Umberto Bossi parla alla sua gente da Montichiari, nel Bresciano, in un comizio pre referendum costituzionale e, al termine, com' è consuetudine, rilascia interviste. Dice al Tg1: «Se vincono i no, questi qui (quelli del centrosinistra, ndr) non toccheranno più la Costituzione. Non cambia il Paese democraticamente. Bisognerà trovare altre vie, perchè democraticamente non sarà più possibile cambiare niente. È questo il dramma». Aggiunge: «Stavamo meglio quando eravamo sotto l'Austria. Se lo avessero saputo quelli che sono andati a combattere sul Piave, forse giravano i fucili dall'altra parte». Poi, sulla Lombardia ribadisce: «Mantiene tutto il Paese, non ha un magistrato lombardo. Se la magistratura fosse eletta dal popolo avremmo i nostri magistrati». Per questo, chiarisce «una grande vittoria del sì al Nord è molto importante: se passa il sì in tutto il Nord è come avere un passaporto per andare all'Onu a far sentire che la nostra gente ne ha piene le scatole e vuole un cambiamento». Mentre al sud «il sì per vincere dovrà lottare contro tutte le balle che sono state raccontate». Il giorno dopo le sue dichiarazioni il centrosinistra è indignato e il centrodestra in subbuglio. Dalla Cdl il primo a esprime il dissenso «più netto» è Marco Follini, dissenso che, spera, «accomuni tutta la casa delle libertà», perchè «il referendum non si può trasformare in un'ordalia». Il segretario Udc, Lorenzo Cesa, richiama: «A noi piace il Bossi dialogante sulle riforme. Per intenderci, quello di dieci giorni fa che ha avuto riconoscimenti e apprezzamenti anche da sinistra». Roberto Calderoli tenta di chiarire le parole del suo leader: «La Lega ha sempre portato sulle vie democratiche le rivendicazioni di chi chiede il cambiamento del Paese. Se dopo 25 anni di tentativi questo cambiamento venisse rifiutato è evidente che per un secolo non si parlerebbe più di cambiamento. A questo punto, non la Lega, ma il popolo potrebbe scegliere altre strade non democratiche e questo, come ha detto Bossi, sarebbe un dramma». Ma le sue osservazioni non bastano all'alleato centrista e Cesa rimarca: «Le parole del leader della Lega, nonostante il tentativo di chiarimento di Calderoli, sono inaccettabili non solo per la sinistra, ma anche per noi. Sia chiaro che su questa linea l'Udc non c'è mai stata e non ci sarà mai». Non parla Pier Ferdinando Casini: «del problema Bossi se ne occupino altri». Tace Alleanza Nazionale. Prova a sminuire la portata delle parole del Senatur, il coordinatore nazionale di Forza Italia, Sandro Bondi: «Bossi ha solo lanciato un allarme che è purtroppo reale. Se vincesse il no alla devolution, la sinistra metterebbe una pietra tombale sulle riforme, con un danno irreparabile per tutto il Paese». Poi, a difesa del Carroccio, sottolinea: «Il vero pericolo per la democrazia non è certo la Lega, ma chi, senza neppure una piena legittimazione elettorale e politica, usa l'Italia come un bivacco per i suoi manipoli e cerca di arraffare più quote di potere possibile senza rispetto per le istituzioni, per gli avversari e per gli italiani». Il Presidente della Camera Fausto Bertinotti rivolge un appello alla Lega e al suo leader perchè «contribuiscano affinchè le regole democratiche e la democrazia non vengano messe in discussione da alcuno. Ci sono parole - afferma Bertinotti - che non possono essere usate neanche a fini propagandistici se non provocando una erosione nella convivenza democratica e credo ci si debba sottrarre». Dal Governo parla Vannino Chiti, Ministro per i Rapporti con il Parlamento e le Riforme: «Ho aspettato, a questo punto devo dire ingenuamente, che i leader della destra rispondessero all'invito del Senatore Follini affinchè da tutta la Cdl venisse una piena condanna alle sconcertanti parole di Bossi. Ma non è avvenuto». Aggiunge: «La minaccia di ricorrere a mezzi non democratici, oltre a essere stupefacente, è grave perchè viene da un importante capo di partito ed ex ministro della Repubblica. È una dichiarazione di disprezzo per la democrazia e la volontà del popolo sovrano, che lascia ben intendere con quali modi e quale spirito siano state concepite le modifiche a 53 articoli della Costituzione. Ma l'Italia saprà respingere i ricatti». È «allibito dal tono di minaccia di Umberto Bossi» il vicepremier Francesco Rutelli che considera le parole del leader leghista «gravi; in sostanza un ricatto e i ricatti vanno respinti democraticamente con il voto». Mentre il Presidente della Commissione Affari Costituzionali della Camera, Luciano Violante, invita «tutti quelli che sostengono il sì a farlo con argomenti democratici e non con i ricatti».