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A cura di Bibliofilo Arcano




20 poesie di Luisa Bergalli Gozzi


Luisa Bergalli Gozzi (Venezia 1703 - Padova 1779) fu una poetessa italiana, nota anche
come Luisa Bergalli e Irminda Partenide. Nata da famiglia borghese (Jacopo Bergalli e
 Diana Bianchini erano i nomi dei genitori), Luisa Bergalli sposò nel 1738 il Conte
Gasparo Gozzi (1713-1786), dal quale ebbe cinque figli.


Indice sonetti

A sua Eccellenza il Sig. Co. Antonio Rambaldo di Collalto (4)
Alma Vittoria, che del Tebro in riva (11)
Avrei già volto il piè di speme casso, (6)
Certo, ch' io non varcai questo, e quel clima, (2)
Da quel nobil desio, che puo cotanto (8)
Dell' anno la stagion dolce, e primiera (5)
Forse dirammi alcun: tu, che de' vanti (15)
Muse, se di spoglia mio stile impetro (14)
Non così i due, che Leda ebbe da Giove (7)
Null' altro no, che quei troppo freschi anni (10) Scipione, udendo l' onorato nome (12) Se quando avrò maggior da Febo aita, (3)
Se rivolgo il pensiero al non bugiardo (13)
Son miei, diceva Amor, quei lumi, e quella (1)
Tanta non ebbe il bel Giovin d' Abido (9)
Indice canzoni Chi avesse nel capo la pazzia, (2) Giamma d' amore è Dio, fiamma d' amore (5)
Or che sereno è il Cielo oltre l' usato, (1)
Possente Amor, che ne' gatteschi petti (3)
Poichè non veggo a qual di voi mi affidi, (4) Bibliografia Sonetti 1 Nel prender l' Abito Monacale la N. D. Contarina Zorzi Son miei, diceva Amor, quei lumi, e quella Neve del viso, e quelle chiome, e quanto Di grazia, e di beltade altero vanto Trasse un giorno costei dalla sua stella. E i fregj di quel sangue illustre, ond' ella Sua gloria, e sua virtute alza cotanto, Son miei, dicea, d' Adria felice, e bella L' eccelso Genio all' altro Amore accanto. Ella in faccia ad entrambi ' l bel desio Non piega ai fasti, e sotto umile, e abbietta Spoglia sua beltà copre, e corre a Dio. Spezzò sdegnato Amore ogni saetta, E disse l' altro: Anima bella, addio: Celesti fregj or il tuo sangue aspetta. Bergalli Gozzi, Luisa, ed., Componimenti poetici delle piu illustri rimatrici d' ogni secolo (Venezia: Antonio Mora, 1726), pt. 2, p. 237. La poesia appare anche in:: Ronna, Antoine, ed., Parnaso italiano. Poeti Italiani Contemporanei Maggiori e Minori Preceduti da un
Discorso preliminare intorno a Giuseppe Parini e il suo secolo Scritto da Cesare Cantù (Paris: Baudry, 1847), p. 1032.
2 A sua Eccellenza La Signora Baronessa Felicita Tassis Certo, ch' io non varcai questo, e quel clima, Nè come al bel Trojano, o come Appelle Fu a me dinanzi accolto il fior di quelle, Che di altera bellezza ebber la cima; Nè men credo ad Amor, che pur estima Beltà sì poco, e giura per le stelle, Che delle vostre o più vaghe, o più belle Figlie non vide ai nostri dì, nè prima: Ma bensì fede io presto a chi non guata Del viso il lume, e sovra le leggiadre, E saggie, e rare più da loro il vanto. Onde chiamo a ragion voi fortunata Più che de' Gracchi la famosa madre, O se d' altra sì gloria il Tebro, e il Xanto. Bergalli Gozzi, Luisa, ed., Componimenti poetici delle piu illustri rimatrici
d' ogni secolo (Venezia: Antonio Mora, 1726), pt. 2, p. 238.
3 Alle Tre degnissime Sorelle Carriere Se quando avrò maggior da Febo aita, Talun alzar udrammi in rime sparte I pregi, che a noi Donne il Ciel comparte Non sprezzi me, qual femminella ardita, Che senza ricercar, qual più fiorita Cittade ha grido in questa, o in quella parte, Tali ne mostrerò, che in tele, e in carte Danno ad altri, e a lor stesse eterna vita. Voi, che spregiate il gentil sesso, voi D' Angela di Rosalba, e di Giovanna Venite a mirar l' opre, e dite poi. Dite pur s' io mentisco; e se m' inganna La passione, e dite pur se noi Donne all' ago, ed al fuso il Ciel condanna Bergalli Gozzi, Luisa, ed., Componimenti poetici delle piu illustri rimatrici d' ogni secolo (Venezia: Antonio Mora, 1726), pt. 2, p. 238. 4 A sua Eccellenza il Sig. Co. Antonio Rambaldo di Collalto Perche altri più fra cieco obblìo nascosti Miseramente non traesser gl' anni, Ma, ch' anzi a' nomi lor fama tai vanni Desse, onde alzarsi a' gloriosi posti; A chi l' altera culla in cui tu fosti, A chi tuo cor gentil vuoto d' inganni, A chi la mente, che non teme i danni D' error, ma tiene i buon pensier disposti; Ed a chi basterebbe il dolce, e adorno Tuo stil: pur questi, ed infiniti poi Altri fregj fan teco almo soggiorno. Così mentre di gloria i vivi tuoi Raggi ti fan corona, e lume intorno Non so, come Uom mortal ti crediam noi. Bergalli Gozzi, Luisa, ed., Componimenti poetici delle piu illustri rimatrici d' ogni secolo (Venezia: Antonio Mora, 1726), pt. 2, p. 239. 5 A sua Eccellenza il Sig. Co. Antonio Rambaldo di Collalto Dell' anno la stagion dolce, e primiera Menava il terzo Sole a questa etate, Quand' io prima spirai di libertate L' aure nella Città, che al mare impera Vero è, che non mi stanno in lunga schiera Servi, ed Ancelle intorno all' opre usate; Nè raggio splende in me d' alta beltate, Misero pregio, onde va Donna altera. Gelosa di mia pace a' folli amanti Il cor non piego, e non a sete d' oro, Ma spirti vanto al suon di gloria desti. Le mie cure, il mio amor voi siete, o santi Studj d' Apollo, e tu sei ' l mio decoro, Alto Colle, che amica ombra mi presti. Bergalli Gozzi, Luisa, ed., Componimenti poetici delle piu illustri rimatrici d' ogni secolo (Venezia: Antonio Mora, 1726), pt. 2, p. 239. 6 A sua Eccellenza il Signor Giacomo Soranzo Avrei già volto il piè di speme casso, Qual chi per calle ignoto andar presume. Nè farei giunta, ove dal duro sasso Diè l' alato destriero il sagro fiume; Che quanto del desio m' ergean le piume Tanto rea sorte mi traeva al basso, Se voi, Signor, non mi davate il lume Dei miglior Duci, ond' io drizzassi il passo. Ed or che, mercè vostra, io tengo parte Tra le rare di Febo, amanti Ancelle, Dovrò di lodi a voi tesser lavoro. Ed oh sien queste, allor quando le carte Vedran, degne d' aver loco fra quelle Bell' opre, di cui fate ampio tesoro. Bergalli Gozzi, Luisa, ed., Componimenti poetici delle piu illustri rimatrici d' ogni secolo (Venezia: Antonio Mora, 1726), pt. 2, p. 242. 7 Ai due Eruditissimi Fratelli D. Pier Caterino, Ed il Signor Apostolo Zeni Non così i due, che Leda ebbe da Giove Lumi, quando per nembo il mar più freme, Porgono lena al buon nocchier, che teme, Se dall' alto la lor fiamma si move; Siccome i due Fratei, per tante prove Chiari, spiraro in me conforto, e speme Di non restar sepolta in fra l' estreme Donne, di cui fama non suona altrove Che del Monte a salir difficil tanto; Poich' essi mi segnar l' alto sentiero, Mia mente sfavillar sento di luce: E dico a me: giovane umil, qual vanto Maggior sperar potevi in tuo pensiero? Se pur bramar non osi Apollo in duce. Bergalli Gozzi, Luisa, ed., Componimenti poetici delle piu illustri rimatrici d' ogni secolo
(Venezia: Antonio Mora, 1726), pt. 2, p. 242.
8 Ai due Eruditissimi Fratelli D. Pier Caterino, Ed il Signor Apostolo Zeni Da quel nobil desio, che puo cotanto Quando in un cor gentil pianta suo trono, Tocca mi sento anch' io, qualor do suono Alla mia cetra, e le altrui gesta canto E a un vaneggiar sì dolce io m' abbandono Che gia parmi veder la Fama accanto Starmi, ed udir quall' avrò plauso, e vanto; Poiche un' altra sarò da quella or sono. Ma vien in mezzo altro pensier, che a fronte Mi por quanta mi deste, e cura, ed opra Voi due, per avanzarmi al sagro Monte E dir mi fa, ch' io merto ben, che copra Mio nome eterno, obblio s' alle più conte Vittoria, ed Anassilla io non sto sopra. Bergalli Gozzi, Luisa, ed., Componimenti poetici delle piu illustri rimatrici d' ogni secolo
(Venezia: Antonio Mora, 1726), pt. 2, p. 243.
9 Per le buone Feste All' Illustrissimo Signor Apostolo Zeno Tanta non ebbe il bel Giovin d' Abido Invidia al Mar, che Europa, ed Asia siede Quanta io ne porto a quel terren, che siede Fra l' Istro altero, e il ricco d' Adria Lido. Poiche contende a me qual dentro annido Desio mostrarvi fuor, com' altri il vede, E di ciò tento farvi in vano fede, Che a troppo sie vol dir mie voglie affido. Ond' or, che il buon costume altrui da modo D' erger lo stile, e pregar pace, e fama Tra me medesma per desio mi rodo. Ma se pur cale a voi saper mia brama, Porgete mente a quel di grazie nodo, Che a voi mi lega, e a voi sempre mi chiama. Bergalli Gozzi, Luisa, ed., Componimenti poetici delle piu illustri rimatrici d' ogni secolo
(Venezia: Antonio Mora, 1726), pt. 2, p. 243.
10 Al molto Reverendo Signor D. Antonio Sforza Null' altro no, che quei troppo freschi anni O de' miei studj lume, e duce fido Sforza gentil, ritien nel nostro nido Fama, sicche per voi non spieghi i vanni; E quai fate alla morte illustri inganni Narri da questo al più rimoto lido; Ma presto verrà il dì, che in alto grido Udranla di voi dire Indi, e Britanni. E questo Apollo, ed i seguaci suoi Bramano, ed io, che n' ho tanta ragione Sovra il loro desio m' innalzo spesso. Allor qual' alta idea form di voi Mostrerò fuor, qual buon Pittor, che espone Il da lui finto volto al vivo appresso. Bergalli Gozzi, Luisa, ed., Componimenti poetici delle piu illustri rimatrici d' ogni secolo
(Venezia: Antonio Mora, 1726), pt. 2, p. 244.
11 Alma Vittoria, che del Tebro in riva Alma Vittoria, che del Tebro in riva La voce in sì bei carmi un dì sciogliesti, Che mille volte, e mille altrui ptoesti Dubbio recar, se fossi Donna, o Diva; Questa, che da tua stirpe alta deriva, E ch' or col dolce viso, e gli atti onesti L' Adria innamora, ben dal Ciel vedesti Qual sia di tua virtude immagin viva. Io chiederei lo stil, che teco a i santi Cori portasti, esso, che sol potrebbe Spiegar d' Agnese i pregj eccelsi, e tanti: Ma chi sa mai, se sua modestia avrebbe A grado poi di udire i proprj vanti? Ed allor quale stil se le dovrebbe? Gobbi, Agostino, ed., Scelta di sonetti, e canzoni de' più eccellenti rimatori d' ogni secolo,
Quarta ed., con nuova aggiunta (Venezia: Lorenzo Baseggio, 1739), pt. 4, p. 664.
12 Scipione, udendo l' onorato nome Vostro, che tanto a riverirvi insegna, Prego, che di ghirlanda assai più degna, Il mio Febo immortal m' orni le chiome; E parte, che di sue gravose some Il nemico destino a tor mi vegna; Che incolta, e mesta io non saprei ben come Cantar del lume, che in Voi splende e regna. Nè del ben saprei dir, che amica stella A Voi promise, e che per mia ventura Il vidi scritto già ne' vostri rai. Certo quell' altro ben fia questa bella Donna, che v' arde in nobil fiamma, e pura; Beato stil, che ne dicesse mai? Rime per le felicissime nozze de' nobili signori conte Scipione Boselli e contessa Marianna Benaglia
(Bergamo: appresso Pietro Lancellotti, 1754), p. XI.
13 Se rivolgo il pensiero al non bugiardo Chiaro suono, onde fama a noi vi mostra, Gran donna, siete tal, che all' età nostra Solo forse per voi, s' avrà riguardo. Quindi, se bene ardita all' altrui sguardo Degl' incolti miei carmi osai far maestra; Or che spiego il mio canto all' alta vostra Mente già di rossore avvampo ed ardo. Nè per senno maggior di porlo in bando Spero; che non avrò da lui men guerra Me stessa, e questi verdi anni mutando; Chè per voi tanta il Ciel virtù disserra, Alma regal, ch' io non so come, o quando Ne fia cortese ad altra donna in terra. Zappi, Giovanni Battista, Rime dell' avvocato Giovam Battista Felica Zappi, e di Faustina Maratti, sua consorte.
Sulla XV edizione veneta, espurgata ed accresciuta d' altre rime de' più celebri arcadi di Roma. (Napoli: 1833), pp. 62-63.
14 Muse, se di spoglia mio stile impetro, Vostra mercè di modi incolti e bassi, Fa che col nome un dì forse io trapassi L' ultimo lido, e invidia io vegga indietro. Non già le crude fiere, e i sordi sassi, Come il tracio Cantor, vò trarmi dietro: Nè cerco già verso l' ardente e tetro Empio regno di Dite aprirmi i passi. Allme mi rime, or da viltade oppresse, Lume darò coi pregi del più altero Spirto, che in mortal velo il Ciel mai desse. E allor, ch' io giunga in parte a dirne il vero, Ben quanti Apollo ad alte imprese elesse Per questo sol vincer di fama io spero. Zappi, Giovanni Battista, Rime dell' avvocato Giovam Battista Felica Zappi, e di Faustina Maratti, sua consorte.
Sulla XV edizione veneta, espurgata ed accresciuta d' altre rime de' più celebri arcadi di Roma. (Napoli: 1833), pp. 63-64.
15 Forse dirammi alcun: tu, che de' vanti Altrui sovente usi spiegar le lodi, E perchè mai di onesto onor de' Prodi Le famose talora opre non canti? Nè sa quell' un, che in celebrando i tanti Suoi merti in vano ognor la lingua io snodi; L' ingegno è corto, poca l' arte, i modi Mancano tutti al gran soggetto innanti. Che se gli alti suoi fregi io co' miei carmi Spiegar potessi, oh come, oh quanto avrei A goder di me stessa, ed a vantarmi. Poichè so ben, che fama allor torrei A Chi canto d' Ilio e di Grecia l' armi, E so, che in ciò m' han fede uomini e Dei. Zappi, Giovanni Battista, Rime dell' avvocato Giovam Battista Felica Zappi, e di Faustina Maratti, sua consorte.
Sulla XV edizione veneta, espurgata ed accresciuta d' altre rime de' più celebri arcadi di Roma. (Napoli: 1833), p. 64.
Canzoni Canzone 1 A sua Eccellenza il Sig. Co. Antonio Rambaldo di Collalto Or che sereno è il Cielo oltre l' usato, E che dolci aure intorno L' acque increspando van soavemente, E che odoroso fiato Portan dalle contrade ove esce il giorno, Talche dal Trono adorno L' alta Donna del mar letizia sente; Certo, che a riveder suoi lidi arriva L' Eroe, ch' ogni virtù tien fra noi viva. Deh, poiche manca l' arte almen di queste Cose liete, e tranquille, Potesse la vaghezza entro il mio petto Far sì le voglie deste, Ch' io sciolgessi un bel canto in mille, e in mille Guise, e l' alte faville Fuori mostrar di mio sommo diletto Potendo, ecco, dicesse ognun, colei, Che più già non invidia Uomini, e Dei. Ed oh chi poscia immaginar sapria, Non, che spiegar in parte Quale di gioja in me farei tesoro, Se come il cor desia Suoi pregj, che stancar sogliono l' arte Narrar potessi in carte, E tal fosse di rime il bel lavoro, Ch' ei mi dicesse: Or va, che non indegno Loco avrai dove i Vati han sede, e regno. E poichè l' alma generosa aspetta Da sè medesma solo L' opra, onde farsi sovra l' altre altera, Non perchè in rima eletta Sua virtute portar vedesse a volo Dall' uno all' altro Polo Godrebbe in farmi don di laude vera; Ma lo faria per quel piacer, che prova Allor che ai chiari spirti attende, e giova. O fosco ingegno mio, che non t' accende Ora si vivo lume, E presso al bel desir non porti il canto? Questi è colui, che attende In ogni glorioso almo costume, Tal di levar le piume, Ch' egli, mercè dell' alta mente, o accanto Stassi d' Augusto, o in riva alle sagr' onde Febo l' invita ad onorar sua fronde. In somma, o pensi, o parli, o scriva, altrui Di Poema, e di storia Chiari porge argomenti; e s' io pur taccio, O non degne di lui Detto le rime, e di sua immortal gloria, Me ne punge memoria, Ed odio sempre or l' uno, or l' altro impaccio, Che mel contende, e per libera andarmi, Ahi, che spender non so, nè so, che farmi. Canzon, tu sai, che mitigar mia pena Non potrei già, se il caro Raggio d' alma gentile in lui sì chiaro Non fosse; or rasserena Dunque la fronte, e l' onorata mano Baciagli in atto riverente, e piano. Bergalli Gozzi, Luisa, ed., Componimenti poetici delle piu illustri rimatrici d' ogni secolo
(Venezia: Antonio Mora, 1726), pt. 2, pp. 240-241.
Canzone 2 Chi avesse nel capo la pazzia Chi avesse nel capo la pazzia, E dentro al petto il gaudio suo fratello, Veggendo questo Gatto in un avello, Bisognerebbe discacciargli via. Non era mica di quella genia, Che graffia, morde e ruba a questo, e a quello; Egli erra un Gatto sì pulito, e bello, Che un topo gli avria usata cortesia. Certo che gli piacea far all' amore; Ma dicono gli Autor, che questo fanno Le persone gentili, e di buon core. Pur non tesseva a le Donzelle inganno; Voleva dichiararsi servitore D' una, che fu cagion del suo malanno; Quei tetti, ohimè! lo sanno, Che veggendol cader da l' alto al basso, Rimaser freddi, fermi come un sasso. Balestrieri, Domenico, Lagrime in morte di un gatto (Milano : G. Marelli, 1741), p. 23. Canzone 3 Possente Amor, che ne' gatteschi petti Possente Amor, che ne' gatteschi petti Hai tanta forza in duo mesi de l' anno, Che van quelle persone in cima a' tetti A dir parole, che morir ci fanno; Deh tu m' insegna, Amor, pietosi detti, Sinchè narro la storia d' un inganno: E chi non vuol patir troppo aspri guai, Non s' innamori, come un gatto mai. Guardare, Amanti, quella lunga schiera Di gatti maestosi, e gattej snelle Con le lacrime agli occhi in veste nera, Non ricordarsi più de le scodelle: Guardate quella bara, ove la fera Morte il fior mise de le cose belle; Un giovane gentil, gagliardo, e sano, Più ch' altro fosse mai gatto in Milano. Milano onor del Mondo, il qual pur ebbe I gatti degli antichi Imperadori, Arditi sì, che a molti non increbbe Di pisciar sopra il manto a i lor Signori; Ne le prime sue storie or non potrebbe Trovarne un pari tra tutti i migliori: Natura, che talor se stessa avanza, Costui volle far bello oltre l' usanza. N' ebbero invidia i Fati, e Satanasso, La Beffana, Proserpina, e Ginnone, Che sul capo gli avria dato di un sasso, Perchè sembrava d' Ida il bel garzone. E menò colassù tanto fracasso, Molt' aspre fantasie rivolse in testa, E in atto contra lui pose alfin questa. Teneva in casa uan vecchiaccia strana, A cui per carità facea le spese, Come a colei, che in mezza settimana, Liberata l' avea dal mal Franzese; Con certi funghi d' erbe di quel mese; Fece una gatta, e potè farla appena, Tanto avea poca pancia, e poca schiena. Con le sue mani le acconciò le chiome, Col suo belletto le dipinse il viso; Poi l' ascose al Marito, io non so come, Di questa gatta non vò dirvi il nome, Che veramente non lo so preciso; Resti senza memoria, e senza esempio, Come quel di colui, ch' arse il gran tempio. O gatta maledetta empia, e crudele Nata per fare al Mondo un sì gran male, Che in bocca avevi, oimè, zucchero, e mele, E celato nel cor tosco mortale. O luci, che parevan due candele, Ed eran fumo di fiamma infernale, Scacciato dal Dimonio sciaurato, Perchè laggiuso orbava ogni Dannato. Queste perfide luci al Gatto saggio Volse costei con tal astuzia, ed arte, Che passò dentro il dispietato; raggio A consumargli il core a parte a parte. Ella di dirgli alfin prese coraggio, Che mille avea per lui lacrimealte amorose, Egli, ahi fero destin, gnau le rispose. Bastò questo sol detto alla furfante, Per invitarlo tosto sopra il tetto; Egli vi andò, ma qual pudico amante, Per legittima donna averla in letto. Qui mi casca la penna, e il cor tremante Si distrugge fra doglia, e fra dispetto. Non era mio parente, nè compare; Ma le sue doti mi fan disperare. Una turba di gatti malandrini, Che per qualche viltà seguivan lei, Incontanente uscir di que' confini, Ripieni di furor gli animi rei. Oimè le fresce guance, e i biondi crini. Oimè che al quarto colpo, ovvero al quinto Giuso del tetto il misero fu spinto. Si ricominci, o ben nate alme, il pianto, Che gli fu tolto di saltar in piede; E il proffilato naso egli s' è infranto Con tal pietà, che supera la fede. Il suo Signore, che l' amava tanto, Più conforto nessuno aver non crede. E per pianger la sua cruda partita Vorrebbe aver cent' anni, e piu di vita. Oimè, che son undici stanze sole, E mi parevan dodici finite. Ci vogliono però quattro parole, Tanto ch' io esca fuor di questa lite. Dirò, che il Gatto è morto senza prole, Bench' era di gran sangue, come udite. Per altro, essendo tanto innamorato, Non è da dire, che fosse castrato. Balestrieri, Domenico, Lagrime in morte di un gatto (Milano : G. Marelli, 1741), p. 213-216. Canzone 4 Per un Rettore di Padoa Poichè non veggo a qual di voi mi affidi, Novi pensier di luce altra vestiti, Chiuderò in tutto a le parole il varco. Ben in parte previdi Qual poteasi per Voi lievi, e spediti Al mio dimesso stil porgere incarco. Ma quel, ch' io premo, e varco E' Mare senza lidi, E con nocchieri desiosi arditi, Sicchè del mio voler primo mi pento, Di scior la Nave, e dar le vele al vento. Gli eletti preji di quell' Alma altera, Pria ch' io guardassi da la mia bassezza, Dovean coprire i vivi raggi in parte: Come di sfera in sfera Lascian gli spriti la natia chiarezza, Per convenir con la terrena parte. Certo di mia poc' arte, Se in me confida, e spera, Febo non si ricorda, e di sua altezza; E non sà quante volte a men sublime Valor, non seppi alzar le incolte rime. Tu, cui bagna la Brenta, Alma Cittade Dove fermò sue schiere il buon Trojano, Che vedrai tosto alta mercè de' numi, La di costui bontade, Il pensar saggio, il portamento umano, Gli eletti studj, i bei santi costumi: Tu d' eloquenza i fiumi, Già sparsi in ogni etade, Sciogli d' intorno al tuo Rettor sovrano. E forse col soave illustre canto Anche a te non parrà di dargli vanto. So ben, che come in vivo specchio omai Tanta pensi vedere in esso accolta Virtù, quanta in mill' altri il Ciel divise; E quanta luce mai Uom mortal tra noi serbi, a cui rivolta Dal primo dì benigna stella arrise. Ma se le luci fise In quegli ardenti rai Ti fia dato tenere alcuna volta; Saprai, ch' ei vince i più famosi spirti, E saprai quel di più, ch' io non so dirti. L' ombra l' ombra de l' Avo illustre, e pura Qual fida Duce a l' onorato fianco, Dettargli le bell' opre ognor s' à vista; Che sua real natura Per morte non iscema, e non vien manco, Anzi la fu novelli pregj acquista. E dell' valore avista Onde con piè sì franco Seguirla il gran Nipote s' assicura, L' alte idee, che chiudea ne l' uman Velo Gli desta, e quelle ancor, che apprese in Cielo. O chiara immortal Pianta, o vaghi rami Ne la bella Adria in tanta fama accesi, Fiorite ancor per la gran Donna eletta: Che se Giove pur l' ami Dal riserbarci sempre intatti, e illesi Di veder ella in dubbio core aspetta. Io Donna umil negletta Che qual per me si brami Cosa non so, che il suo tardar mi pesi, Pianta immortal, tutta mi accendo poi In desiar questi bei rami tuoi. Canzon non aspettar nessun mio cenno, Ch' io già m' accorsi prima Di non voler per te pregio, nè stima. Ceva, Teobaldo, ed., Scelta di canzoni compilata, ed accompagnata di varie crtiche osservazioni e d' una
dissertazione intorno a' varj lirici componimenti dal padre Teobaldo Ceva (Venezia: A. Bassanese, 1756), p. 185.
Canzone 5 La castità Giamma d' amore è Dio, fiamma d' amore Convien che sia chi di seguirlo ha brama; E mai non giunge a Lui, chi dentro al core Soavemente non sospira, ed ama. E dee passar, chi vuol vederlo, fuore Pei dolci oggetti, onde ne invita, e chiama; Beato a sè chi per la via non erra, E non si ferma a quel che piace in terra. Nell' antica Città, ch' origin' ebbe Dal generoso Antenore, che starsi Non volea senza regno, e non gl' increbbe Di Troja, quando quì venne a fermarsi; Nella Città, che in tanta fama crebbe, Che tanti raggi di Scienze ha sparsi, Due felici SORELLE esempio sono Di quanto in questo dì penso, e ragiono. Nate d' illustre Sangue, e d' intelletto Maraviglioso, onde il Lor ceppo ha grido, Non sanno tuttavia qual' abbia aspetto Superbia, o quai dolcezze abbia Cupido; D' esser vaghe non sanno; un' atto, un detto Rapir Loro non osa il Mondo infido; E quanto altre per lui son meste, e frali, Per Castità son liete Esse, e immortali. Sanno, che le celesti, e basse cose, Che l' una l' altra di beltade avanza, Tutte per l' uom nell' Universo pose La suprema invisibile Possanza; Perchè le vie del Cielo agli occhi ascose Lo Spirto avesse di trovar speranza; E dell' immensa mano il lavorio Scala gli fosse onde salire a Dio. Altre ci dona pur guide sicure Per innalzarne sell' eteree cime; Ciò sanno ancor queste Due sagre e pure COLOMBE, atte a coprir le Sedi prime. Elle Sante Virtù forma Figure, E dà lor voce, ch' alti affetti esprime; Dal Ciel le manda in compagnia soave Di chi proge del core a Lui la chiave. Chi dice che dell' uom superbia è questa, Dicaci ancor qual' altra opera altera Dell' eterno Motor, piega la testa, E riconosce in lui sua origin vera; O qual' altro animale inni gli appresta, Tempj gl' innalza, e in lui confida, e spera. Tutto èsoggetto a noi quel che a noi cede, O par che ne sovraasti, e sè non vede. Che se giovasse, esterminare ovili, All' esser nostro, e nella terra il seme Turbar de' fiori; a Dio quasi simili, Piante, e animali non struggeremmo insieme? Sol per averne mansueti, e umili, Fra tanti doni, e con timore, e speme, E perchè meno il Creator s' offenda Ei strigne in man la folgore tremenda. Luce ch' esca dall' alto in sommi giri Per sicuro cammin pura, e luente, Immensurabil Mar che in vano aspiri A sommergerne tutti, e in van possente; Vasta feconda terram arua che spiri, Coll' infinita turba altra che sente, Appresso l' uom, ch' ama, e comprende un poco Il suo Signor, sono miseria e gioco Sì, tai cose da moi sono diverse Dinanzi a Dio, come ad un padre sono Diversi oggetti, il fanciullin ch' aperse Gli occhi alla luce, coll' amico suono De' teneri vagiti; e le disperse Fascie, e la culla, che gli arreca in dono; Che tanto a queste il genitor attese, Quanto servire al caro figlio intese. Noi siam prole di Dio, noi cerca, e vuole Questo Padre sublime, e se da Lui Ci rivolgiamo, Egli si pente e duole, Oimè, d' averne fatti i figli sui. Oh tremende di Dio vive parole! Miseri, a cui sono rivolte,a cui? D' averne pena, ahi, non mi pesa, quanto Di suo spiacer, s' io mai l' offesi tanto! Ma così di chi l' ama Ei si compiace, Che il core di chi l' ama è suo ricetto; Altrimenti saria, se l' uom capace Da sè non fosse di mostrargli affetto: Per questo, ch' abbia il suo voler, gli piace Libero, e sciolto, e non legato e stretto; Che sarebbe di Dio mercede indegna, Sforzato amor, che a non amare insegna. Con le possenti immagini trascorsi Aveano già le due care SORELLE I sentier perigliosi, e andaro a porsi Al Nume in faccia, gloriose, e belle. Vider le sole al loro bene opporsi Tenere membra allor sopra le stelle; Che Dio lor disse: non è tempo ancora, Che vi accolga nel Ciel Chi v' innamora. So ch' avete desio di viver meco, Dolci Angelette, e uman corso vel toglie; Tempo sarà, che fuor del carcer cieco, Ascenderete alle beate Soglie. Costei, che parte di mai luce ha seco, E l' ali per seguirvi ora discioglie, Vi additerà, come laà giù si pensi, Vivendo, a dimorar ne' regni immensi. Negli occhi alle DONZELLE un novo raggio Sfavillò tosto: e col piacer, che in Cielo Parevano arrestarsi, ebber coraggio Di eleggere una cella, e un bianco velo. La loro Guida, a cui faceano omaggio, Ripiene l' alma di letizia, e zelo, Alle candide vesti, agli atti, al viso, Era la CASTITÀ del Paradiso. Tien sue luci innocenti a terra chine, Di aver giunte sue man vaghezza ha sempre; Suo virgineo colore a porporine Rose par che si accoppj, e si contempre; Color, che per variar Cielo o confine Alterarsi non suole, o mutar tempre; Ama star sola, e sola un genio acquista, Che fosse aperto il Ciel, per esser vista. Di sua splendida veste al sagro lembo L' una, e l' altra Compagna oggi s' attiene; Per Esse in aria, o in mar non ha più nembo, Di secolo, o di amor non ha più pene; Sono del Choistro avventuroso in grembo, Dov' è la fonte di verace bene; Dove lo Sposo immacolato dona Di gemme, colte in Cielo, aurea Corona. Nel riposato loco ove seconda È già la placid' acqua, e amico il vento, Gioja che al cor soavemente abbonda, Ha le Fanciulle di sfogar talento. Parlano l' una or l' altra Alma gioconda Alla nobile Duce in bel concento; E celesti parole escon da loro, Che sono di Virtù ricco tesoro. Ben tu sola, diceano, eri amor nostro, O santa CASTITÀ, ma non potea Per noi volgersi il piede al caro Chiostro, Se apertamente Iddio non lo dicea. Spesso un cammin, che il Ciel non ha dimostro, Seguiam quà giuso, per fallace idea: E qualunque si sia strada, perfetta Non è, se per un' altra il Ciel n' aspetta. Or no fe' degne di saper, che stato Scelse il cor nostro al suo desio conforme. O CASTITÀ beata, o più beato Il dì ce ne piacesti in mille forme! L' odor, che noi spargiam soave, e grato È per tuo dono; e chi per te non dorme, Quasi non è più carne, e vien sua vita In parte eccelsa da GESÙ rapita. Ella movendo il ciglio alcuna volta Non ricusava udir sue laudi sparte. Vbbidienza, e Povertade ascolta Suoi proprj onori ancor, tratte in disparte. Perchè da questa a quelle eravi molta Diversità. L' una dal Ciel si parte; L' ha chi la chiede; e l' altre, non chiamate, E spesso non volute, a noi son date. Ma l' illustre Virtù da' bianchi panni Le sue fidate Vergini consola, E volto il santo viso a' sommi scanni, Discioglie omai l' angelica parola. Se non, che premio a' gloriosi affanni Delle due Saggie, a noi tutto s' invola; Si chiudono le porte. Ah, che non puote Profano orechio udir le sagre note. O Voi, che giunte siete al porto in seno GIOVANI elette, e di fortezza armate, Per noi che siamo fra tempeste, almeno Qualche tenero prego a Dio serbate Così pei vostri Padri il Ciel sereno Risplenda sempre in questa nostra etate; E per Vostro favore a' dì novelli Crescano i rami lor sempre più belli. La perfezione religiosa: canti XI per la solenne vestizione nel monistero di S. Benedetto in Padova
delle nobili signore contesse Orsola e Cecilia, sorelle Santonini. (Padova: li Conzatti, 1763), pp. 67-74.
Bibliografia 1. Bergalli Gozzi, Luisa, 1703-1779; Terentius Afer, Publius, ca.185-159 B.C.E., L'affannatore,
commedia di Terenzio (Venezia: s.n., 1728)
2. Bergalli Gozzi, Luisa, 1703-1779, Agide re di Sparta, dramma per musica di Luisa Bergalli da rappresentarsi
nel Teatro Giustiano di San Moise l'anno 1725 (Venezia: Marino Rossetti, 1725)
3. Bergalli Gozzi, Luisa, 1703-1779; Du Boccage, Marie Anne Le Page Fiquet, Mme., 1710-1802, Le amazzoni ... (Venezia: Pietro Bassaglia, 1756) 4. Bergalli Gozzi, Luisa, 1703-1779; Terentius Afer, Publius, ca.185-159 B.C.E., L'Andria, commedia di Terenzio (Venezia: s.n., 1727) 5. Bergalli Gozzi, Luisa, 1703-1779, Le avventure del poeta (Venezia: Cristoforo Zane, 1730) 6. Bergalli Gozzi, Luisa, 1703-1779; Ricaldone, Luisa, ed., Le avventure del poeta (Manziana: Vecchiarelli, 1997) 7. Bergalli Gozzi, Luisa, 1703-1779, La Bradamante (Venezia: Pietro Bassaglia, 1747) 8. Bergalli Gozzi, Luisa, 1703-1779; Ceva, Teobaldo, 1697-1746, ed., "Canzone. Per un rettore do Padova" (Venezia: Presso Antonio Bassanese, 1756)
in Scelta di canzoni compilata ed accompagnata di varie critiche osservazioni ..., p. 185.
9. Bergalli Gozzi, Luisa, 1703-1779; Terentius Afer, Publius, ca.185-159 B.C.E., Le commedie di Terenzio ... (Venezia: Cristoforo Zane, 1733) 10. Bergalli Gozzi, Luisa, 1703-1779; Terentius Afer, Publius, ca.185-159 B.C.E., Le commedie di Terenzio ... (Venezia: Cristoforo Zane, 1735-1739) 11. Bergalli Gozzi, Luisa, 1703-1779, Componimenti poetici per le felicissime nozze de' nobili signori Giusppe Remondini e Teresa Carolina Gaudio (Bassano: Gio. e Carlo Mosca, 1767) 12. Bergalli Gozzi, Luisa, 1703-1779, "Dedica" (Venezia: Pietro Marchesan, 1736) in Rime di Antonio Sforza.
Giuntovi altri componimenti di diversi in morte del medesimo, e varie notizie della sua vita.
13. Bergalli Gozzi, Luisa, 1703-1779; Terentius Afer, Publius, ca.185-159 B.C.E., I due fratelli, commedia di Terenzio (Venezia: s.n., 1729) 14. Bergalli Gozzi, Luisa, 1703-1779; Terentius Afer, Publius, ca.185-159 B.C.E., La Ecira, commedia di Terenzio (Venezia: s.n., 1731) 15. Bergalli Gozzi, Luisa, 1703-1779, L'Elenia, dramma per musica da recitarsi nel Teatro di S. Angelo l'anno 1730 (Venezia: Valvasense, 1730) 16. Bergalli Gozzi, Luisa, 1703-1779, Elettra. Tragedia (Venezia: Simeone Occhi, 1743) 17. Bergalli Gozzi, Luisa, 1703-1779, "Epistola dedicatoria e sonetti" (Venezia: Francesco Piacentini, 1738) in Rime di Madonna Gaspara Stampa . . .
Giuntovi diversi componimenti di vari autori in lodi della medesima.
18. Bergalli Gozzi, Luisa, 1703-1779; Terentius Afer, Publius, ca.185-159 B.C.E., L'Eunuco, commedia di Terenzio (Venezia: s.n., 1728) 19. Bergalli Gozzi, Luisa, 1703-1779; Terentius Afer, Publius, ca.185-159 B.C.E., Il Formione, commedia di Terenzio (Venezia: s.n., 1730) 20. Bergalli Gozzi, Luisa, 1703-1779; Caldari, Ferdinando, ?-1743, La Genesi ridotta in ottava rima secondo l'ordine del sacro testo
dal dottore Ferdinando Caldari fiorentino divisa in due parti. Con gli Argomenti della signora contessa Luisa Bergagli Gozzi (Venezia: Stefano Orlandini, 1747-1748)
21. Bergalli Gozzi, Luisa, 1703-1779; Molière, 1622-1673, Il misantropo (Venezia: Giovanni Battista Pasquali, 1745) 22. Bergalli Gozzi, Luisa, 1703-1779; Hillman, Cynthia, ed., Miscellaneous Poems (Chicago: Italian Women Writers Project, 2009) 23. Bergalli Gozzi, Luisa, 1703-1779; Racine, Jean, 1639-1699, Opere di M. Racine tradotte (Venezia: Domenico Lovisa, 1736) 24. Bergalli Gozzi, Luisa, 1703-1779, "Rime" (Vicenza: Pierantonio Berno, 1746) in Epicedj a Pippo. 25. Bergalli Gozzi, Luisa, 1703-1779; Ziggiotti, Bartolomeo, ed., "Rime" (Verona: Jacopo Vallarsi, 1742) in Rime per le nozze
del signor co. Gaspare Giusti con la signora co. Maddalena Trissino dal vello d'oro.
26. Bergalli Gozzi, Luisa, 1703-1779; Gobbi, Agostino, 1686-1709, ed., "Rime" (Venezia: Lorenzo Baseggio, 1739) in Scelta di sonetti, e canzoni de' più eccellenti
rimatori d' ogni secolo Quarta ed., con nuova aggiunta, v. 4, p. 664.
27. Bergalli Gozzi, Luisa, 1703-1779; Balestrieri, Domenico, 1714-1780, ed., "Rime" (Milano: Giuseppe Marelli, 1741) in Lagrime in morte di un gatto. 28. Bergalli Gozzi, Luisa, 1703-1779, Rime di donne illustri a sua eccellenza Caterina Dolfina cavaliera e procuratessa Tron ... (Venezia: Valvasense, 1773) 29. Bergalli Gozzi, Luisa, 1703-1779; Gozzi, Gasparo, conte, 1713-1786; Zanotti, Francesco Maria, 1692-1777, Scelte rime alle nobilissime dame
la signora marchesa Guerriera Angiola e la signora marchesa Matilde Maria Teresa, sorelle Paulucci ... (Forlì: Alessandro Fabbri e Lorenzo Figliuolo, 1745)
30. Bergalli Gozzi, Luisa, 1703-1779, "Strignere il cor mi sento" (Bologna: All'insegna della Rosa, sotto le Scuole, 1732) in
Rime per la conclusione filosofica nello studio pubblico di Bologna tenuta dall'illustrissima, ... Laura Catterina Bassi, p. 9-11.
31. Bergalli Gozzi, Luisa, 1703-1779, Teba (Venezia: Cristoforo Zane, 1728) 32. Bergalli Gozzi, Luisa, 1703-1779; Gozzi Cornaro, Girolama, fl. 1751, Poesie per l'incoronazione
del serenissimo Francesco Loredano doge di Venezia (Venezia: Pietro Valvasense a san Giovanni Nuovo, 1752)
33. Bergalli Gozzi, Luisa, 1703-1779; Various authors, Componimenti poetici delle più illustri rimatrici d'ogni secolo (Venezia: Antonio Mora, 1726) 34. Cantelli Tagliazucchi, Veronica, 1700-1770; Bergalli Gozzi, Luisa, 1703-1779, Rime di Oriana Ecalidea P. A. (Berlin: J. Jasperd, 1760) 35. Lama, Giulia, 1681-1747; Bergalli Gozzi, Luisa, 1703-1779; Gambara, Eleonora, ed., Componimenti poetici per le felicissime nozze
di Sue Eccellenze il Signor Antonion Donado (Venezia: G. Lazzaroni, 1737)
36. Lama, Giulia, 1681-1747; Bergalli Gozzi, Luisa, 1703-1779, Componimenti poetici raccolti in occasione delle faustissime nozze di ... Francesco Morosini e Contarina Ruzzini (Venezia: B. Viezzeri, 1737) 37. Lama, Giulia, 1681-1747; Bergalli Gozzi, Luisa, 1703-1779; Gambara, Eleonora, ed., Rime per li gloriosi sponsali dell' Eccellenze loro Antonio Donado (Venezia: M. Rosseti, 1737) 38. Stampa, Gaspara, 1523?-1554; Bergalli Gozzi, Luisa, 1703-1779; Collaltino di Collalto, conte; Collalto, Vinciguerra II di, conte; Stampa, Baldassare,
Rime, con alcune altre di Collaltino, e di Vinciguerra, conti di Collalto, e di Baldassare Stampa. Giuntovi diversi componimenti di varj autori in lode della medesima
(Venezia: Francesco Piacentini, 1738)