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Ideologia



L'inizio dell'avventura giolittiana come primo ministro coincise sostanzialmente con la prima vera disfatta del governo di Crispi, messo in minoranza nel febbraio del 1891 su una proposta di legge di inasprimento fiscale. Dopo Crispi, e dopo una breve parentesi (6 febbraio 1891 - 15 maggio 1892) durante la quale il paese fu affidato al governo liberal-conservatore del marchese Di Rudinì il 15 maggio 1892 fu nominato Primo Ministro Giovanni Giolitti, allora ancora facente parte del gruppo crispino.

Il suo rifiuto di reprimere con la forza le proteste che, nel frattempo, attraversavano estesamente il paese e che, il più delle volte, si riversavano nelle piazze (vedi il paragrafo L'ideologia politica) a causa di una generale crisi economica che faceva salire, fra l'altro, il costo dei beni di prima necessità; le voci che lo indicavano come propositore di una tassa progressiva sul reddito (motivi, entrambi, che gli alienarono il consenso dei ceti dirigenti borghese-imprenditoriale e dei proprietari terrieri, che vedevano in lui una minaccia ai propri interessi economici) e, infine, lo scandalo della Banca Romana che gli valse accuse di aver "coperto" irregolarità fiscali (prima con il suo dicastero delle finanze e poi con una costante riluttanza all'apertura di inchieste parlamentari) lo travolsero in pieno facendogli crollare la base del consenso su cui poggiava la sua ancora giovane politica e lo costrinsero a dimettersi poco più di un anno e mezzo dalla nomina, il 15 dicembre 1893.

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