Duetto per Clodia ( Ed. Il Ventaglio 1992) HOME PRINT

In ore garrulo misisti Lesbiam in ore garrulo ...

"puellae ocellos" "passerem" "turgidulos" ...

Modo exaltare eandem modo spernere

non desinis, Catulle, qui pulcherrimam
fulgentis fulgido candore corporis,

scortum, scelesta, imponis nomen Lesbiae.
"Scortum ... " desiste, quaeso, contumeliis.

                        Haberi quod, dicis?                         .

Nescisne paululum differre iniuriam
viri cuiusvis ab amantis ictibus?

Qui solus exaequare sapit impetus
utroque gladio ferire idoneus.
Responde dic insane insulse pessume:
intacta membra pallidae virginulae

vel integerrimo animo Corneliae
nidumne offerre valent, stulte, passeri
quem saepe mi soli soles committere?
At satis verba, litteras fastidio ...

metrica: trimetro giambico

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Rispondi imbecille

Tutta Roma conosce

Lesbia fulgente amorosa infedele,
Lesbia che gioca, Lesbia

che piange il suo passero avvolto
nell'ombra dell'Orco,

Lesbia bambina dagli occhi arrossati...

Ma se t'ispira una musa più torva
vomiti insulti e rabbia.

Non chiamarmi puttana

e non dir che lo dicono tutti.
Tutti o nessuno
è lo stesso:
solo chi t'ama

arrota bene l'insulto e affonda
precisa la lama.

E tu m'ami.

Rispondi imbecille:

con le goffe fanciulle da marito

o con la virtuosissima Cornelia
dove lo troveresti un caldo nido
per il tuo passerotto infreddolito?

E adesso zitto, sono stanca
di letteratura.


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SO VRAPPOSIZIONI

 

Per i versi latini di queste pagine l'Esimia Com­missione del Certamen Catullianum mi ha attribui­to la Magna Laus. Sono andata a ritirare il diplo­ma a Lazise sul Garda e per tre giorni di un mag­gio fiorito, vagabondando per i mutevoli paesaggi del lago, ho sentito alternarsi in me gli umori fan­ciulleschi del giovane Catullo e il triste barocco del Vate al tramonto.

A Sirmione mi ha abbagliata lo splendore silen­zioso dei giardini, e prima di partire mi sono se­duta su una panchina, in posa per un autoscatto ricordo, dietro di me una cascata sfolgorante di ro­se. Ma mentre spalancavo i bronchi al polline, il soffio di nafta di un motorino in fuga si è violen­temente sostituito agli effluvi che mi apprestavo a respirare. La foto era rovinata, ma non ho avuto voglia di ripetere l'operazione.

Due settimane dopo, tra le immagini della bre­ve vacanza ne trovai una che non mi riguardava: pareva un quadro di Balla o di Boccioni, qualcosa in movimento alonato di colori sfumati come d'ar­cobaleno ... Solo mentre cominciavo a strapparla mi vennero in mente le rose di Sirmione, le cercai tra le foto, non c'erano. Ripresi in mano l'intruso cartoncino per disfarmene e allora le vidi, le rose, alle spalle dell'oggetto in fuga: il motorino non solo

 

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aveva sovrapposto la diabolica asfissia al profu­mo delle rose, ma lui stesso si era messo al mio po­sto davanti all'obiettivo, proprio mentre l'ottura­tore scattava. Rimisi la foto fra le altre: seppure invisibile e tramortita, pensai, c'ero anch'io.

 

Nei giorni seguenti si verificò dentro di me qual­cosa di molto simile: immagini, volti, colori, sfi­lavano e si sovrapponevano in sequenza del tutto casuale, mi pareva. lo non facevo resistenza ma nemmeno mi interessava approfondire: mi offri­vo a questa invasione con incuriosita disponibilità senza cercarne il senso; anche i sogni mi piace go­dermeli come sospese visioni e non sento il biso­gno di spiegarmeli.

 

Per molti giorni le immagini lavorarono abili e pazienti sotto i miei occhi distratti, mi condussero indietro di parecchi mesi, poi improvvisamente vidi: vidi me dietro il motorino invasore, ma sotto le rose vidi anche un'altra persona. Mi colse la sen­sazione di essermi, a mia volta, sostituita io a qual­cuno in quella gita al lago di Garda. Ma era una sensazione vaghissima, che si confondeva e sfuma­va nel turbinio di altre sensazioni. Poi un giorno, d'improvviso, mi si formulò dentro, con indolore semplicità, questo pensiero: i versi premiati non so­no miei, sono mie solo la composizione e la tra­scrizione. Nello stesso istante il turbinio mi lasciò.

 

Così, ora che qualcuno, o qualcosa, mi aveva messo in mano il filo, continuai da sola il lavoro ini­ziato dal caso, mi lasciai andare dolcemente ma con più chiara coscienza alla memoria che si dipana­va, e ritrovai le circostanze che mi avevano porta­to a questi versi, dei quali per tanto tempo avevo potuto, in tutta buona fede, sentirmi unico autore.

 

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