, il 30 agosto 1926.
A differenza di Bordiga, tutto inteso a salvaguardare la presunta purezza programmatica del partito, e perciò contrario a qualunque iniziativa al di fuori della propaganda della dittatura del proletariato, Gramsci guardava anche agli obiettivi democratici intermedi, raggiungibili utilizzando le contraddizioni presenti nella strati sociali e le forze che vi potevano rappresentare elementi di rottura, come il movimento sindacale cattolico di Guido Miglioli e l'intellettualità progressista liberale di cui Piero Gobetti è allora tra i maggiori rappresentanti.
Nel III Congresso dell’Internazionale comunista, di fronte al riflusso dell'ondata rivoluzionaria rappresentata dalle sconfitte delle esperienze comuniste in Germania e in Ungheria, si decise la tattica del fronte unito con la socialdemocrazia. Bordiga e la maggioranza dei dirigenti comunisti italiani si oppose, elaborando le Tesi di Roma, base programmatica del II Congresso del Partito, tenuto a Roma nel marzo del 1922. Gramsci vi aderì ma scrisse di aver «accettato le tesi di Amadeo perché esse erano presentate come un'opinione per il Quarto Congresso [dell’Internazionale comunista] e non come un indirizzo d'azione. Ritenevamo di mantenere così unito il partito attorno al suo nucleo fondamentale, pensavamo che si potesse fare ad Amadeo questa concessione [....] senza nuove crisi e nuove minacce di scissione nel seno del nostro movimento».