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Debora Serracchiani: trentotto anni, avvocato. Un viso dolce, uno sguardo timido e un piglio felino che non ti aspetti. E' la giovane che sabato scorso, all'assemblea dei circoli del Pd, ha scosso con un discorso infuocato i tremila delegati del cosiddetto 'territorio'. “Vengo da Udine – ha esordito - la città che, per darvi delle coordinate sportive, è quella dell'Udinese e della Snaidero”. Poi piazza l'indicazione più pesante, la prima zampata di una serie: “E' la città che ha accolto, permettetemi di dirlo, Eluana Englaro”. Fa subito capire che non scherza. Che non è arrivata fino a Roma per fare una passeggiata.

Nella sala c'è rumore e disattenzione, ancora. Ma lei zittisce tutti: “Scusate, così è pressoché impossibile parlare”. Si gratta la testa, non le piace essere cattiva, rimprovera con il sorriso. Poi riparte e non si ferma più. “Il problema di questo partito non è stato Walter Veltroni, è mancata la leadership intesa come il mezzo per una linea politica di sintesi”. Partono i primi applausi. Franceschini, in platea, inizia a prestare attenzione.

E proprio a lui si rivolge, senza mezze misure: “Chiedo al mio segretario di dirci convintamente che il cambiamento che abbiamo avvertito da quando ha dato le dimissioni Veltroni non è la paura perché abbiamo toccato il fondo, ma è una strategia, che abbiamo la linea di sintesi”. Altri applausi. “Fino ad ora mai una linea netta, mai una linea unica”, incalza. E le mani dei delegati battono più intensamente.

Poi arriva il clou. Attacca Di Pietro: “A capo di un partito fai da te, personale e personalista, che con il centrosinistra non ha niente a che vedere”. Applausi a valanga. “Questo partito deve assumere decisioni, se necessario anche a maggioranza, se necessario anche lasciando a casa qualcuno”. In sala è un boato. Lei ride, sorpresa, infila la testa tra le spalle. Si tocca i capelli. Quasi non ci crede. E per un attimo si smarrisce. Solo un attimo però.

Via ancora: “La libertà di coscienza non deve essere il paravento dietro al quale nascondersi quando non siamo uniti”. E aggiunge: “Su argomenti come il testamento biologico quando c'è una posizione prevalente dentro al Partito democratico, questa deve avere il giusto riconoscimento”. Unghia in bella mostra, è un graffio.

Poi si rivolge direttamente al segretario, prova a dargli del 'tu', anche se le crea imbarazzo. “E' un errore assoluto – dice - quello di aver indicato come capogruppo della commissione Sanità chi non rappresenta l'opinione prevalente del partito”. Via i sassolini dalle scarpe, uno dietro l'altro. La ragazza ci ha preso gusto. La gente in sala le grida “brava”, è euforica. Franceschini sorride. Non sembra affatto preoccupato. Lei prosegue: “Ne ho per tutti”. Avviso ai naviganti un po' tardivo, verrebbe da dire. E via ad all'attacco: “E' intollerabile che dopo aver dato mandato all'allora vice segreterio di chiudere l’accordo sulla legge per le Europee, escano il giorno dopo critiche sul giornale”.

E giù di nuovo, a testa bassa: “In questi mesi ho avuto l'impressione che l'appartenenza al nuovo partito fosse sentita molto di più dalla base che dai dirigenti”. Standing ovation. “C'è bisogno di una nuova generazione politica, che non è una questione anagrafica, ma di mentalità”, esclama sicura di sé. Poi guarda in faccia il segretario: “Hai un compito difficile perché non sei un volto nuovo, però hai il compito di dare una credibilità a questo partito e ci stai riuscendo alla grande”. Franceschini non ride sotto i baffi (che del resto non ha), ma di gusto, a scena aperta.

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