Il sistema politico ideale è il Capitalismo Laissez-Faire, un sistema in cui gli uomini si rapportano gli uni con gli altri non come vittime e carnefici, non come padroni e schiavi, ma come mercanti, attraverso lo scambio volontario per il mutuo beneficio
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La politica oggettivista
di Stefano Magni


Il capitalismo

Per capitalismo, qui in Italia, si può intendere la mera accumulazione di ricchezze da parte di un soggetto privato, pubblico o “misto”: in Italia quasi sempre i più ricchi rientrano in queste ultime due categorie.
Ben diverso è il “capitalismo” come lo intendono gli oggettivisti. Il capitalismo è qui inteso come l'unico sistema politico ed economico che permette di rispettare pienamente la norma generale della non-aggressione: è illegittimo fare uso della violenza per primi. Il sistema capitalista, infatti, essendo basato sul libero scambio fra individui e permettendo così a ciascuno di perseguire razionalmente le proprie ambizioni senza dover sottrarre nulla a nessuno, si configura come l'unico sistema sociale non-aggressivo possibile. Il primo pilastro su cui si regge il sistema capitalista è la libertà di pensiero. Una mente libera ha maggiori possibilità di essere una mente creativa, in grado di formulare nuovi progetti in tutti i campi dell'attività umana.
Il secondo pilastro su cui si regge il capitalismo è l'inviolabilità del diritto di proprietà. Solo questo permette, a chi crea qualcosa di nuovo, di godere pienamente dei frutti del suo lavoro, viverci e arricchircisi. Senza il pieno godimento dei frutti della propria opera, qualunque cosa essa sia, verrebbe a mancare gran parte dell'incentivo per intraprenderla.
Il libero imprenditore è il vero eroe della società libera, così come viene intesa dagli oggettivisti, ma ciò non deve essere letto come un auspicio a una società dominata dagli imprenditori. Non si tratta di un “superomismo” imprenditoriale. Il libero imprenditore produce beni, servizi e idee che vanno ad arricchire la società e contribuiscono al progresso dell'umanità intera, oltre a impiegare e arricchire numerosi collaboratori nella sua azienda. Senza contare che qualsiasi uomo libero che abbia buone idee (e trovi chi lo finanzi, nel caso non abbia soldi) può diventare un imprenditore. E che non occorre essere necessariamente dei Bill Gates: è imprenditore anche chi fa un sito gratuito, o chi scrive un libro con tiratura bassissima. Storicamente le società più “egualitarie” sono le società impostate su un sistema capitalista di libero mercato: è la crescita della libera impresa industriale, fra il XVIII e il XIX secolo, che ha permesso la nascita e il successivo arricchimento del “proletariato”; sono le società capitaliste di libero mercato che, nonostante la raffica di critiche che hanno subito per due secoli da socialisti, comunisti e reazionari, hanno presentato, fin dai loro albori, minori disparità sociali, maggior arricchimento diffuso a tutta la società e uno sviluppo tecnologico (che è andato sempre a migliorare la qualità generale della vita) impressionante. Si può ben affermare che, al giorno d'oggi, il cittadino medio di una società capitalista viva meglio di un nobile del periodo pre-capitalista (antecedente al XVIII secolo) e che i poveri di un'odierna società capitalista non siano minacciati dalla morte per fame e per malattia come lo era la massa imponente di poveri prima del capitalismo e nei paesi che ancora non sono capitalisti.

Stato Minimo

Il miglior modo per poter permettere uno sviluppo libero della società nella sua più vasta diversità è quello di ridurre al minimo la presenza dello Stato.
Lo Stato, reggendosi sulla tassazione coercitiva, viola, con la sua stessa esistenza, il diritto di proprietà privata. Contrariamente alla morale che adesso domina le coscienze di tutto il mondo, che tende a vedere nell'evasore fiscale una figura immorale, da un punto di vista oggettivista è la tassazione ad essere altamente immorale: è equiparabile a un'estorsione, dato che lo Stato non chiede soldi, ma li ottiene dietro minaccia di violenza. Inoltre lo Stato, dappertutto, limita la libertà di pensiero, la libertà di ricerca scientifica, la libertà di produrre, vendere e comprare ciò che si vuole. A volte anche la stessa possibilità di vivere, se non si risponde a determinati requisiti statali. Per questo, lo statalismo, qualsiasi dottrina che sostenga l'intervento dello Stato per “correggere” l'economia, la società, l'etica, è il peggior nemico della libertà individuale.
Nello stesso tempo, non si vuole negare l'indispensabilità dell'istituzione statale. Lo Stato ha anzitutto il compito di fare da terza parte, da arbitro, nel dirimere le controversie sorte fra individui e soprattutto nel garantire a ciascun individuo la difesa dei propri diritti. L'autodifesa deve essere sempre permessa al singolo individuo che intende proteggersi da un'aggressione esterna, ma l'individuo che non abbia la forza di difendere da solo i propri diritti o che non abbia la forza di farsi giustizia per il torto subito, deve poter contare su un terzo che abbia la possibilità materiale (e la disponibilità di buone risorse di violenza) di dirimere la controversia. Il problema diventa ancora più sentito se l'individuo vede i propri diritti violati da un aggressore esterno, magari militarmente organizzato. In questo caso l'autodifesa individuale diventa impossibile. Oltre al compito di difendere meglio i diritti individuali e fare da terza parte arbitrale nel dirimere le controversie interindividuali, lo Stato è solo un peso sui e una minaccia per i diritti individuali. Come fare a mantenere lo Stato entro i confini di mero “guardiano notturno”?
A questa domanda, nessuno ha potuto dare una risposta definitiva, in due secoli di liberalismo classico, come in mezzo secolo di oggettivismo. La proposta oggettivista consiste nell'eliminare la tassazione obbligatoria come ultima riforma di riduzione dell'ingerenza statale nella società. Uno Stato finanziato volontariamente sarebbe maggiormente contenuto, dato che, chi lo finanzia, chiederebbe ad esso di svolgere solo ciò che è veramente indispensabile e di svolgere solo temporaneamente altre funzioni ritenute utili. Di sicuro non avrebbe la possibilità di espandersi all'infinito.

Giustizia Internazionale

Oggi le società capitaliste di libero mercato, quali le democrazie liberali in America e in Europa e qualche fortunata realtà extra-occidentale (specialmente Israele, Giappone, Corea del Sud, Taiwan, Sud Africa, Australia, Nuova Zelanda) rappresentano il miglior mondo finora esistito da un punto di vista oggettivista: non solo maggior benessere diffuso, ma soprattutto miglior rispetto dei diritti individuali di vita, libertà e proprietà di quanto non si sia visto nel passato e di quanto non si veda tuttora negli attuali Stati tirannici non capitalisti. Per questo, la maggior attività per un oggettivista è internazionale e consiste nel premere (se non altro intellettualmente) per la liberazione dalla tirannide dei 2/3 della popolazione mondiale.
La giustizia internazionale, per un oggettivista, si fonda su un unico semplice principio: gli Stati non possiedono diritti, i diritti da difendere sono solo quelli degli individui. A essere precisi, si può ben affermare che gli Stati non esistano proprio. Uno Stato è solo un concetto astratto con cui si indica un gruppo di individui che detiene il monopolio tendenziale della violenza (chiamato governo) entro un certo confine, stabilito arbitrariamente da chi detiene tale monopolio. Ciò diventa particolarmente evidente nel momento in cui ci si addentra in uno scenario internazionale.
Gli individui hanno diritto a difendere i propri diritti da soli o delegando in tutto o in parte la loro difesa al loro governo. E' vero che nessun individuo, storicamente, abbia mai delegato spontaneamente i suoi diritti al proprio governo e che nessun governo abbia mai rispettato pienamente i diritti dei suoi “cittadini” o “sudditi”. Tuttavia ci sono dei governi (una minoranza, nel mondo) che riconoscono l'esistenza dei diritti individuali e si incaricano, pur con gravi eccezioni e limitazioni, a difenderli da qualsiasi aggressione esterna. In questo caso, il caso di un governo limitato e costituzionale, si ha una sorta di patto implicito fra governo e individui per la difesa dei loro diritti. Tali governi sono legittimi e hanno il dovere di difendere i propri cittadini/sudditi da attacchi esterni. Altri governi (la maggioranza dei governi nel mondo) non riconoscono i diritti dei propri cittadini/sudditi: non riconoscono loro il diritto di godere di una proprietà individuale e, in molti disgraziati casi, non riconoscono loro neppure il diritto a vivere, se non rispondono a determinati requisiti richiesti dal governo. Tali governi sono illegittimi, non possiedono alcun diritto o dovere e sono moralmente aperti all'invasione esterna: chiunque ha il diritto di invadere un territorio dominato da una banda di criminali, come chiunque, all'interno dei suoi confini, ha diritto di ribellarsi a un governo illegittimo, secedendo, disobbedendo anche in modo violento, o cercando direttamente di rovesciarlo.
Si ha in questo modo una visione della giustizia internazionale apparentemente sciovinista: un mondo diviso fra governi legittimi e illegittimi. Un confine netto che corre fra la civiltà e la barbarie. In realtà non si tratta affatto di una visione sciovinista del mondo, volto a conferire pieni diritti solo alla parte occidentale del globo. Si tratta del rispetto coerente e non pregiudiziale di un unico principio: la difesa dei diritti naturali degli individui. Naturalmente, se si inserisce questa visione della giustizia internazionale in una prospettiva storica, non si può che notare che solo la civiltà occidentale (e solo in tempi relativamente recenti o in alcuni felici periodi dell'antichità mediterranea) ha prodotto governi legittimi, che solo poche civiltà non occidentali hanno governi legittimi e che questi sono quasi tutti frutto di un'influenza (a volte forzata) occidentale. E non si può che notare che alcune civiltà, come quella islamica, sono particolarmente restie a darsi governi legittimi. Per questo la giustizia internazionale oggettivista può apparire sciovinista e viene anche accusata di razzismo, pur restando un sistema aperto: chiunque può instaurare un governo legittimo che rispetti i diritti naturali degli individui, indipendentemente dalla sua civiltà, razza, religione.
Altro inciso: la forma democratica o autocratica di un governo è irrilevante ai fini della giustizia internazionale. Un governo è legittimo nel momento in cui rispetta i diritti degli individui, sia esso democratico (scelto dal popolo), sia esso autocratico (autoinvestitosi del potere). Spesso, soprattutto negli ultimi 50 anni di storia, si tende a confondere la legittimità con la democrazia: è solo un fatto contingente che tutti i governi legittimi abbiano una forma democratica, un fatto dovuto all'esportazione del modello statunitense dopo la II Guerra Mondiale. In passato sono esistiti anche governi autocratici legittimi (gran parte delle monarchie costituzionali europee del XIX secolo). E' anche da notare che esistono governi democratici illegittimi, come l'Iran o l'Algeria.
Tornando a bomba: stabilito che il mondo è suddivisibile in due blocchi morali, quello dei governi legittimi e quello dei governi illegittimi, come si applica concretamente la giustizia internazionale? Solo i governi legittimi possono condurre fra loro relazioni diplomatiche, trattare accordi, stabilire alleanze. Qualsiasi azione internazionale condotta da un governo illegittimo è automaticamente illegittima essa stessa. Qualsiasi relazione amichevole intrattenuta da un governo legittimo con un governo illegittimo (che non sia un'alleanza provvisoria dettata da ragioni di sicurezza militare, come l'alleanza USA-URSS nella II Guerra Mondiale) è da considerarsi altamente immorale: sarebbe come riconoscere ufficialmente la legittimità di un serial killer. Con questo non si intende affatto dire che i governi legittimi debbano condurre una “guerra santa” per liberare il mondo dalle tirannidi. Semplicemente, la giustizia internazionale oggettivista, auspica che i governi legittimi non abbiano relazioni con i governi illegittimi, che non li riconoscano in alcun modo e che siano pronti a difendersi da essi.
Il diritto all'autodeterminazione dei popoli non è, di per sé, riconosciuto da questa visione della giustizia internazionale: la secessione è sempre legittima se è una secessione (sia essa individuale o di un intero gruppo etnico, culturale, religioso) da un governo illegittimo, in quanto viene riconosciuta quale forma di resistenza alla tirannide. Nel caso si tratti di una secessione da un governo legittimo, il diritto a secedere è condizionato dalla legittimità del nuovo governo secessionista. Se quest'ultimo dovesse essere rispettoso dei diritti individuali quanto e più del governo da cui si intende secedere, allora la secessione è perfettamente legittima. In caso contrario, il governo ha il diritto di reprimere il tentativo di secessione, anche con la forza, se necessario.

Guerra giusta: uso legittimo della forza militare.

Quando è legittimo l'uso della forza militare? Quando una guerra si può definire giusta? In primo luogo l'uso della forza militare può essere legittimo se vi ricorre un governo legittimo. Se un governo illegittimo ricorre alle armi, esso ha sempre torto: un governo illegittimo, aggredendo continuamente i suoi cittadini, è da considerarsi sempre in posizione offensiva, se non altro all'interno dei suoi confini.
Un governo può impiegare la forza militare in modo legittimo solo per difendere i diritti dei propri cittadini/sudditi o per difendere i diritti dei cittadini/sudditi di un alleato. Questi sono gli unici due casus belli che possono permettere una definizione di “guerra giusta”. E' meglio soffermarsi ora sulla definizione del diritto di difendere la vita, la libertà e la proprietà dei propri cittadini/sudditi o dei cittadini/sudditi di un alleato. Tale diritto è solo in minima parte legato alla territorialità, soprattutto in un'epoca come questa in cui le minacce sono internazionali, sia che consistano in missili puntati contro bersagli dall'altra parte del globo, sia che si tratti di regimi che ospitano e addestrano terroristi internazionali.
La legittima difesa di uno Stato, per questo, oltre a comprendere tutte quelle misure che si rendano necessarie per rendere sicure le frontiere terrestri, marittime e aeree, include anche quelle forme di intervento fuori-confine che mirino a garantire la sicurezza dello Stato stesso.
Andando più nello specifico, la sicurezza delle frontiere (anche aeree e marittime) di uno Stato è il compito prioritario dello governo, anche superiore al mantenimento dell'ordine interno. Per questo la difesa deve essere progettata e realizzata senza compromessi con altri Stati: ad esempio il trattato ABM sulle difese anti-missile era da ritenersi assolutamente immorale, come anche le limitazioni imposte a Germania e Italia nella ricostruzione delle loro forze armate.
L'intervento fuori-area è legittimo solo se è motivato dal rafforzamento della sicurezza militare. Questo intervento può essere passivo (difesa di un governo alleato da nemici interni ed esterni) o attivo (rovesciamento di un governo dichiaratamente nemico). Di fatto si tratta di una politica delle alleanze che mira ad allearsi con chi combatte una fazione che si dichiara esplicitamente nemica, indipendentemente dal fatto che l'alleato sia geograficamente lontano o vicino, che sia un governo o una fazione armata che combatte il governo al potere. Facendo degli esempi concreti: l'invio di forze americane in Europa, in Corea, nel Vietnam e nel Golfo e l'invio di aiuti americani a Israele e al Salvador, sono da considerarsi azioni legittime, in quanto motivate dalla necessità di difendere i governi europei, sudcoreano, vietnamita, israeliano e salvadoregno dall'aggressione (interna ed esterna) di un nemico dichiarato degli Stati Uniti, quale era l'Unione Sovietica, i suoi alleati e dittatori aggressivi orfani dell'URSS (come Saddam Hussein). L'intervento di Francia e Gran Bretagna contro l'Egitto di Nasser, l'invio di armi americane ai Contras, ai mujaheddin afgani, di soldi al sindacato Solidarnosc, l'invasione americana di Granada, sono anch'essi interventi legittimi, in quanto sono stati decisi per rovesciare regimi dichiaratamente nemici.
Qualsiasi intervento militare fuori confine che non sia motivato dalla sicurezza nazionale, è da ritenersi illegittimo. Ad esempio, l'intervento ONU in Somalia, l'intervento americano ad Haiti, l'invio di osservatori militari in Ruanda e in decine di altri Paesi nel mondo in missione di peace-keeping, sono da considerarsi come usi illegittimi della forza militare. Nel caso della Bosnia e del Kossovo, gli interventi militari europei erano legittimi, in quanto miravano ad arginare e poi a rovesciare un dittatore dichiaratamente ostile all'Europa occidentale e ai suoi valori. Non era legittimo l'intervento statunitense, dato che gli Stati Uniti non erano minimamente minacciati da Milosevic.
Stabilito quale possa essere l'uso legittimo della forza militare, si deve anche dire che anche il non-uso della forza militare può essere moralmente illegittimo. Non è legittima la passività dell'Intesa di fronte all'instaurazione del regime bolscevico in Russia nel 1917. Non è legittimo l'atteggiamento passivo assunto da Europa e Stati Uniti di fronte al sorgere del regime nazista fra il 1933 e il 1939. Non è legittimo l'atteggiamento passivo degli Stati Uniti di fronte all'espansione della potenza sovietica dopo la II Guerra Mondiale, come non è legittimo l'atteggiamento degli Stati Uniti e dell'Europa di fronte al sorgere di regimi integralisti islamici dal '79 a oggi.


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