Bordiga aveva un rapporto quasi paterno e protettivo nei confronti del giovane Gramsci, fisicamente poco adatto alla dura lotta politica del tempo, in ambiente di guerra civile. Cercava di assecondare come poteva "il suo lento evolvere dall'idealismo filosofico al marxismo". Non gli importava nulla che fosse stato interventista di guerra e gli fu amico anche nei momenti di dura polemica. Lo sarebbe stato anche se avesse conosciuto la sua corrispondenza segreta con Togliatti e gli altri centristi di minoranza alleati a Mosca che lavoravano alla liquidazione della Sinistra: essendo completamente estraneo alle manovre politiche sia concretamente che come mentalità, badava alla salvaguardia del partito rivoluzionario indipendentemente dalle sue componenti interne e dai numeri di iscritti che esse coinvolgevano. Quando il gruppo gramsciano si avvicinò alla Sinistra, reputò "leale" il titolo della sua rivista, che non parlava di Classe, Stato e Società come facevano i comunisti, ma genericamente di "Ordine Nuovo". Bordiga scherzava sulla concezione antideterministica di Gramsci, che ancora nel 1919 interpretava la Rivoluzione d'Ottobre come una specie di "miracolo della volontà umana", contro ogni determinismo delle reali condizioni economiche e politiche della Russia: "Solo a rilento Gramsci accettò le direttive marxiste sulla dittatura del partito e sulla stessa incidenza del sistema marxista, fuori dell'economia di fabbrica, in una visione radicale di tutti i rapporti di fatti nel mondo umano e naturale". Quando poi conobbe Lenin, racconta ancora Bordiga, "la cosa non restò senza effetto; maestro ed allievo non erano da dozzina".