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Bersani_napolitano_grillo-2Quello che è accaduto per l’elezione del Presidente della Repubblica ha dell’imbarazzante. Hanno tutti perso la testa, o quasi. Le colpe peggiori ce le ha Bersani reo di aver condotto su una campagna elettorale basandosi solo sulla vittoria delle primarie e vivendo gli ultimi due mesi di rendita. Il quasi pareggio ottenuto sottovalutando come al solito il Pdl ha fatto in modo che dopo le elezioni invece di far nascere subito un nuovo governo, dopo aver ottenuto il mandato da Napolitano per formare un  nuovo governo, vagasse disperato in cerca di appoggio da altri partiti. Anche perché se alla Camera la coalizione Italia Bene Comune (Pd, Sel, Psi e Cd) ha la maggioranza assoluta; alla Camera per via della legge elettorale che ci ritroviamo non è così e deve cercare non solo l’appoggio di Scelta Civica (come si immaginava prima delle elezioni) ma anche di un partito a scelta tra Pdl e M5S.

Bersani, che ha subito assicurato che non sarebbe stata possibile nessuna alleanza con il partito di Berlusconi e ha subito virato verso il corteggiamento di quello di Grillo. Peccato che per ogni avances che Bersani faceva Grillo rispondesse con uno sputo. E più Bersani ne risultava inzuppato e più continuava con le proposte verso i pentastellati. Così inizia il tour di Bersani tra gruppi animalisti, associazioni di vario tipo e altri; ma nessun accordo con nessun partito politico che potesse far in modo di far partire un suo governo. Stava aspettando un sì di Grillo o che comunque il partito di quest’ultimo si spaccasse, divorato dalla possibile situazione che il passaggio del tempo aprisse le porte a un’alleanza Pd-Pdl. Anche se all’inizio la teoria di Bersani sembrava avere un fondamento (è grazie ad alcuni senatori pentastellati che è stato eletto il presidente Grasso); ben presto ci si è accorti che era vero l’esatto contrario. L’apoteosi c’è stata proprio con l’elezione del presidente del Presidente della Repubblica.  Indecente la gestione proprio di Bersani.

Bersani conduce delle trattative per eleggere al primo scrutinio un candidato della sua parte politica perché nelle prime tre votazioni c’è bisogno di due terzi del Parlamento. Propone tre nomi (senza avvertire i diretti interessati. Alla fine si converge su Franco Marini (gli altri due nomi erano Giuliano Amato e Massimo D’Alema); il punto è che non spiega la decisione ne alla base del partito, ne (più grave) agli stessi parlamentari che dovevano votarlo. Il risultato è una bocciatura clamorosa che brucia il nome di uno dei fondatori del partito, anche perché si capiva che le centinaia di voti che mancavano provenivano tutte le fila del Pd. Bersani cerca di riparare alla quarta votazione, quando per l’elezioni serve la semplice maggioranza assoluta, convocando un’assemblea dei parlamentari Pd in cui si decide all’unanimità l’elezione di Romano Prodi. Evidentemente non è così convincente poiché 101 franchi tiratori bruciano anche il nome di un altro padre fondatore del partito. Le scene di gente in piazza che bruciano le tessere Pd sono drammatiche e si capisce subito che Bersani anche qui ne ha parlato con Prodi, ne si è curato di tessere una solida maggioranza in parlamento proprio per salvarsi dai franchi tiratori. E qui vengo al rapporto con il M5S.

Il partito di Grillo in precedenza aveva svolto su internet le quirinarie in cui chiedeva ai propri iscritti autentificati chi volessero come inquilino del Quirinale. Partiamo proprio dai votanti a questo sondaggio on line: si pensava che fossero duecento mila; ma si è scoperto in seguito che erano solo 48 mila e che di questi alla fine hanno votato solo la metà. La prima parte di questo sondaggio ha stabilito i dieci nomi più votati (erano presenti tra gli altri anche Prodi e Bonino) e il secondo i più votati tra di essi. La più votata è stata Milena Gabanelli (che ha rinunciato), poi Gino Strada (che ha rinunciato), in seguito Stefano Rodotà. Da qui in poi è iniziata la vera tragedia., con i cinquestelle che insistevano nel votare Rodotà qualunque cosa succedesse e con il Pd che (siccome il nome non piaceva a tutto il partito) ignoravano quel candidato sperando che anche una piccola parte dei grillini si spaccasse convergendo sul loro candidato come era avvenuto con Grasso.

Bersani è stato colpevole di non aver chiamato nemmeno Rodotà per spiegare perché la sua candidatura non andava bene per il Pd (ma hanno mandato centinaia di sms alla figlia giornalista Maria Laura) e di non aver compattato i suoi parlamentari; mentre Grillo ha peccato di onnipotenza perché, come in altre occasioni, non ha indietreggiato di un centimetro dalla sua posizione credendo che ogni accordo si un inciucio, nemmeno per far eleggere altri nomi dalla sua lista.

Il risultato è stato una quasi sommossa per le strade di Roma, con Dario Francescani e Stefano Fassina che rischiavano di essere linciati; un Berlusconi sempre più ringalluzzito che ha dettato le sue condizioni (anche in vista del futuro governo) e la rielezione di Napolitano che davvero controvoglia è stato il primo capo dello Stato a tornare al Quirinale, aprendo di fatto a una riforma verso una forma presidenziale della Repubblica. Non poteva andare peggio.

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