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«Quando vedo Marco Pannella mi batte ancora il cuore». Comprensibile. Per Pannella e le battaglie radicali, Rita Bernardini è finita in questura, agli arresti domiciliari, in tribunale e in ospedale. Ha tenuto una conferenza stampa completamente nuda e all’impiedi. Ha distribuito hashish, marijuana e stampa clandestina. Ha occupato redazioni e studi televisivi. E’ stata indagata per vilipendio del Capo dello Stato e per costruzione abusiva su suolo pubblico. Ha indossato il chador. Ha sfilato a fianco dei «Los Padania», associazione di omosessuali federalisti. Ha guadagnato due condanne definitive, a novanta e ottanta giorni di reclusione, e diverse condanne in primo grado.
Chiunque, dopo una vita del genere, alla sola vista del Gran Capo Bianco radicale avrebbe ripercussioni cardiache prossime all’insufficienza. «Perché?». Rita Bernardini - che è una romana di cinquantaquattro anni, è stata fondatrice dell’«Associazione Coscioni», coordinatrice nazionale dei «Club Pannella», coordinatrice di numerose campagne referendarie, consigliere generale del Partito radicale transnazionale, tesoriere dei Radicali italiani e il prossimo fine settimana sarà eletta a Padova alla successione del segretario Daniele Capezzone - chiede semplicemente «perché?», come fosse tutto normale. Le iniziative radicali, dopo tanti anni, tendono ad annacquarsi nella cronaca quotidiana e nella ripetizione, ma rimesse in fila gelano il sangue.

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