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Ideologia



Alla caduta del secondo Governo Fortis (24 dicembre 1905 - 8 febbraio 1906) Giolitti insediò il suo terzo governo.

Durante questo mandato continuò, essenzialmente, la politica economica già avviata nel suo secondo governo. Aiutato dalla congiuntura economica positiva dei primi anni del Novecento, poté contare su un'affidabile stabilità monetaria garantita da un processo, l'emigrazione, a cui lui stesso non si oppose e che venne sicuramente incentivato dai numerosi dissesti economici causati da grandi disastri naturali (si ricordi l'eruzione del Vesuvio del 1906 ed il terremoto che devastò Messina e Reggio Calabria nel 1908).

In questo periodo, inoltre, favorì l'industria pesante (che risultava ancora arretrata a causa della mancanza, da parte degli industriali, dei grandi capitali che sarebbero stati necessari a svecchiarla) per mezzo di un ingegnoso stratagemma: la conversione della rendita nazionale dal 5% al 3,5%. Questa era, in realtà, un'operazione rischiosa perché, per quanto si potesse prevedere un certo panico tra i creditori dello Stato, le richieste di rimborso non erano facilmente prevedibili. Di fatto, comunque, ebbe successo perché queste furono assai limitate e la possibilità della bancarotta fu ampiamente sventata. Ciò fu possibile perché la conversione della rendita provocò una generale diminuzione del costo del denaro che consentì di ottenere crediti ad un saggio di interesse più favorevole e, quindi, incontrò un nutrito consenso. Oltre a ciò, la conversione della rendita centrò il suo scopo primario: far "guadagnare" virtualmente allo stato la differenza sui suoi debiti che, con l'abbassamento del tasso, non era più tenuto a pagare. I proventi di questa manovra poterono, così, essere impiegati nell'industria.

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