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 Salutato dal tripudio delle carceri, dall'applauso trasversale dell'aula e dai fischi della piazza davanti al portone di Palazzo Madama, l'indulto di Mastella diventa legge al termine di un cammino a tappe forzate al Senato. Maggioranza dei due terzi ampiamente superata anche lì: l'insolito asse Italia dei valori—An—Lega, gli sparuti dissidenti dell'Ulivo e del Pdci, non sono bastati impedire il varo definitivo: poco dopo le 18 il pallottoliere segnerà 245 sì (ne sarebbero bastati 216), 36 no e 6 astensioni. Hanno votato compatti l'Ulivo, con poche eccezioni, Forza Italia e Udc. Entro un paio di giorni la pubblicazione in Gazzetta, grazie alla firma a tamburo battente del presidente Napolitano, egiàdall'indomanil'entrata in vigore. I magistiati di sorveglianza potranno aprire i portoni delle carceri per circa 15 mila detenuti, in alcuni casi anche prima di Ferragosto. E tanto basta alla Santa Sede per plaudire il Parlamento italiano: «Grande la soddisfazione. Viene coronato il sogno di Giovanni Paolo II e anche quello di Benedetto XVI» ha commentato il presidente della Pontificia commissione Giustizia, cardinal Martino. Al Senato, in realtà, è stata poco più che una passeggiata, in meno di 48 ore. Nulla a che vedere con la battaglia della Camera. Complice «l'agosto che si avvicina», come dirà il presidente di turno Roberto Calderoli. D'altronde, che l'andazzo fosse del tutto diverso lo si è capito in mattinata, quando il ministro Di Pietro, non si è nemmeno presentato. Ha rinunciato al megafono preferendo lanciare i suoi strali da Milano: «Questo indulto è frutto di un accordo tra il centrosinistra e Forza Italia, anzi di un ricatto cui il centrosinistra si è sottoposto per raggiungere l'indulto». Comunque non si dimetterà, né uscirà dalla maggioranza. Ci sono stati i suoi militanti, armati di fischietti, striscioni e bandiere a presidiaredietro le transenne l'ingi esso del Senato. Ma dentro, anche i senatori dipietristi hanno sostenuto senza tanta convinzione i 1.500 emendamenti depositati, per non dire di De Gregorio che si è astenuto, ritirando i suoi. E sì che invece la mattinata era iniziata con un vertice ad alta tensione del gruppo dell'Ulivo: oltre due ore per 21 interventi accesi dall'ex procuratore Gerardo D'Ambrosio che ha rilanciato il suo dissenso contro «questa follia che consentirà ad almeno 20 mila pericolosi detenuti di uscire». Seguito dai distinguo di Cesare Salvi e Walter Vitali. Voteranno no, poi, in aula Zanone, Vallone e Fisichella. Al gruppone dell'Ulivo non restava altro che mettere ai voti, a ora di pranzo, la lineada tenere. E il responso non ha la sciato margine ai dissidenti. Sotto il solleone delle 13, nel frattempo, ai dipietristi che contestavano in piazza si affiancano i senatori leghisti. La svolta alla ripresa pomeridiana, quando buona parte dei senatori col biglietto aereo pronto per la serata, ha chiesto che a reggere per un po' i lavori fosse lo sbrigativo ed esperto leghista Calderoli. Fiducia ben riposta, perché in meno di un'ora l'ex ministro ha polverizzato i 1.500 emendamenti. Poco prima del voto, la maggioranza era andata sotto sull'ordine del giorno dell'Ulivo nel quale si impegnava, tra l'altro, il governo a fare riforme strutturali per la giustizia. Ma anche a riformare la Bossi-Fini e la legge sulla droga. Poi c'è stato solo il tempo per le dichiarazioni finali. An si è schierata contro, salvo i «casi di coscienza» del capogruppo Matteoli, Buccico e Valentini. «Provvedimento devastante e senza precedenti» attaccava Castelli per la Lega. Mentre la Palermi annunciava l'astensione sua, di altri tre senatori del Pdci e della verde Donati. Infine voto, applauso e sipario. Nell'entusiasmo del dopo responso un Mastella sorridente dedicava la vittoria a papa Wojtyla. E a Di Pietro non restava che chiedere una riunione dei leader dell'Unione prima delle ferie.

Risposta di Valdo Spini sul perchè ha votato l'indulto sul blog di Boycott.

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