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Dopo il terremoto Renzi

Nei giorni successivi allo storico 40% del Pd e precedenti ai ballottaggi si parla solo del successo di Matteo Renzi, che per quanto lui ascriva al partito è sicuramente molto farina del suo sacco. Un risultato che rende ancora più urgenti continuare le riforme e trattare con l'Ue per migliorare le condizioni per poter fare le stesse. Questo aprofittando del fatto che il Pd è il partito che ha preso più voti in Europa (secondo per numero di deputati dopo la Cdu di Angela Merkel).

Proprio questo nuovo status del Pd mette in pericolo la vita di alcuni alleati che alle elezioni di pochi giorni fa non sono andati esattamente bene. Inanzitutto Scelta Civica. Mentre l'anno scorso il partito di Mario Monti aveva preso quasi il dieci percento di voti totalmente proveniente dall'allora Pdl; ora (dopo l'abbandono di Mario Monti al partito) i suoi elettori hanno compiuto l’altra metà del percorso e sono giunti a votare Pd. Il risultato pessimo (0,71%) ha indotto il segretario Stefania Giannini a dimettersi (ma mantenendo il ministero) e il partito tutto a ripensarsi il futuro. La stessa Giannini, ma anche Andrea Romano, Gianluca Susta e Linda Lanzilotta credono compiuto il percorso del partito e vorrebbero fondersi nel Pd. Mario Monti stesso ha dichiarato che se alle primarie Pd del 2012 avesse vinto Renzi, Scelta Civica non sarebbe mai nata e anche che prima delle elezioni politiche del 2013 aveva chiesto a Bersani se intendeva governare senza essere alle dipendenza della Cgil e di gente come Stefano Fassina; l’allora segretario Pd rispose negativamente e Monti decise definitivamente di fondare il partito. Contrari a questa tesi (sono i tre quarti del partito) altri esponenti vorrebbero invece unire il proprio destino al Nuovo Centrodestra di Alfano. Irene Tinagli, infine, vuole che Scelta Civica continui a perseguire le riforme stando in questa maggioranza, ma soprattutto mantenendo la propria indipendenza.

A legare il proprio destino al Nuovo Centrodestra di Alfano, c’è anche l’Udc. I due partiti infatti avevano già deciso prima delle elezioni di unire dopo i ballottaggi i propri gruppi parlamentari; mentre adesso si profila anche l’ipotesi di una vera e propria fusione. In fondo sarebbe solo ammettere l’assoluta comunanza di intenti dei due partiti, sia in materia di programma di governo, sia orientamento in futuro nella parte di centrodestra dell’emiciclo parlamentare.

Anche Sel pensa al proprio destino e nonostante abbia centrato l’elezione a Strasburgo il 40% del Pd funziona come una forte calamita. Mentre il segretario Nichi Vendola vorrebbe resistere ai democratici restando saldamente all’opposizione; alcuni del suo partito guidati dal capogruppo alla Camera Gennaro Migliore vorrebbero iniziare a influire sulle riforme collaborando con il governo di Renzi. Si vocifera che in caso di un non accordo nel partito, la fronda legata a Migliore potrebbe scindersi per entrare o nel Pd o formando un gruppo parlamentare con i fuori usciti del M5s. In ogni caso venendo incontro a quello che Giuseppe Civati predica da sempre.

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