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Annunciando le dimissioni dalla presidenza del partito, lo aveva messo in chiaro: non rinuncio a dire la mia. Detto, fatto. Romano Prodi boccia senza appello la proposta di dar vita ad un Partito Democratico del Nord: «Il Pd è nato come partito su base federale e regionale - sottolinea- allora non si possono cambiare le basi ogni due mesi. Seguiamo le regole del Pd, e andiamo avanti». 

Una presa di posizione netta. Il leader democratico Walter Veltroni, che lunedì riunirà a Milano i segretari regionali, ha invece preferito tenersi fuori dalla querelle. Il Pd, si limita a rispondere «è una grande forza che si è insediata. Ci sono elezioni che segnano la fine di un percorso e altre in cui inizia, e queste sono state elezioni da cui si inizia». 

A sostenere, pur con accenti e ipotesi organizzative diverse, la proposta del Pd del Nord sindaci e amministratori delle regioni padane. Non senza contrasti, come quelli che dividono da una parte il sindaco di Bologna Sergio Cofferati, sostenitore di un partito del settentrione federale basato su “macroregioni” ma senza leader, e dall’altra il sindaco di Venezia Massimo Cacciari, che chiede di tenere l’Emilia fuori dal progetto e rivendica una leadership autonoma.

Intervistata dal quotidiano la Stampa, la presidente della Regione Piemonte Mercedes Bresso, afferma che un Pd del Nord si può e si deve fare «senza chiedere il permesso a Roma», e sottolinea come già da prima delle elezioni alcuni esponenti («io, Chiamaparino, Cacciari, Penati») avevano iniziato un «percorso in questa direzione».

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