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“La Corte Costituzionale ha giá detto che tutti i cittadini sono uguali, anche il capo dello Stato. Buona lettura anche al nostro Presidente”. E’ il senatore dell’Idv Luigi Li Gotti sul suo sito a citare un verdetto della Consulta, datato 26 maggio 2004, che ha stabilito che il perimetro entro il quale il presidente della Repubblica è immune si apre e si chiude nell’ambito dell’esercizio delle funzioni costituzionali, come sancito dall’articolo 90 della Costituzione. In questo caso i giudici decisero su un conflitto sollevato da Francesco Cossiga dopo una condanna a risarcire in sede civile per diffamazione i parlamentari Flamigni e Onorato dando torto al “Picconatore” e stabilendo che è il giudice ordinario a definire quali siano le funzioni costituzionali.

“Ricevere una telefonata da Mancino non è stato un esercizio delle funzioni” dice il senatore al fattoquotidiano.it, e alla domanda se questo verdetto si attagli al caso Napolitano-Procura di Palermo Li Gotti non ha dubbi: ”Sì, il principio è questo: è l’applicazione dell’articolo 90. La sentenza della Consulta ha individuato quali sono gli atti funzionali per i quali si applica l’articolo 90 nell’esercizio delle funzioni e gli atti invece non funzionali del presidente della Repubblica per i quali è un normale cittadino e quindi il principio si estende anche alle telefonate. La pretesa di Napolitano di volere sottoporre a un regime speciale le sue telefonate, quelle ricevute, è fuori dai principi costituzionali affermati della Consulta, è al di fuori di atti tipici, che individua la sentenza. E poi non esiste nessuna altra norma costituzionale che possa privilegiare il ruolo del capo dello Stato. Tanto è vero che Cossiga a seguito di quella sentenza della Consulta pagò 40 mila euro a due parlamentari”. Di quella corte, che stabiliì questo principio, era presidente Gustavo Zagreblesky, che proprio venerdì in un intervento sul quotidiano la Repubblica ha invitato Napolitano a ritirare il conflitto

Le telefonate tra il Quirinale e l’ex presidente del Senato, indagato a Palermo per falsa testimonianza, sono secondo Li Gotti fuori dal quel perimetro di insindacabilità: “La Corte Costituzionale in quella sentenza interviene delimitando il campo di qual è la materia delle funzioni, affermando peraltro un altro principio per cui l’unico che può stabilire se si tratti di attività nell’esercizio delle funzioni o meno è il giudice ordinario. E’ questo il principio e infatti qualora il giudice dovesse sbagliare ci sono i rimedi come l’appello, il ricorso in Cassazione ma non il conflitto di attribuzione”.

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