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La proposta di Renzi piace a pochi. Perché non solo mette fine al bicameralismo perfetto ma rottama sostanzialmente il Senato, togliendogli qualsiasi ruolo «reale» che non sia l'elezione del capo dello Stato. A Palazzo Madama si ritroverebbero due volte al mese sindaci e governatori, assieme ad una ventina di esponenti della società civile indicati dal Colle. Fa storcere il naso a esperti costituzionalisti figuriamoci ai senatori in carica cui viene chiesto di votare la propria estinzione. Da destra a sinistra si moltiplicano i mugugni, come gli aveva preannunciato il capogruppo Pd Zanda in mattinata invitandolo alla «cautela». Ne prende atto il segretario Pd che — pur parlando di un'intesa di massima con altri partiti, a cominciare da Forza Italia — si dice disposto a discutere dello schema il cui percorso «comincerà al Senato dal 15 febbraio». Acquisito, cioè, il via libera della legge elettorale alla Camera. Le linee tratteggiate in dirczione coincidono solo in parte con quelle filtrate mercoledì, dopo la riunione della segreteria. Di qui, l'irritazione della minoranza Pd che accusa Renzi di cambiare le carte in tavola. Tant'è: il progetto prevede 150 senatori la maggior parte dei quali (108) sono i sindaci delle città capoluogo «perché non può essere incentrato sulle Regioni il Senato delle autonomie», 21 i governatori (compresi i presidenti di Trento e Bolzano) e 21 persone illustri scelte dal Quirinale, in carica non a vita ma per la durata del suo mandato. Si tratta di una Camera con componenti non elettivi, non stipendiati che non daranno la fiducia al governo: su questo il segretario Pd — pronto a confrontarsi mercoledì con i suoi senatori e i governatori del centrosinistra—non è disposto a negoziare. Più malleabile sulle competenze: lui immagina «un luogo di rappresentanza» che partecipi all'elezione del capo dello Stato e delle altre istituzioni di garanzia, ma non voti il bilancio e abbia una produzione normativa «ridotta al minimo». Resterebbero «bicamerali» le norme costituzionali, quelle relative ai rapporti tra regioni e Stato ed enti locali-Europa. Un quadretto deprimente per gli attuali senatori: già faticavano ad accettare un ridimensionamento, ora si chiede loro di votare per la propria estinzione. I colloqui di Renzi con gli azzurri Verdini e Fitto (emissan di Berlusconi) non aiutano Forza Italia a digerire lo schema: «Io non la voto», dichiara Gasparri, tra gli applausi di gran parte del partito. Ma pure nella maggioranza ci sono tante voci contrarie a questa «Conferenza Stato-Regioni 2.0» per dirla con qualcuno. II Nuovo centrodestra con Quagliariello lancia il «no» a una Camera «di nominati». Gronda scetticismo Scelta civica, benché la proposta dei senatori di nomina presidenziale venga dalla Giannini. Secco il leghista Calderoli: «Le riforme vanno fatte seriamente».

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