IL SITO SULLA FILSOFIA DI AYN RAND |
L'epistemologia oggettivista
L’esistenza
esiste
La filosofia oggettivista poggia le sue fondamenta su una base epistemologica realista: la pietra angolare è l’assioma primario “l’esistenza esiste.”
Come
si può affermare e argomentare che l’esistenza esista, assioma che sembra più
un gioco di parole che altro? Non si può argomentare o provare o dimostrare
l’esistenza: qualsiasi percezione giunga ai nostri sensi presuppone che
“esista” un entità che colpisce i nostri sensi in quella determinata
maniera, per cui l’esistenza è implicita a qualsiasi nostra percezione, a
qualsiasi nostra esperienza. L’esistenza non può essere messa in discussione,
proprio perché noi esseri umani non abbiamo la possibilità di uscire dai suoi
confini e per questo è un primario irriducibile, un assioma. Provate, al
contrario, a tentare di staccarvi da quella che vedete come una realtà
oggettiva, a porvi in uno stato di non-esistenza e tentate di dimostrare, da un
punto di vista esterno, l’esistenza. Se mentre seguite questo esperimento
mentale la testa incomincia a girare e vedete che non state arrivando da nessuna
parte, allora vuol dire che siete d’accordo che l’esistenza sia un assioma.
Presupponendo
questo assioma, l’oggettivismo si contrappone intellettualmente
all’idealismo, alla filosofia dell’io creatore, in base alla quale sono io
che creo la realtà in cui vivo.
Posto
che l’esistenza esiste, l’uomo è un entità che si muove in una realtà
oggettiva che apprende attraverso i suoi sensi. L’uomo alla nascita è una
tabula rasa, priva di qualsiasi conoscenza e capacità: l’uomo deve tutto
all’apprendimento della realtà esterna. Il processo di apprendimento
dell’uomo avviene in tre stadi: entità, identità e unità. Prima l’uomo,
attraverso i suoi sensi, percepisce le entità, poi riesce a distinguere una
particolare entità dal resto del suo campo percettivo (identità) e infine
mette in relazione le somiglianze e le differenze fra le entità percepite (unità).
In questo modo, la mente umana incomincia a formare i primi concetti, del tipo
che se due oggetti presentano la stessa caratteristica di avere quattro bastoni
che reggono un pezzo piatto di materiale solido, essi appartengono allo stesso
gruppo di oggetti chiamato “tavolo”, diverso da un gruppo di oggetti, che
presentano caratteristiche diverse rispetto a quelle del tavolo, chiamato
“sedia”. L’uomo, per comprendere la realtà che lo circonda, non fa che
aggregare entità in base alle loro somiglianze e isolare un’entità dalle
altre in base alle sue differenze. Ciò che distingue l’uomo dalle altre forme
di vita esistenti, è proprio la sua capacità di trasformare le entità
percepite in unità e tale processo presuppone inevitabilmente che l’uomo sia
dotato di coscienza.
Al
fine di espandere la propria conoscenza al di là del proprio orizzonte
percettivo, l’uomo ricorre alla misurazione. Tramite la misurazione l’uomo
identifica quantitativamente una relazione quantitativa, per mezzo di uno
standard che viene impiegato come unità di misura. Non importa quale standard
(metri, pollici, leghe) venga scelto: ciò che è importante da notare è che le
regole matematiche applicate allo standard sono sempre le stesse e la sostanza
del processo di misurazione non cambia mai.
La
formazione di concetto non è altro che questo: individuare la somiglianza fra
due o più unità in base alla presenza in ciascuna di esse di una o più
caratteristiche identiche, presenti, però, in differenti misure. Mentalmente,
nel formare un concetto, l’uomo isola due o più unità dalle altre e le
aggrega fra loro in forza della presenza di almeno una caratteristica comune,
indipendentemente dalla misura in cui questa caratteristica è presente.
Detto
così sembra difficile, ma il concetto di cavallo, per esempio, altro non è che
quell’aggregato di unità chiamate “cavallo” con quattro gambe, una testa,
due occhi, un naso e altre caratteristiche comuni, indipendentemente dal fatto
che le gambe siano più lunghe o più corte nell’uno o nell’altro cavallo,
dalle dimensioni differenti degli occhi, dalle dimensioni della testa, dalla
forma del naso, dal colore del pelo, ecc…
E’ da tener presente, comunque, che il concetto è una generalizzazione mentale, ma non è presente nella realtà. Nella realtà tutto esiste in particolare, nulla in generale. Il concetto è solo un aggregato mentale che serve all’uomo per comprendere meglio la realtà. Esso non vive, non decide, non pensa: non esiste in natura, ma esiste solo nella mente e nel linguaggio, cioè in quell’insieme di simboli auditivi e visivi con cui viene rappresentata la realtà. Per questo l’oggettivismo si distingue radicalmente dal realismo estremo di un Platone, che vedeva nei concetti degli archetipi realmente esistenti. Nello stesso tempo l’oggettivismo si distacca anche da quella forma di nominalismo estremo in base al quale il concetto, esistendo solo nel linguaggio, varia da cultura a cultura, da individuo a individuo: come nel caso della misurazione matematica, nell’oggettivismo il concetto, sostanzialmente, non muta, anche se tradotto in vari linguaggi, dato che esso esiste anche nella mente.
Se
si integrano per similitudine più concetti in un concetto più ampio che li
comprende, si ha un processo di astrazione. In questo caso i concetti che fanno
parte dell’astrazione sono trattati mentalmente come unità, come se fossero
rappresentatitvi di una singola unità. Tale processo è, naturalmente, solo
mentale: in realtà il concetto che viene preso come unità nel processo di
astrazione, è rappresentativo di tutte le entità che presentano quelle determinate caratteristiche
comuni. Quando il nuovo e più esteso concetto è formato, esso comprende tutte
le caratteristiche delle unità che lo hanno formato: quella o quelle che, fra
di esse, sono comuni, vanno a costituire le caratteristiche distintive del nuovo
e più astratto concetto.
Definizioni
Per descrivere la natura di un’unità, il linguaggio umano impiega delle definizioni. La definizione include le caratteristiche distintive dell’unità (i differentia) e la categoria di entità dalla quale si distingue (il gene). La definizione di tavolo come “un oggetto in legno formato da quattro gambe e un piano”, per esempio, comprende i differentia principali (quattro gambe e un piano) e il gene (oggetto in legno).
Presupponendo sempre che il concetto esiste anche nella mente, oltre che nel linguaggio, la definizione non si riferisce tanto al significato della parola: una parola è solo un simbolo con cui si identifica un concetto. La definizione serve a distinguere il concetto stesso da tutti gli altri.
La definizione è una struttura aperta: è sufficientemente aperta da poter contenere tutte le successive conoscenze che andranno a formarsi su quello stesso concetto. Per cui una definizione antica, se è corretta, non deve poter essere invalidata da una definizione successiva, ma solo integrata in essa. Una definizione è falsa nel momento in cui non include caratteristiche fondamentali conosciute dell’unità che si propone di descrivere, o anche nel momento in cui contraddice ciò che si conosce di quelle caratteristiche. Se per esempio affermo: il treno è un mezzo di trasporto che non ha le ruote, la definizione è sbagliata. Se affermo anche: il treno è un mezzo di trasporto in ferro, evidenzio una caratteristica non fondamentale e ne tralascio altre fondamentali e la definizione è sbagliata ugualmente.
La verità o la falsità di tutte le conclusioni, le inferenze o le conoscenze umane, dipendono dalla verità o dalla falsità delle definizioni.
Il
processo di conoscenza
Riassumendo, il processo di conoscenza dell’uomo è fondato sul suo potere di sintesi: i concetti servono a sintetizzare realtà molto più complesse, le astrazioni di concetti sono un’ulteriore sintesi e anche le definizioni stesse sono il risultato di una cernita di caratteristiche fondamentali scelte fra un corpo molto più vasto di osservazioni.
Il processo di conoscenza, nell’oggettivismo, si basa su una realtà oggettiva osservabile, per cui questa filosofia è rigidamente empirista ed esclude qualsiasi dimensione metafisica trascendente. Qualsiasi credenza religiosa è dunque esclusa dal processo di conoscenza dell’uomo: se non propriamente atea, la filosofia oggettivista è agnostica, non prende posizione alcuna sulla religione.
La scienza sperimentale viene considerata come l’unico strumento valido per la crescita della conoscenza umana. Tuttavia, da un punto di vista oggettivista, la scienza non è mai indipendente dalla, né superiore all’epistemologia. L’epistemologia rimane sempre alla base della scienza, la precede, essendo la vera guardiana del vocabolario concettuale dell’umanità. E’ l’epistemologia che suggerisce i cambiamenti o le espansioni delle definizioni, che fissa i principi cognitivi e traccia le linee guida del metodo scientifico, protegge l’oggettività del metodo e provvede alla comunicazione fra le scienze. Questa non è una speranza espressa dagli oggettivisti: è la cruda realtà che la scienza sia preceduta dalle idee degli epistemologi, aldilà del fatto che gli scienziati vogliano ammetterlo o meno.
Libertà Oggettiva | ||||
http://www.liberta-oggettiva.cjb.net | ||||
Il sito sulla filosofia di Ayn Rand |