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Ministro Melandri, ha letto le dichiarazioni di Matarrese, neo-presidente di Lega?
«Quelle in cui sostiene di non essere a conoscenza del mio disegno di legge delega sul calcio».

Appunto.
«Sono un po’ stupita, in ogni caso questa mattina gli ho inviato una copia del testo».

Matarrese sostiene che «qualsiasi provvedimento dovrà essere preso dopo un confronto con la Lega, la politica deve rimanere fuori dal calcio».
«Certamente a Matarrese, che è un ex navigato parlamentare, non sfuggirà che la legge delega rappresenta lo strumento del dialogo, altrimenti saremmo ricorsi al decreto. Spero che sotto la sua presidenza la Lega collabori. Perché noi le riforme le vogliamo fare insieme, ma soprattutto le vogliamo fare».

Presidente avvertito...
«O le riforme, oppure non si esce più dalla crisi del calcio. A un mese dai Mondiali e a un altro dall’inizio del campionato, non possiamo permetterci di restare in mezzo al guado».

Le società temono per la loro autonomia.
«Rispetto profondamente l’autonomia dello sport che non è però autosufficienza. Soprattutto nel caso del calcio, che ha un grande mercato, produce una quantità rilevante di contenuti televisivi, rappresenta un importante fenomeno identitario e in questo momento ha un assoluto bisogno di regole nuove. A Matarrese auguro buon lavoro, sono sinceramente rispettosa delle sue prerogative ma pretendo analogo rispetto per l’azione riformatrice del Governo».

Non ce n’è stato sinora?
«Mi permetta uno slogan: astenersi frenatori. Non intendiamo più intervenire dopo che i buoi sono scappati, come è successo nella precedente legislatura, con decreti spalma-ammortamenti che hanno offerto favori fiscali che altre imprese nemmeno si sognavano di avere. In quel caso il Governo ha agito con un decreto e non mi risulta che i club abbiano protestato».

Non ne avrebbero avuto motivo.
«A Matarrese suggerisco la lettura delle conclusioni della commissione di indagine parlamentare sul calcio. I problemi erano tutti squadernati, e con chiarezza venivano indicate le soluzioni. Un lavoro preziosissimo, la base ideale per un intervento. Nè la Federcalcio, nè la Lega, e tantomento il passato Governo ne hanno tenuto conto. Ora si cambia, non tamponeremo più le emergenze».

Parla di dialogo ma la legge delega fissa paletti piuttosto rigidi in materia di diritti televisi: almeno il 50 per cento dei ricavi a tutte le squadre in misura uguale, l’altro 50 per cento suddiviso in base al bacino d’utenza e ai risultati sportivi. Esistono margini di negoziazione?
«E’ improprio parlare di negoziazione perché la Lega Calcio non è la nostra controparte. Noi abbiamo fissato dei principi, che sono gli stessi adottati in altri paesi europei - la Francia, la Germania, l’Inghilterra - e nella Champions League. In questo modo, tra l’altro, sono state accolte le indicazioni contenute nel rapporto Arnaut voluto da Tony Blair, che suggerisce esplicitamente il ritorno alla contrattazione collettiva. Credo che sia un interesse anche dei grandi club tornare ad un equilibrio economico».

Il nuovo regime dovrebbe entrare in vigore nel luglio 2007, prevedendo un periodo transitorio per i contratti in essere.
«Sul regime transitorio possiamo discutere, apriremo un confronto nei prossimi giorni. Chiaro, non aspetteremo le calende greche».

Metterete mano anche allo scopo di lucro?
«E’ la prossima tappa del nostro viaggio riformatore. Ma non facciamo confusione. Una questione è la trasparenza degli assetti proprietari, legata ad una stretta dei controlli, un’altra la quotazione di società con un’elevata fragilità patrimoniale. Il presidente della Consob in questo senso ha auspicato un delisting».

I capigruppi dell’Udeur alla Camera e al Senato, suoi alleati di Governo, le chiedono «quando finirà la dittatura del commissario Rossi sul calcio italiano», accusandolo di impedire alle società calcistiche il ricorso al Tar.
«Il commissario non ha fatto altro che rendere pubblica la lettera del presidente della Fifa, che si può o meno condividere, ma era doveroso comunicare. Dopodiché la scelta di Rossi come commissario è stato un atto autonomo del Coni un mese prima che si insediasse il nuovo Governo. Noi abbiamo già espresso piena fiducia nella sua opera riformatrice, a trecentosessanta gradi, perché sono milioni di tifosi a chiedere nuove regole. Ora gli diciamo di andare avanti».

Oltre il termine del mandato?
«Per tutto il tempo necessario».

Resta il fatto che se le società coinvolte nello scandalo decidono di ricorrere al Tar si rischia la paralisi dei campionati.
«Un passo per volta. Tra l’altro la considero un’eventualità altamente improbabile».

Analizzando le sentenze della Corte Federale, Borrelli ha segnalato i pericoli di una deriva buonista. Condivide?
«Le sentenze non le commento. Quello che mi permetto di dire è che la giustizia sportiva, così com’è, ha mostrato tutti i suoi limiti. I collegamenti tra controllati e controllori non vanno bene. Rossi, che è uomo di regole, saprà come operare».

Matarrese è un esponente della prima repubblica del pallone. Perché il calcio fatica a esprimere una nuova classe dirigente?
«Perché, anche in questo caso, è lo specchio del Paese. Il problema esiste ma riguarda ogni settore della vita sociale. In ogni caso, più del vecchio che avanza, ci interessa il nuovo, le nuove regole intendo».

Il presidente della Lega, tra l’altro, l’accusa di essere salita sul carro del vincitore, un mese fa a Berlino.
«Vorrei ricordargli che ben prima che iniziassero i Mondiali ero a Coverciano a prendermi la pioggia, e in quei giorni non pioveva soltanto acqua».

A proposito, l’esperienza di Lippi rischia di disperdersi dopo l’addio alla Nazionale. Non avete pensato a un rapporto di consulenza?
«L’ho chiamato qualche giorno dopo la grande festa per la vittoria ai Mondiali, chiedendogli se il calcio italiano poteva contare ancora su di lui dopo il periodo di meritato riposo. Spero che mi darà una risposta positiva».

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