«Quanto ce piace chiacchierare...», diceva Sabrina Ferilli in uno spot, anni fa, quando era ancora parecchio simpatica. Allora, i suoi interventi politici erano rari e affettuosi, come quel «Fausto, ripensace» rivolto a Bertinotti che ritirava l'appoggio al governo Prodi. Erano gli ingenui anni Novanta, però. All'inizio dei feroci anni Dieci, la bella attrice di Fiano Romano, figlia di un funzionario Pei, ora con fidanzato di centrodestra, sembra cambiata. O forse iper-ferillizzata: prigioniera del suo personaggio di mora superbona e superdotata di saggezza popolare da Sorà Lella; nel frattempo diventata aggressiva, stranamente simile al suo personaggio in Tutta la vita davanti di Paolo Virzì. Nel film, doveva spronare le ragazze di un calì center, nella realtà degli ultimi giorni si rivolge — forse — allo stesso tipo di avvenenti ragazze. Incitandole a offrirsi come candidate in una «lista delle gnocche» che salvi il centrosinistra. Ferilli non ha detto solo questo, ultimamente. Da un mese esterna su argomenti importanti di politica, costume, memoria storica italiana. Ha cominciato in tv da Chiambretti. È stata gentile con Bersani. Ha avvertito che «comunista» continua a essere una parola «interessante». Ha analizzato con pacatezza la vicenda di Bettìno Craxi, figura «estremamente importante». Ha schiettamente notato che «la sinistra sbaglia nel momento in cui una coppia gay viene considerata più di una coppia eterosessuale». In più, «fa diventare antipatici gli omosessuali stessi». Seguivano polemiche. Il fu centrosinistra scopriva di avere tra le sue file una Sarah Palin (vabbè, Ferilli è più colta e informata di Palin). Ferilli veniva difesa in tv da Maurizio Gasparri. Ferilli ringraziava Gasparri con un sms, che il capogruppo pdl al Senato leggeva signorilmente alla radio, durante il programma Un giorno da pecora: «Mauri proprio tu me dovevi difende? Firmato: la capolista della lista delle gnocche». La scarsezza di diciamo belle ragazze tra i democratici è un leit-motiv del pensiero ferilliano: «È più facile che la Roma rivinca lo scudetto che il Pd risorga... Forse dovremmo fare come Forza Italia, più gnocche nelle liste. Magari porta bene». Magari. Nel suo buonsenso da portavoce autoconvocata della ggente vera benché di sinistra (sempre durante Un giorno da pecora), ha spiegato che Flavio Delbono non avrebbe dovuto dimettersi da sindaco di Bologna: «Allora avrebbe dovuto dimettersi anche Berlusconi»; e pazienza se c'è stata qualche irregolarità e se Delbono si è comportato malissimo con una signora. La donna deve essere gnocca, e prendersi cura degli amministratori locali. Detto fatto. L'altro giorno è arrivato il suo endorsement a Vincenzo De Luca, candidato Pd in Campania, sindaco di Salerno. Stavolta niente Giorno da pecora, invece un telegramma: «Avanti tutta. Sto con te». Recitano le agenzie: «Ferilli aveva conosciuto personalmente il primo cittadino salernitano qualche mese fa, in occasione delle riprese di una fiction girata in Costiera amalfitana, n sindaco De Luca ha ringraziato personalmente l'attrice nel corso di una telefonata». Ferilli statista ha destato — tra l'altro — l'entusiasmo dei rutelliani campani. E prevedibili critiche. Ferilli statista — a sentirla — sembra sincera. Le cose che dice, probabilmente, le pensa da sempre. Ferilli statista è un segno dei tempi: di una fu sinistra che non ha più valori condivisi; di un dibattito politico ridotto ai minimi termini; di un neo-tradizionalismo femminile molto incoraggiato; di un tragico sistema mediatìco-pop in cui (a cui) le Ferilli servono. Quanto ci piace chiacchierare, in effetti.