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Editoriali


L'omosessualità non è una malattiaIl 17 maggio è la data storica in cui nel 1990 l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) definisce l’omosessualità “una variante naturale del comportamento umano” e la cancella, finalmente, dall’elenco delle malattie mentali. Questa data viene ricordata, da qualche anno, celebrando la “giornata mondiale contro l’omofobia” denominata: Idaho (International Day Against Homophobia).

Una data da festaggiare, una data in cui ci si ferma a capire quanti progressi sui diritti glbt la propria società ha fatto.

L'omofobia, purtroppo, è interiorizzata nelle società dei vari stati visto che solo pochi di essi  (e solo da pochi anni) hanno nella propria legislazione leggi anti-omofobia (aggravante di reato per chi commette violenze su omosessuali); leggi sul matrimonio omossessuale (la normalizzazione viene anche dall'eguale trattamento tra le persone e dall'accettazione che una famiglia può essere formata anche da una coppia dello stesso sesso) e leggi sull'adozione di prole per una coppia omosessuale (la dimostrazione di credere che un/a bambino/a può crescere bene anche con genitori dello stesso sesso). Solo uno Stato che ha fatto e metabolizzato queste riforme può davvero dirsi non omofobico e combattere davvero l'omofobia.

Ma la società sta cambiando se si pensa che il 44% degli italiani (fonte Istat) pensa che sia giusto il matrimonio per due persone dello stesso sesso. 

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