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«Un governo di servizio al Paese. Definirei così l'idea con cui mi ripresenterò alle Camere se scioglierò la riserva». Con queste parole Enrico Letta ha comunicato di aver accettato con riserva l'incarico di formare il nuovo governo da Napolitano. Dopo aver accolto «con una sorpresa pari al senso di responsabilità» la notizia dell'incarico, il vicesegretario dimissionario del Pd è salito al Colle alle 12,30 alla guida della sua monovolume, chiamato dal capo dello Stato a formare «un governo che non nascerà a tutti i costi, ma solo se ci saranno le condizioni». Il nome di Letta è uscito vincitore da una rosa di tre che includeva altri due toscani (Giuliano Amato e Matteo Renzi). Dopo quasi un'ora di faccia a faccia con Napolitano, le parole d'ordine, ripetute più volte da Letta durante il suo primo discorso da premier incaricato, sono «umiltà», ma soprattutto «senso di responsabilità» («perché questa situazione inedita e fragile non può continuare»). E si tratta di un peso così grande che «se posso permettermi, la sento più forte e pesante della mia capacità di reggerla». Ma andare avanti si deve, perché il Paese «ha bisogno di risposte», ha spiegato «l'enfant prodige» della politica italiana che, a 46 anni, è il terzo premier più giovane della Repubblica. Il pensiero va in particolare a «quella parte del Paese che non ce la fa più», ai giovani e a tutti coloro che da tempo si trovano alle prese con «un'emergenza» ormai diventata «insopportabile». Ma «l'obiettivo è anche quello di moralizzare la vita pubblica del Paese che ha bisogno di nuova linfa».

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