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Dopo il terremoto Renzi

Condizionati al successo di Renzi sono anche quelli del M5S, non perché il 21% non sia un risultato onorevole; ma perché la campagna elettorale di Grillo era stata talmente aggressiva puntando anche sul sicuro sorpasso dei pantastellati ai danni dei democratici. Quando questo non solo non si realizza, ma tra i due partiti ci sono oltre il 20 lunghezze di distanza, ecco che il tonfo appare incontestabile. Il popolo grillino è passato quindi dalla preparazione della festa del trionfo alle contestazione al loro leader; tanto che qualcuno ha ricordato a Beppe Grillo che aveva detto che in caso di sconfitta avrebbe abbandonato la politica e analizzato la campagna elettorale dei cinque stelle che secondo i più avrebbe spaventato il loro elettorato spingendolo verso Renzi. Un altro fronte si apre nel M5s pensando al Parlamento Europeo e in che gruppo dovranno appartenere i 17 neo eletti. Le ipotesi sono due: i Verdi (ma gli ambientalisti tedeschi hanno già detto di no) o di entrare nel gruppo di filo-razzisti capitanati dell’Ukip di Nigel Farage. L’abbinamento con questo partito indipendentista inglese non è piaciuto molto ai militanti essendo su posizioni di estrema destra. Gianrobertto Casaleggio ha spiegato che il gruppo che si andrebbe a formare non legherebbe il M5S, ma sarebbe solo uno strumento per avere voce nel nuovo parlamento e anche finanziamenti.

In Europa anche la Lega Nord ha fatto la sua scelta. Anche Matteo Salvini ha portato il suo partito in un gruppo di estrema destra, questa volta capitanato da Marine Le Pen, su posizione quindi anche xenofobe (anche se la Le Pen dice cancellato il suo passato fascista). Di sicuro Matteo Salvini ha fatto risorgere la sua Lega da una quasi inevitabile sconfitta a un 6,2%. Questo sui temi dell’immigrazione e del contrasto all’Euro. Ha raccolto parte dei voti anti-europeisti in uscita dal M5s. Da ricordare che seppur in trionfo rispetto allo scorso anno; la Lega perde molti voti rispetto alle europee di cinque anni fa.

Continua, infine la decadenza di Forza Italia, precipitata a poco più del 16%; ma c’è da dire che senza Silvio Berlusconi avrebbe ottenuto molto meno e quindi non la si deve dare assolutamente per morta. Certo fa sorridere se si pensa che all’interno del partito avevano sostenuto che c’era bisogno di cambiare il nome al Pdl, perché all’elettorato non piaceva, quasi che l’unico problema di quel partito fosse proprio il nome. E cambiando si deve prendere atto che i problemi sono molto più profondi. Raffaele Fitto forse è rimasto l’unico portatore di voti di quel partito (oltre lo stesso Berlusconi) e vorrebbe le primarie per decidere il candidato leader. Ma Berlusconi, come Grillo, ha già detto di non aver nessuna intenzione di ripararsi. Mi sembra di sentire due anni fa Giorgia Meloni che chiedeva la stessa cosa. Dove era Fitto due anni fa e perché non ha sostenuto la battaglia dell’ex collega di partito? E soprattutto mi chiedo se intenderà anche lui formare un ennesimo partitino? Il centrodestra è scomposto e in grave crisi, ma soprattutto al momento è privo di una strategia di rimonta.

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