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Riforme incontro Pd-M5s

E' avvenuto l'incontro tra le due delegazioni di Partito Democratico e Movimento 5 Stelle sulle riforme. La delegazione del Pd era formata da Matteo Renzi (segretario del partito e presidente del consiglio), Debora Serracchiani (vice segretario del partito), Roberto Speranza (capogruppo Pd alla Camera) e Alessandra Moretti (europarlamentare Pd); mentre la delegazione del Movimento 5 Stelle era formata da Luigi Di Maio (vice presidente della Camera), Danilo Toninelli (vice presidente della commissione Affari Costituzionali della Camera), Giuseppe Brescia (capogruppo alla Camera) e Maurizio Buccarella (capogruppo al Senato).

Il M5S ha voluto incontrare il Pd per discutere della nuova legge elettorale volendo volontariamente ignorare sia il percorso fatto finora, sia il fatto che la riforma deve essere fatta da tutto il parlamento, non solo dai due partiti maggiori. Il Pd ha più volte risposto che la partenza del confronto deve essere per forza l'Italicum e quindi il lavoro a cui il Parlamento ha fin qui approvato e che si può discutere di eventuali modifiche che devono essere comunque condivise da tutte ole forze politiche. Il Movimento 5 Stelle invece pretende che si parli solo della loro proposta e la si adotti. Al rifiuto del Pd spiegato con quanto detto sopra loro chiedono come mai il Pd preferisca fare riforme con un partito di pregiudicati (Forza Italia) piuttosto che con loro. La risposta è evidente: hanno voluto auto-ibernarsi per oltre un anno e si sono negati quando c'era da scrivere le regole. Ora vogliono solo far saltare tutto e dimostrare che anche questo governo non fa mai nessuno riforma.

L'incontro è stato attraversato da varie stoccate trasversali Renzi comincia: «Il democratellum è secondo noi molto interessante sotto tanti aspetti ma gravemente deficitario sotto il profilo della governabilità, la sera delle elezioni si deve sapere chi ha vinto ed eventualmente siamo pronti a introdurre il ballottaggio». I cinque stelle, però, non restano ad ascoltare in silenzio, e la replica arriva da Di Maio: «La nostra legge è il primo esperimento al mondo che riesce di legge elettorale scritta con la Rete. Ve lo diciamo anche per farvi capire lo spirito con cui veniamo al tavolo: sentiamo un’enorme responsabilità verso cittadini. Vogliamo che questa legge entri in ordinamento, sappiamo che non possiamo farlo soli. Speriamo di poterlo fare con voi che siete la prima forza politica». Un’apertura che stupisce il Pd, tanto più quando viene ribadita anche da Toninelli: «Abbiamo paura che possa capitare con l’Italicum quello che è capitato col Porcellum: l’Italia non si può permettere una crisi istituzionale di otto anni». A questo punto è di nuovo Renzi a prendere la regia del gioco. Detta le condizioni di un possibile dialogo: «Servono idee chiare sul tema. Il M5S è disponibile o meno a studiare un correttivo che consenta a chi vince di governare? Noi riteniamo che il democratellum non garantisca questo. Ci sta bene ragionare sul merito, ma non saremo mai d’accordo se non abbiamo la possibilità che chi arriva prima, al primo o secondo turno, vinca». Tra le altre condizioni anche «per rispetto ai cittadini mai più inciuci né grandi intese». Poi una raffica di domande: «Siamo dell’idea di rimpicciolire i collegi, ci state?». «Siete d’accordo sulla nostra proposta di affidare alla Corte costituzionale prima il giudizio sulla legge elettorale?». Infine: «Siete disponibili a ragionare di riforme costituzionali?». Renzi sottolinea: «È inutile rivederci se non ci date delle risposte a questi interrogativi». Ora la palla tocca di nuovo ai 5 stelle che, presumibilmente, si confronteranno con la rete: la risposta arriva di nuovo da Di Maio: «Sul tema della governabilità conviene con noi che chi vince non è detto che debba governare? È questa la grande partita. Noi non siamo né contro i doppi turni né contro i premi di maggioranza. Su questo possiamo discutere, rivediamoci fra tre o quattro giorni per valutare i punti di caduta e fare una legge elettorale insieme».

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