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La vittoria del Pd in SardegnaLa crisi di governo ha messo ulteriormente in ombra le elezioni appena celebrate in Sardegna per il rinnovo del Consiglio regionale. Sono sei i candidati che competono per la carica di Presidente dell’Isola: Ugo Cappellacci, per la coalizione di centrodestra, Pier Franco Devias (Fronte indipendentista Unidu), Michela Murgia (Sardegna Possibile), Francesco Pigliaru, per il centrosinistra, Mauro Pili (Popolo Sardo), Gigi Sanna (Movimento Zona Franca).

Alla fine Francesco Pigliaru, renziano della prima ora (così ha dichiarato in una delle interviste pre-elettorali), sarà il nuovo presidente della Sardegna, una prima vittoria per il Pd firmato Renzi. E forse anche l’incarico dato al giovane rottamatore di governare l’Italia ha dato una spinta al candidato del Pd sardo, imprimendo lo sprint decisivo per la vittoria. Non si può parlare di rottamazione vera e propria, comunque. Pigliaru era già stato assessore della giunta Soru (tra il 2004 e il 2006) e molti componenti delle liste sedevano già in consiglio regionale. 

Nessun presidente della regione Sardegna è mai stato confermato dopo cinque anni di governo, e così è stato per Ugo Cappellacci. Il presidente uscente, appoggiato da una coalizione con tutte le anime del centrodestra, non è riuscito a convincere i sardi a confermarlo alla giuda dell’isola e a poco è servito l’appoggio di Silvio Berlusconi volato nell’isola proprio nel bel mezzo della crisi di governo. 

“Ci hanno scelto 70 mila sardi e solo una legge liberticida e antidemocratica impedirà a queste persone di avere una rappresentanza in Consiglio regionale”. Questo il commento della scrittrice Michela Murgia, candidata a presidente della Regione per la coalizione “Sardegna Possibile”, che appena arrivata nella sua sede elettorale di via San Benedetto a Cagliari, ha letto un discorso scritto con il suo gruppo politico perché, ha spiegato, “serviva qualcosa di ben ragionato”.

Infine c'è da commentare anche il risultato della coalizione che sosteneva Mauro Pili, ex governatotre della Sardegna con il centrodestra. Ottenendo poco più del 5% ha sottratto al governatore uscente Cappellacci quei voti che avrebbero concesso a quest'ultimo di ticonfermarsi. In pratica è successo proprio quello che nel 2012 sempre nell'ambito del centrodestra successe nelle regionali siciliane laddove la coalizione di Miccichè impedi a quella ufficiale guidata da Nello Mesumeci di confermarsi al governo.

Rinunciando a porsi domande, come quella più che legittima sul perché Matteo Renzi non abbia aspettato pochi giorni per aspettare che i sardi si esprimessero, e casomai trarne delle conseguenze a lui favorevoli, può già ravvisarsi un grande sconfitto, che non è stato addirittura in grado di presentarsi. Alla tornata elettorale non partecipa, infatti, il MoVimento 5 Stelle, che pure alle politiche del 24 e 25 febbraio di un anno fa era risultato il partito più votato (oltre il 28%).

Questo perché le discussioni e le polemiche che sono divampate per mesi sia sulla scelta delle liste sia sul nome del candidato alla presidenza sono state tali che Beppe Grillo non ha concesso l’utilizzo del simbolo nonostante lo sciopero della fame di cinque attivisti, l’ufficialità della mancata partecipazione è stata affidata alle parole della deputata sarda Emanuela Corda: «Noi non presenteremo alcuna lista, perché non siamo ancora pronti per farlo. Quando avremo un metodo definito e regole certe condivise, arriverà il nostro momento». Probabilmente le comunali di maggio 2013 (il Movimento si presenta in 199 comuni, ma arriva primo, al ballottaggio, solo in tre Assemini (Ca), Pomezia (Rm) e Ragusa); ma anche le più recenti elezioni regionali in Basilicata, 13,2% dei voti e due soli consiglieri regionali, hanno lasciato il segno e suggerito strategiche ritirate. Difficile sostenere che ciò non sia indicatore di malessere del Movimento.

Ma anche altri partiti non si sono presentati: i neo costituiti Nuovo Centrodestra di Alfano e Popolari per l'Italia di Mario Mauro; ma anche La Destra di Storace e Scelta Civica.

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