di Emanuela Del Frate
Pubblicato sulla Gazzetta il 28 febbraio scorso, dopo la firma di Ciampi, lo stralcio del Ddl Fini-Giovanardi in materia di droghe è legge. Tra gli elementi maggiormente criticati dall’opposizione e dagli operatori del settore c’è sicuramente la riduzione delle tabelle che individuano le sostanze stupefacenti. Infatti se la vecchia legge 309/90 individuava 6 tabelle in cui, le sostanze sottoposte a controllo, venivano suddivise per ordine di importanza e pericolosità, ora la distinzione riguarda soltanto le sostanze che vengono usate terapeuticamente. Tutte le altre, dalla marijuana all’eroina, passando per ecstasy, oppiacei e cocaina, fanno parte di un’unica tabella che non fa distinzione tra droghe leggere e droghe pesanti. Di questo e degli altri devastanti effetti della legge, ne discutiamo con Nunzio Santalucia. Medico tossicologo, fondatore di Forum Droghe, del Centro Culturale Canapa e dell’Associazione Canapa Terapeutica, presta servizio nel Sert del carcere di Pisa sin dal 1983.
Esistono dei parametri scientifici che supportano questa equiparazione tra droghe leggere e droghe pesanti? Hanno veramente tutte la stessa pericolosità?
No, questa è un’equiparazione che non ha nessun valore scientifico. Di fatto questa legge introduce un’unica tabella in cui rientrano tutte le sostanze stupefacenti. Non sono stati presi in considerazione parametri fondamentali. Le sostanze dovrebbero essere distinte in base alla dose letale, al grado di dipendenza che producono, agli effetti collaterali. Se si prendessero in considerazione almeno queste caratteristiche, dovremmo mettere al primo posto l’alcool e i barbiturici, mentre i cannabinoidi occuperebbero soltanto l’ultimo posto. Non esiste una dose letale per la cannabis.
Di fatto, l’equiparazione delle tabelle, reintroduce il concetto di “dose minima giornaliera consentita ”che era stato abolito con il referendum del 1991...
Esatto...innanzitutto in questa legge non c’è il rispetto del popolo italiano che con il referendum ha scelto una strada ben precisa che punta alla non criminalizzazione del consumo e alla non punizione. Inoltre, trovo inconcepibile il fatto che degli scienziati, che la commissione che sta studiando in questi giorni le tabelle, possa decidere sul destino delle persone.
Altro elemento fondante di questa legge è la parificazione delle strutture pubbliche,i Sert,con quelle private,ovvero le comunità di recupero. Quali pensa possano essere gli effetti?
Ci sono molte persone che dicono che sia stata fatta con fini elettorali, altri sostengono che sia una legge populista. Io non credo assolutamente che sia una legge populista. Credo che il vero motivo dell’approvazione sia legato al suo aspetto l’economico. I fondi anti droga esistono ed evidentemente, devono essere erogati a delle strutture precise: quelle che abbracciano la filosofia della “tolleranza zero”. Sono gli interessi economici che hanno portato a dare ai privati la possibilità di fare una diagnosi sulle tossicodipendenze, al pari delle strutture pubbliche. Le comunità private fioriranno e, sicuramente, diagnosticheranno dipendenze da cannabis e ospiteranno migliaia di consumatori.
La legge è entrata in vigore, ma le tabelle di riferimento non sono ancora state elaborate. Pensa che possiamo aspettarci delle modifiche reali rispetto a quelle inserite in precedenza nel disegno che,per la cannabis,fissavano un tetto massimo di 250 mg, pari a due spinelli?
In questi giorni, lo stesso Giovanardi continua a dichiarare che si sarà arrestati se trovati in possesso di 20 – 30 spinelli; c’è quindi da sperare che si siano accorti dell’insostenibilità e dell’assurdità delle precedenti tabelle. Ma, al di là dell’effettiva carcerizzazione dei consumatori, restano comunque i danni sociali e morali che sono insiti in questa legge. Non dimentichiamo che, se si è trovati in possesso di qualsiasi sostanza, scattano comunque le sanzioni amministrative. Sanzioni che comportano il ritiro della patente, del passaporto, il sequestro del veicolo, il divieto di condurre qualsiasi mezzo a motore, così come l’obbligo di firma in questura o di rientrare a casa entro una certa ora.
Stralci dell'articolo tratto da "Liberazione" del 03/03/2006, p.7.