Il boia torna in azione in Giappone a distanza di sei mesi dall'ultima serie di esecuzioni: stamani sono stati giustiziati tre detenuti nel braccio della morte, tra cui un cittadino cinese di 41 anni, portando a 35 il numero di condannati uccisi dalla fine di una moratoria informale nel 2006. Il ministro della Giustizia, Eisuke Mori, ha autorizzato la terza serie di impiccagioni - in tutto nove giustiziati - sotto il suo mandato, iniziato lo scorso settembre con il varo del governo del premier Taro Aso, quando mancano poche settimane alle elezioni generali del 30 agosto. A finire sul patibolo sono stati i pluriomicidi Yukio Yamaji (25 anni), condannato per aver assassinato due sorelle a Osaka nel 2005, Hiroshi Maeue (40 anni), colpevole di aver ucciso nel 2005 tre persone conosciute tramite un sito web per aspiranti suicidi, e il cittadino cinese Chen Detong, che nel 1999 aveva assassinato tre connazionali a Kawasaki, periferia occidentale di Tokyo.
Dopo le impiccagioni di oggi, fa sapere il ministero della Giustizia, rimangono nel braccio della morte 101 detenuti, di cui 63 in cerca della revisione del processo. I tre detenuti giustiziati stamani erano stati condannati in via definitiva alla pena capitale non più di tre anni fa: un lasso di tempo insolitamente breve tra sentenza finale ed esecuzione, che fa pensare a una possibile accelerazione per "svuotare il braccio della morte", così come aveva promesso l'ex Guardasigilli Kunio Hatoyama, sotto il cui mandato - meno di un anno tra il 2007 e il 2008 - erano state mandate al patibolo 13 persone. L'attuale ministro della Giustizia, Eisuke Mori, ha tuttavia negato qualsiasi collegamento con una presunta tabella di marcia per le esecuzioni, dichiarando di "non aver tenuto conto dell'intervallo temporale" prima di dare il suo placet.
Con le impiccagioni odierne sale così a 35 il numero di esecuzioni effettuate in Giappone dal 25 dicembre 2006, quando il boia riprese a colpire dopo una moratoria informale durata 15 mesi per gli scrupoli di coscienza dell'allora ministro della Giustizia, Seiken Sugiura, fervente buddista e convinto sostenitore dell'ipotesi abolizionista. Forti critiche sono arrivate da Amnesty International Japan, che attraverso il suo responsabile, Makoto Teranaka, ha protestato contro "questo grave atto che non può essere permesso mentre nel mondo si moltiplicano gli appelli per abolire la pena di morte". Il partito Democratico giapponese (Dpj), principale forza di opposizione cui i sondaggi assegnano concrete possibilità di vincere le imminenti elezioni, ha dichiarato la volontà di aprire un dibattito sulla questione della pena capitale, che tuttavia pare ancora godere di un largo supporto da parte della popolazione (oltre l'80% secondo l'ultimo rapporto governativo del 2004).