Il governo di Enrico Letta è morto a causa del suo non fare le riforme e dal suo temporeggiare, non prendendo in considerazione la situazione drammatica in cui è l'Italia ormai da molto tempo. A Matteo Renzi sicuramente non conveniva andare al governo adesso; ma provabilmente poteva aspettare che Letta si logorasse ed andare a nuove elezioni in modo di arrivare al governo tramite la legittimazione del popolo. Renzi, però ha pensato che le riforme siano talmente necessarie che il farle coprirà il peccato originario di come è nato questo governo. Il nuovo governo ha 16 ministri contro i 21 dello scorso governo.
Nella formazione del nuovo governo Matteo Renzi ha trovato dei freni a dei ministri che voleva nominare come ad esempio Nicola Gratteri alla giustizia o anche Livia Pomodoro allo stesso dicastero. Il freno sarebbe venuto dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che è convinto che a quel dicastero non possa andare un pm. Problemi anche per il dicastero dell'Economia, che Renzi voleva politico e che Napolitano dichiarava fose necessario un economista già conosciuto in Europa. Ha vinto una vioa di mezzo.
Ci sono tre ministri che arrivano dritti dritti dalla segreteria Pd appena formata lo scorso dicembre dallo stesso Renzi. Maria Elena Boschi era responsabile Pd per le Riforme; diventa ministro delle riforme, ma anche dei Rapporti con il Parlamento. Federica Morgherini era responsabile Pd per gli Esteri e occupa il Ministero degli Esteri al posto di Emma Bonino. Infine, Marianna Madia era responsabile Pd al Lavoro e diventa ministro della Semplificazione e della Pubblica Amministrazione.
Maria Carmela Lanzetta va agli Affari Regionali. Era sindaco anti-ndrangheta di un paesino calabrese e si era dimessa accusando lo Stato di non fare nulla per aiutarla in questa lotta. Aveva infine avuto il sostegno di Beppe Civati ed è considerata vicina alla sua corrente. Nonostante questo Civati, che evidentemente vuole avere le mani libere non condivide il percorso di Renzi e minaccia di non votare la fiducia.
Il Nuovo Centrodestra scende da 5 a tre rappresentanti. Oltre alla dimissionaria Nunzia De Girolamo abbandona anche Gaetano Quagliariello; gli altri tre ministri ritornano ai ministeri che occupavano nel governo Letta. Angelino Alfano resiste all'Interno (ma perde la vice presidenza che non viene assegnata a nessuno); Beatrice Lorenzin rimane alla Sanità e Maurizio Lupi alle Infrastrutture e Trasporti.
Per i ministeri economici si cambia tutto. Pier Carlo Padoan era un tecnico dell'Istat che va all'Economia; allo Sviluppo Economico arriva Federica Guidi da Confindustria e da Giuliano Poletti dalle Coop va al Ministero del Lavoro.
Andrea Orlando passa dall'Ambiente alla Giustizia. Roberta Pinotti invece è la terza donna alla guida degli Esteri (era sottosegretario allo stesso dicastero). Promosso è anche Maurizio Martina che passa alle politiche agricole (era vice ministro). Stefania Giannini, segretaria di Scelta Civica approva all'Istruzione. Infine l'Udc mantiere un ministero e nella fattispecie Gianluca Galletti al Ministero dell'Ambiente e Dario Franceschini passa alla Cultura.
Una breve nota per alcuni non ricongfermati. Due in particolare. Emma Bonino era data per riconfermata quasi fino all'ultimo; è stata perciò una sorpresa òa sua esclusione e lei non ha nascosto la sua delusione. Con l'esclusione di Mario Mauro i Popolari per l'Italia non sono stati rappresentato nel governo e minacciano di non votare la fiducia. Si qualificano come i poltronari che sono.