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Alla fine si rimangia la parola e cede. Incontri in mattinata a Palazzo D'Accursio poi l'annuncio ufficiale: Delbono si dimette. Il primo a dirlo è il capogruppo del Pd in Consiglio comunale Sergio Lo Giudice (appena uscito dalla riunione), poi è lo stesso primo cittadino a dare le proprie dimissioni di fronte ai consiglieri comunali: "Mi dimetto, ma i tempi e i modi saranno stabiliti con responsabilità".

Il sindaco di Bologna fa dietrofront rispetto a quanto dichiarato solo due giorni fa, all'uscita dalla Procura di piazza Trento e Trieste: "Non mi dimetterò - disse allora dopo cinque ore a colloquio con i pm - nemmeno se sarò rinviato a giudizio". Il fascicolo in questione è quello sul cosiddetto Cinzia-gate, sul presunto utilizzo di denaro della Regione a uso privato: viaggi e spese con l'allora compagna e segretaria Cinzia Cracchi. Le accuse formulate sono di peculato, abuso d'ufficio e in seguito si è aggiunta anche la truffa aggravata. 

Passano due giorni da quel lungo interrogatorio e il sindaco Delbono annuncia di aver preso la decisione di dimettersi "senza consultare Errani o Prodi". Il primo, presidente della Regione Emilia-Romagna, lo giudica "un gesto di rispetto verso la città". Per Romano Prodi, che di Delbono fu sponsor durante la campagna elettorale, "il suo è un gesto di grande sensibilità nei confronti di Bologna. Esse (le sue dimissioni, ndr) dimostrano un senso di responsabilità verso la comunità che va al di là dei propri obblighi e delle proprie convenienze. Delbono ha confermato, a differenza di altri, di saper mettere al primo posto il bene comune e non le sue ragioni personali". Per il presidente della Regione Vasco Errani è stato "un gesto di rispetto verso la città"; il segretario del Pd Andrea De Maria commenta: "Un atto di serietà e responsabilità".   

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