Il sistema politico ideale è il Capitalismo Laissez-Faire, un sistema in cui gli uomini si rapportano gli uni con gli altri non come vittime e carnefici, non come padroni e schiavi, ma come mercanti, attraverso lo scambio volontario per il mutuo beneficio
IL SITO SULLA FILSOFIA DI AYN RAND
Torna alla Home Page

L'epistemologia oggettivista



L’esistenza esiste

 

La filosofia oggettivista poggia le sue fondamenta su una base epistemologica realista: la pietra angolare è l’assioma primario “l’esistenza esiste.”

Come si può affermare e argomentare che l’esistenza esista, assioma che sembra più un gioco di parole che altro? Non si può argomentare o provare o dimostrare l’esistenza: qualsiasi percezione giunga ai nostri sensi presuppone che “esista” un entità che colpisce i nostri sensi in quella determinata maniera, per cui l’esistenza è implicita a qualsiasi nostra percezione, a qualsiasi nostra esperienza. L’esistenza non può essere messa in discussione, proprio perché noi esseri umani non abbiamo la possibilità di uscire dai suoi confini e per questo è un primario irriducibile, un assioma. Provate, al contrario, a tentare di staccarvi da quella che vedete come una realtà oggettiva, a porvi in uno stato di non-esistenza e tentate di dimostrare, da un punto di vista esterno, l’esistenza. Se mentre seguite questo esperimento mentale la testa incomincia a girare e vedete che non state arrivando da nessuna parte, allora vuol dire che siete d’accordo che l’esistenza sia un assioma.

Presupponendo questo assioma, l’oggettivismo si contrappone intellettualmente all’idealismo, alla filosofia dell’io creatore, in base alla quale sono io che creo la realtà in cui vivo.

 

Tre stadi dell’apprendimento umano

 

Posto che l’esistenza esiste, l’uomo è un entità che si muove in una realtà oggettiva che apprende attraverso i suoi sensi. L’uomo alla nascita è una tabula rasa, priva di qualsiasi conoscenza e capacità: l’uomo deve tutto all’apprendimento della realtà esterna. Il processo di apprendimento dell’uomo avviene in tre stadi: entità, identità e unità. Prima l’uomo, attraverso i suoi sensi, percepisce le entità, poi riesce a distinguere una particolare entità dal resto del suo campo percettivo (identità) e infine mette in relazione le somiglianze e le differenze fra le entità percepite (unità). In questo modo, la mente umana incomincia a formare i primi concetti, del tipo che se due oggetti presentano la stessa caratteristica di avere quattro bastoni che reggono un pezzo piatto di materiale solido, essi appartengono allo stesso gruppo di oggetti chiamato “tavolo”, diverso da un gruppo di oggetti, che presentano caratteristiche diverse rispetto a quelle del tavolo, chiamato “sedia”. L’uomo, per comprendere la realtà che lo circonda, non fa che aggregare entità in base alle loro somiglianze e isolare un’entità dalle altre in base alle sue differenze. Ciò che distingue l’uomo dalle altre forme di vita esistenti, è proprio la sua capacità di trasformare le entità percepite in unità e tale processo presuppone inevitabilmente che l’uomo sia dotato di coscienza. 

Al fine di espandere la propria conoscenza al di là del proprio orizzonte percettivo, l’uomo ricorre alla misurazione. Tramite la misurazione l’uomo identifica quantitativamente una relazione quantitativa, per mezzo di uno standard che viene impiegato come unità di misura. Non importa quale standard (metri, pollici, leghe) venga scelto: ciò che è importante da notare è che le regole matematiche applicate allo standard sono sempre le stesse e la sostanza del processo di misurazione non cambia mai.

 

La formazione dei concetti

 

La formazione di concetto non è altro che questo: individuare la somiglianza fra due o più unità in base alla presenza in ciascuna di esse di una o più caratteristiche identiche, presenti, però, in differenti misure. Mentalmente, nel formare un concetto, l’uomo isola due o più unità dalle altre e le aggrega fra loro in forza della presenza di almeno una caratteristica comune, indipendentemente dalla misura in cui questa caratteristica è presente.

Detto così sembra difficile, ma il concetto di cavallo, per esempio, altro non è che quell’aggregato di unità chiamate “cavallo” con quattro gambe, una testa, due occhi, un naso e altre caratteristiche comuni, indipendentemente dal fatto che le gambe siano più lunghe o più corte nell’uno o nell’altro cavallo, dalle dimensioni differenti degli occhi, dalle dimensioni della testa, dalla forma del naso, dal colore del pelo, ecc…

E’ da tener presente, comunque, che il concetto è una generalizzazione mentale, ma non è presente nella realtà. Nella realtà tutto esiste in particolare, nulla in generale. Il concetto è solo un aggregato mentale che serve all’uomo per comprendere meglio la realtà. Esso non vive, non decide, non pensa: non esiste in natura, ma esiste solo nella mente e nel linguaggio, cioè in quell’insieme di simboli auditivi e visivi con cui viene rappresentata la realtà. Per questo l’oggettivismo si distingue radicalmente dal realismo estremo di un Platone, che vedeva nei concetti degli archetipi realmente esistenti. Nello stesso tempo l’oggettivismo si distacca anche da quella forma di nominalismo estremo in base al quale il concetto, esistendo solo nel linguaggio, varia da cultura a cultura, da individuo a individuo: come nel caso della misurazione matematica, nell’oggettivismo il concetto, sostanzialmente, non muta, anche se tradotto in vari linguaggi, dato che esso esiste anche nella mente.

Se si integrano per similitudine più concetti in un concetto più ampio che li comprende, si ha un processo di astrazione. In questo caso i concetti che fanno parte dell’astrazione sono trattati mentalmente come unità, come se fossero rappresentatitvi di una singola unità. Tale processo è, naturalmente, solo mentale: in realtà il concetto che viene preso come unità nel processo di astrazione, è rappresentativo di tutte le entità che presentano quelle determinate caratteristiche comuni. Quando il nuovo e più esteso concetto è formato, esso comprende tutte le caratteristiche delle unità che lo hanno formato: quella o quelle che, fra di esse, sono comuni, vanno a costituire le caratteristiche distintive del nuovo e più astratto concetto.

 

Definizioni

 

Per descrivere la natura di un’unità, il linguaggio umano impiega delle definizioni. La definizione include le caratteristiche distintive dell’unità (i differentia) e la categoria di entità dalla quale si distingue (il gene). La definizione di tavolo come “un oggetto in legno formato da quattro gambe e un piano”, per esempio, comprende i differentia principali (quattro gambe e un piano) e il gene (oggetto in legno).

Presupponendo sempre che il concetto esiste anche nella mente, oltre che nel linguaggio, la definizione non si riferisce tanto al significato della parola: una parola è solo un simbolo con cui si identifica un concetto. La definizione serve a distinguere il concetto stesso da tutti gli altri.

La definizione è una struttura aperta: è sufficientemente aperta da poter contenere tutte le successive conoscenze che andranno a formarsi su quello stesso concetto. Per cui una definizione antica, se è corretta, non deve poter essere invalidata da una definizione successiva, ma solo integrata in essa. Una definizione è falsa nel momento in cui non include caratteristiche fondamentali conosciute dell’unità che si propone di descrivere, o anche nel momento in cui contraddice ciò che si conosce di quelle caratteristiche. Se per esempio affermo: il treno è un mezzo di trasporto che non ha le ruote, la definizione è sbagliata. Se affermo anche: il treno è un mezzo di trasporto in ferro, evidenzio una caratteristica non fondamentale e ne tralascio altre fondamentali e la definizione è sbagliata ugualmente.

La verità o la falsità di tutte le conclusioni, le inferenze o le conoscenze umane, dipendono dalla verità o dalla falsità delle definizioni.

 

Il processo di conoscenza

 

Riassumendo, il processo di conoscenza dell’uomo è fondato sul suo potere di sintesi: i concetti servono a sintetizzare realtà molto più complesse, le astrazioni di concetti sono un’ulteriore sintesi e anche le definizioni stesse sono il risultato di una cernita di caratteristiche fondamentali scelte fra un corpo molto più vasto di osservazioni.

Il processo di conoscenza, nell’oggettivismo, si basa su una realtà oggettiva osservabile, per cui questa filosofia è rigidamente empirista ed esclude qualsiasi dimensione metafisica trascendente. Qualsiasi credenza religiosa è dunque esclusa dal processo di conoscenza dell’uomo: se non propriamente atea, la filosofia oggettivista è agnostica, non prende posizione alcuna sulla religione.

La scienza sperimentale viene considerata come l’unico strumento valido per la crescita della conoscenza umana. Tuttavia, da un punto di vista oggettivista, la scienza non è mai indipendente dalla, né superiore all’epistemologia. L’epistemologia rimane sempre alla base della scienza, la precede, essendo la vera guardiana del vocabolario concettuale dell’umanità. E’ l’epistemologia che suggerisce i cambiamenti o le espansioni delle definizioni, che fissa i principi cognitivi e traccia le linee guida del metodo scientifico, protegge l’oggettività del metodo e provvede alla comunicazione fra le scienze. Questa non è una speranza espressa dagli oggettivisti: è la cruda realtà che la scienza sia preceduta dalle idee degli epistemologi, aldilà del fatto che gli scienziati vogliano ammetterlo o meno.

 

indietro


Torna alla Home Page


Libertà Oggettiva
http://www.liberta-oggettiva.cjb.net
Il sito sulla filosofia di Ayn Rand