Cronaca - il sito di zon@ venerd́

Editoriali


I cinesi sono di moda, oggi più che mai. Ci siamo accorti di loro solo ora?, ma esistono da migliaia di anni, solo che adesso c’invadono con i loro prodotti a basso costo spaventando una parte della classe imprenditoriale italiana.

Cavoli! Questa è concorrenza sleale, le persone in Cina sono costrette a lavorare in condizioni disumane, impossibile stare al passo con un costo di mano d’opera così basso.

Si mormora di adolescenti retribuiti 30 dollari al mese, di operai ingannati e mai pagati, locali malsani, orari  estenuanti. Se in molti casi ciò è vero, in altri gli standard di lavoro si stanno velocemente adeguando all’occidente come qualche giornalista ha avuto modo di verificare direttamente. C'è da pensare, quindi, che i fenomeni di sfruttamento non siano così diffusi come si vuole far passare e che in ogni caso riguardino solo marginalmente le imprese delocalizzate e l'outsourcing produttivo.

Non andiamo tanto lontano, qualcuno si ricorda com’era la situazione 30-40 anni fa in alcune province italiane? Le cosi dette “zone depresse”. La situazione non era simile? Imprenditori che davano lavoro a domicilio (oggi outsurcing)  sotto pagando la mano d’opera, ben sapendo che per ottenere una remunerazione decorosa le persone erano costrette a lavorare 12-16 ore al giorno, senza contare festività, ferie o peggio periodi di assenza per malattia, mettendoci in proprio i locali ed anche l’attrezzatura? Non c’è quindi nulla da stupirsi se questo oggi avviene in altri posti, è un fenomeno tipico dei Paesi emergenti.

Qualcuno dice che bisogna coalizzarci, boicottare il prodotto made in Cina, spingere il governo locale a riconoscere dignità, diritti e giuste remunerazioni ai lavoratori cinesi così da limitare al minimo l’enorme divario di costi esistente.

Utopia? Sfrontatezza? O semplice miopia.

Forti delle barriere che hanno impedito  ai prodotti asiatici di entrare, non abbiamo avuto stimoli ne lungimiranza, ci siamo assopiti continuando a vivere nello status quo che, bene o male, ci ha consentito di tirare avanti senza particolari problemi di concorrenza e oggi per correre ai ripari vogliamo i dazi doganali

Qualcuno, a onor del vero, non è stato a guardare, ha delocalizzato per tempo la sua produzione e in barba allo sfruttamento delle persone da più parti messo all’indice, sta facendo lauti guadagni non solo in Cina, ma in India e, forse fra qualche decennio, anche in Africa.

Tutto questo interessa i governi, la classe imprenditrice, ma il consumatore in tutto ciò che centra? Dovrebbe farsi scrupolo di scegliere i prodotti che non siano made in Cina? Questa prerogativa è di pochi privilegiati che ancora possono permettersi di spendere uno stipendio di un operaio medio per acquistare un capo di abbigliamento griffato.

L’operaio, l’impiegato, il pensionato che devono far quadrare un bilancio familiare con estrema fatica, spesso costretti a dosare le risorse con il bilancino del farmacista, non  possono permettersi scrupoli morali, la loro è una sfida quotidiana nella ricerca di ottenere quello di cui hanno bisogno pagandolo il meno possibile e, se questo glielo danno i Cinesi o gli Indiani e in futuro gli Africani….. ben vengano!

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