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Ideologia



Secondo alcuni politologi Giorgio Amendola fu precursore di un tentativo di dare vita ad una sinistra di stampo europeo, radicato nella tradizione laica e liberale; lo ha confermato il suo allievo Giorgio Napolitano, quando, nel discorso tenuto a Torino il 15 ottobre 2009, ha affermato che "Giorgio non solo apparteneva alla stessa generazione di Norberto, ma era 'molto legato' - come qualche anno dopo la sua morte Bobbio ricordò - 'alla tradizione antifascista torinese', e non cancellò mai del tutto dalla sua formazione il filone di liberalismo democratico impersonato da Piero Gobetti, né tantomeno 'l'insegnamento di suo padre, che di quella corrente di democrazia liberale era stato' (scrisse sempre Bobbio) 'un teorico e un coraggioso combattente'".

Il vigoroso convincimento con cui sosteneva l'ammodernamento europeista del PCI e la lotta determinata al terrorismo degli anni Settanta,non lo indussero mai a ripensare criticamente il proprio operato nel corso della guerra partigiana. L'aver dato ad esempio l’ordine ai GAP di Roma di effettuare l’attacco di via Rasella non fu mai da lui accostato all'azione eversiva del terrorismo di matrice comunista e blanquista attivo in Italia negli Anni di piombo, tracciando una ben precisa linea di differenziazione fra l'Italia fascista post-8 settembre 1943 e le strutture democratiche dell'Italia repubblicana, scaturita proprio dalla Resistenza.

Amendola morì a Roma, all'età di settantatré anni, a causa di una malattia. Per uno scherzo del destino, poche ore dopo il suo decesso, scomparirà anche l'amata moglie Germaine Lecocq, conosciuta a Parigi negli anni dell'esilio, che lo aveva aiutato nella redazione del suo ultimo manoscritto.

La loro figlia, Ada, era morta nel 1974 all'età di soli trentotto anni.

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