Il divorzio tra Berlusconi e Fini è avvenuto, le acque nel Pdl si son rotte, Silvio assicura di essersi tolto un peso dallo stomaco, Gianfranco non resta con le mani in mano e, nell'evoluzione che naturalmente seguirà in tutte queste ore, ci soffermiamo su due posizioni opposte da centro destra, espresse da due giornalisti, per ragioni diverse, vicini al premier.
Augusto Minzolini, nel suo come sempre criticato editoriale del Tg1, parla di un divorzio che "almeno un elemento positivo lo determina: la chiarezza. E in questo momento c’è bisogno di chiarezza, non di tatticismo esasperato" e poi affonda, riferendosi probabilmente alla P3 (pur non citandola), dicendo che "sui giornali sono fioccate previsioni pessimistiche sul futuro del governo, si è parlato di esecutivi tecnici o di larghe intese, sono state enfatizzate inchieste dai contorni confusi. Insomma, la solita cappa mediatica tenta di condizionare gli equilibri del paese". Una "cappa mediatica" di cui, evidentemente, il direttore del tg italiano più importante crede di non farne parte.
All'opposto, interessante è la posizione di Giuliano Ferrara, forse il più importante consulente politico del premier, che al Corsera parla della decisione di Berlusconi come di ”un errore che pagherà con un prezzo notevole, perché è brutta l’immagine di un leader politico che caccia una persona che dice di pensarla in modo diverso da lui e di voler continuare a collaborare lealmente dentro lo stesso partito”. Questa scelta, continua Ferrara, condanna Berlusconi "a un'immagine di faziosità e populismo spinto". Dulcis in fundo, per "l'elefantino" Fini ha prospettato a Berlusconi "una cosa che lui vede come il diavolo: un partito politico tradizionale secondo un modello che spegne quel fuoco nella pancia che in Berlusconi deriva dall’idolatria di se stesso”. Il fiuto di Ferrara è sempre stato notevole: forse il direttore del Foglio sta vedendo il premier che aggredisce perché preso in una tagliola?