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Usa


Il presidente americano accusa i ''tribunali militanti'' e rivolge un appello al Senato perché definisca il matrimonio come l'unione tra un uomo e una donna

''Anni di esperienza ci hanno insegnato che l'impegno di un marito e una moglie ad amarsi e a prendersi cura l'uno dell'altra promuove il benessere dei bambini e la stabilità della società''. Il presidente americano George Bush interviene sulla controversa questione dei matrimoni omosessuali, prendendosela con ''i tribunali militanti'' che con il loro operato non lasciano alternativa all'introduzione di un ''emendamento alla Costituzione'' che vieti tali unioni. Nel suo consueto discorso radiofonico alla nazione, l'inquilino della Casa Bianca rivolge un appello al Senato perché definisca il matrimonio come l'unione tra un uomo e una donna.

Perché passi, un emendamento deve ottenere il sostegno di una maggioranza di due terzi in entrambi i rami del Congresso, il che appare poco probabile. Quello su cui invece osservatori e analisti pongono l'accento è il fatto che tali dichiarazioni, tutt'altro che nuove, mirano soprattutto a riconquistare una parte sostanziosa dell'elettorato, quella ultraconservatrice che gli ha permesso di ottenere un secondo mandato alla Casa Bianca, a cinque mesi dalle elezioni di mid-term di novembre.

La posizione di Bush in merito alle unioni gay sembra condivisa da una maggioranza di americani, come dimostra un recente sondaggio condotto dall'istituto demoscopico Gallup, secondo cui il 59% del campione interpellato si dice contrario ai matrimoni tra persone dello stesso sesso.

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