La rivista ebbe un avvio incerto: all'inizio «il programma fu l'assenza di un programma concreto, per una vana e vaga aspirazione ai problemi concreti [ ... ] nessuna idea centrale, nessuna organizzazione intima del materiale letterario pubblicato» Tasca intendeva farne una pubblicazione culturale: «per "cultura" intendeva "ricordare", non
intendeva "pensare", e intendeva "ricordare" cose fruste, cose logore, la paccottiglia del pensiero operaio [ ... ] fu una rassegna di cultura astratta, di informazione astratta, con la tendenza a pubblicare novelline orripilanti e xilografie bene intenzionate; ecco cosa fu l'Ordine Nuovo nei suoi primi numeri [ ... ]». Il primo numero dell' Ordine Nuovo Gramsci intendeva invece definirlo su posizioni nettamente operaistiche, ponendo all'ordine del giorno la necessità d'introdurre
nelle fabbriche italiane nuove forme di potere operaio, i Consigli di fabbrica, sull’esempio dei Soviet russi: «Ordimmo, io e Togliatti, un colpo di Stato redazionale; il problema delle commissioni interne fu impostato esplicitamente nel n. 7 della rassegna [ ... ] il problema dello sviluppo della commissione interna divenne problema centrale, divenne l'idea dell'Ordine Nuovo; era esso posto come problema fondamentale della rivoluzione operaia, era il problema della "libertà" proletaria. L'Ordine Nuovo divenne, per noi e per quanti ci seguivano, "il giornale dei Consigli di fabbrica"; gli operai amarono l'Ordine Nuovo [ ... ] perché negli articoli del giornale ritrovavano una parte di se stessi, la parte migliore di se stessi; perché sentivano gli articoli dell'Ordine Nuovo pervasi dallo stesso loro spirito di ricerca ninteriore: "Come possiamo diventar liberi? Come possiamo diventare noi
stessi?". Perché gli articoli dell'Ordine Nuovo non erano fredde architetture intellettuali, ma sgorgavano dalla discussione nostra con gli operai migliori, elaboravano sentimenti, volontà, passioni reali»