Pace fatta tra il Guardasigilli, Clemente Mastella, e il ministro delle Infrastrutture, Antonio Di Pietro. I due hanno siglato l'accordo ritrovato a Vasto, in terra d'Abruzzo, in occasione della terza giornata del primo incontro nazionale dell'Italia dei Valori, che ieri ha visto Mastella intervenire in veste di superospite, nonostante nei giorni scorsi avesse detto che a Vasto non sarebbe venuto. «La verità — ha precisato il Guardasigilli — è che ero un po' arrabbiato. Ora ci siamo scusati e ho accettato l'invito fattomi con molta cortesia da Di Pietro». Nel corso di un lungo faccia a faccia i due, però, non hanno mai smesso di punzecchiarsi e alla fine Di Pietro ha ammesso che gli piacerebbe fare il ministro della Giustizia. «Lui pensa di poter fare a meno di me — ha poi aggiunto il leader dell'Italia dei Valori rivolgendosi a Mastella — ma non sa che molte cose che riguardano il Ministero della Giustizia passano per le mie mani, come la costruzione delle carceri». Ieri si è parlato molto a Vasto di riforma dell'ordinamento giudiziario. Di Pietro ha indicato a Mastella due obiettivi immediati da perseguire: la riduzione dei tempi processuali e «una grande vicinanza tra la verità reale e quella processuale, con la certezza che se si è condannati si è poi puniti e se si è assolti ci deve essere subito il riconoscimento dell'assoluzione». «Non sono io ad aver scelto i tempi da tartaruga della giustizia italiana — ha replicato Mastella — e auspico velocità nei processi. Ma, mi chiedo, che bisogno c'è di arrivare al terzo grado della giustizia civile? La verità è che, in Italia, non abbiamo una cultura organizzativa della giustizia. Quand'ero più giovane mi piaceva insegnare perché gli insegnanti hanno diritto a una lunga vacanza estiva. Ma i tribunali hanno superato anche la scuola: riaprono i battenti non prima del 15-18 settembre». Tre i provvedimenti urgenti chiesti al Guardasigilli da Di Pietro: il ripristino della legge sul falso in bilancio; «una norma del codice civile che impedisca ai "furbetti del quartierino" di continuare a comprare i beni pubblici - poco ci manca che acquistino pure il Colosseo - indebitando le società partecipate»; l'esecutività della sentenza, «visto che a volte si è costretti a mettere fuori gente con la pistola ancora fumante in mano». «E poi non sta scritto da nessuna parte — ha tuonato ancora Tonino furioso — che i parlamentari non possano essere arrestati se rubano o ammazzano. Allora perché in Parlamento si vota contro l'arresto? Cosa c'è sotto, un "do ut des"?». Inevitabile anche il riferimento all'indulto, con Di Pietro che ha chiesto di «risocializzare quelli che sono stati messi fuori dal carcere, altrimenti li ritroveremo presto dentro». Mastella, come Prodi, si è detto non pentito del provvedimento varato. «Non tutte le colpe devono essere addebitate a me — ha sottolineato — Se non avessimo varato l'indulto, l'esercito avremmo dovuto mandarlo nelle carceri italiane, anziché in Libano». Su una cosa Di Pietro si è detto d'accordo con il Guardasigilli: l'iniziativa di avviare, a partire da domani, un'azione di carattere amministrativo sulla gestione delle intercettazioni da parte di Telecom «per vedere — ha dichiarato Mastella — se ci sono ancora detriti interni alla struttura» dopo quanto emerso dall'inchiesta della Procura di Milano. In merito ad un'eventuale adesione dell'Udeur al Partito Democratico (Di Pietro ha affermato che l'Italia dei Valori «vi aderirà senza se e senza ma»), Mastella ha tenuto a precisare che «un partito si fa insieme solo se si ha la stessa visione del mondo». «Culture diverse — ha aggiunto — possono fare coalizione, creare una parentela politica, ma non possono stare insieme in uno stesso partito». Poi, rivolgendosi a Di Pietro, il Guardasigilli ha detto ancora: «Sbrigatevi a farlo 'sto Partito Democratico. Non fatene un'eterna fidanzata. Sposatevi! Saremo tutti più contenti».