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Speciale: Perché la Old Europe non combatte?
L'Europa è una base degli integralisti


C’è un motivo fondamentale per cui l’Europa non combatte con tenacia l’integralismo islamico. L’Europa sta diventando una delle basi principali degli integralisti. Lo aveva affermato la grande giornalista e romanziera Oriana Fallaci, alla vigilia della guerra in Iraq. Non aveva tutti i torti.

Un inquietante reportage del giornalista di origine egiziana Magdi Allam, pubblicato sul Corriere della Sera del 10 settembre, mostra come i nuovi quadri di Al Qaeda siano soprattutto costituiti da Europei, nati in Europa e convertitisi all’Islam. In Gran Bretagna militano 3000 terroristi di Al Qaeda. In Francia 2000. Negli altri Paesi europei le cifre non si discostano troppo. In Italia, Milano è diventata uno dei fari del fondamentalismo islamico. Il bacino demografico di appoggio di questi nuclei terroristici è tuttora non censito, ma prevedibilmente è diffuso nelle masse di immigrati magrebini e mediorientali che caratterizzano le periferie di tutte le grandi città europee. Oltre a certi ambienti della sinistra comunista, che nell’Islam vedono ora il loro alleato fondamentale nella lotta all’“imperialismo”.

La presenza massiccia di radicali islamici in Europa ha già incominciato a condizionare pesantemente la politica estera di molti Stati. Un giornalista francese, nei giorni della crisi del Golfo, mi aveva confidato che Chirac stava temendo lo scoppio di un nuovo Libano nel cuore della Francia. Il Belgio si oppose, assieme alla Francia, all’intervento statunitense in Iraq. La paura, anche in questo caso, deve aver giocato un ruolo fondamentale nella scelta del governo. In Belgio, nel 2002, scoppiò una guerriglia urbana ad Anversa fra la polizia belga e la polizia privata di un embrione di Stato islamico parallelo. Letteralmente un esempio di libanizzazione in Europa. I radicali islamici, membri della Lega Araba Europea, stavano formando delle Zone Islamiche Progressive e si dovette ricorrere alla forza dei manganelli per bloccare il processo in corso. In Germania stanno relativamente meglio, ma solo perché i Turchi e le loro moschee sono strettamente controllate dalle autorità della Turchia, laica, democratica e atlantista. Quanto potrà durare questa pace tedesca? Intanto ricordiamo che l’11 settembre fu pianificato anche in Germania e che molte “cellule dagli occhi azzurri” di Al Qaeda provengono da lì. Quanto potrà durare, poi, il laicismo e la democrazia in Turchia? Tutto da vedere.

Come è stato possibile che l’Europa si sia tirata il nemico in casa? Come è possibile che da isba felice assediata dai lupi, l’Europa stia diventando essa stessa la principale tana dei lupi?

Spesso la crescita del radicalismo islamico nel Vecchio Continente è attribuita alla crescita della presenza di immigrati magrebini e mediorientali. E’ una tesi sostenuta soprattutto dalla destra conservatrice in tutta Europa. La soluzione proposta? Bloccare l’immigrazione. Coloro che sostengono questa tesi non hanno tutti i torti, ma la loro risposta, purtroppo, è da considerarsi troppo semplicistica. La Svizzera è un Paese che protegge molto bene le sue frontiere, ma non ha impedito all’organizzazione integralista dei Fratelli Musulmani (la stessa che in Palestina si chiama Hamas, tanto per intenderci), di radicarsi nel suo territorio e soprattutto nelle sue banche. L’esperienza della frontiera orientale europea (quella con l’ex Urss) insegna che bloccando l’immigrazione, si crea un filtro che blocca i lavoratori onesti e lascia passare solo i malavitosi. Perché i primi sono individui singoli, i secondi sono protetti da organizzazioni maggiormente in grado di oliare e superare qualsiasi sistema di sorveglianza. In Europa, Italia compresa, a organizzare gli immigrati, a trattare con lo Stato, a scegliere gli imam e a costruire moschee, sono soprattutto le organizzazioni radicali islamiche, Fratelli Musulmani per primi. I musulmani moderati che sono (speriamo ancora) la maggioranza della popolazione magrebina  e mediorientale in Europa, non hanno voce in capitolo.

E ancora: perché?

Per capire quello che accade in Europa, forse è bene prendere esempio dal Paese che l’immigrazione massiccia la conosce da più tempo: gli Stati Uniti. Perché negli Stati Uniti si è creato un pacifico melting pot di razze fino agli anni ’50 di questo secolo e poi la situazione è degenerata in lotta fra bande e lotta fra etnie? La risposta sembra difficile, ma è abbastanza ovvia: prima degli anni ’50 le leggi erano uguali per tutti, dopo gli anni ’50 no. Prima degli anni ’50 l’immigrato poteva cercare lavoro come tutti gli altri, integrarsi in una società caratterizzata da un mercato completamente libero. Discriminazioni ve n’erano, ma dipendevano da scelte personali di singoli imprenditori e non dal sistema. Negli Stati Uniti pre-Kennedy e soprattutto pre-Roosevelt, non esisteva il problema etnico-razziale. La stessa criminalità registrava tassi più bassi di quelli odierni. Non vi era una criminalità organizzata così potente com’è adesso. Non c’erano, poi, problemi di integrazione razziale come si registrano negli ultimi decenni. Con la scusa che la mentalità prevalente in alcune regioni degli Stati Uniti era razzista, i presidenti americani, almeno da Kennedy in poi, hanno imposto nuove leggi “anti-discriminazione”, in cui i cittadini americani di colore non erano più tante cittadini americani, quanto cittadini di colore. E per il colore della loro pelle, godevano di un trattamento diverso, apparentemente privilegiato: sussidi, assunzioni, precedenza nell’avvantaggiarsi del welfare state. La mentalità “anti-discriminatoria”, in realtà ha dato il via alla lotta fra etnie, dalla guerriglia nei quartieri malfamati, alle lotte fra lobby su base etnica in cerca di privilegi presso lo Stato Federale. In primo luogo, perché il concetto di discriminazione e anti-discriminazione è stato concepito su misura dei diritti dei gruppi etnici e non dei diritti individuali. I gruppi, dalla tribù tradizionale, all’etnia di origine, hanno ricominciato ad essere gli attori principali della vita sociale. I capi tradizionali (anche religiosi) dei gruppi hanno incominciato a riacquistare importanza. Nuovi tiranni sono sorti e hanno lottato fra loro per il dominio della loro gente. La diffusione, anche a livello accademico, di una filosofia relativista nella morale e comunitarista in politica, secondo la quale tutte le leggi e i sistemi sociali sono moralmente equivalenti e ugualmente accettabili, ha completato l’opera. Antiche leggi tribali e religiose sono tornate in vigore, parallele al diritto statunitense, all’interno dei rispettivi gruppi. L’integralismo islamico, negli Stati Uniti, ha incominciato ad allignare nelle comunità nere e islamiche, seriamente solo negli anni ’90, non prima.

In Europa la situazione è simile, con la differenza che da noi non vi è mai stato un pacifico melting pot fra razze nel nostro passato e che la lotta di tipo etnico appare già molto più minacciosa rispetto a quella che è osservabile dall’altra parte dell’Oceano. Negli Stati Uniti il potere è più disperso e molti gruppi si fanno semplicemente i loro affari senza chieder nulla a nessuno. In Europa, l’integrazione degli immigrati passa sempre sotto la smania pianificatrice dello Stato: per costruire scuole, templi, moschee, aprire negozi caratteristici della propria cultura, per qualsiasi cosa, insomma, ci vuole la patente statale. In tutta Europa non vi è una vera libera istruzione, giacché l’unica vera scuola è quella statale, con la “fastidiosa” concorrenza di qualche scuola confessionale, che deve essere comunque riconosciuta dallo Stato. In Europa lo Stato è laicizzato o è confessional-laicizzato, il che vuol dire che per costruire un luogo di culto ed esercitare il proprio culto, in qualche modo si deve ottenere il permesso statale. In Europa non c’è un mercato di aziende libere di assumere alle condizioni dettate dai contratti fra le parti, perché tutto il mercato del lavoro è irreggimentato in una miriade di leggi che regolano qualsiasi aspetto della vita aziendale. A cosa porta tutto questo? Porta al fatto che, in Europa i gruppi di immigrati, per avere una posizione contrattuale forte con lo Stato, devono costituirsi in lobby, in gruppo, in gang, se necessario. E’ il paradiso dei gruppi più violenti, privi di scrupoli, gli unici che dispongono delle spalle larghe e del pelo sullo stomaco necessari a dominare la “loro” gente, a danno dei moderati. E’ una condizione peggiore di quella che si osserva negli Stati Uniti odierni. Perché è l’opposto di un libero mercato, l’unico sistema economico in grado di favorire un pacifico melting pot di razze, in cui contano solo l’individuo e le sue scelte e non la sua razza o religione di appartenenza. E quindi non stupiamoci se poi l’integralismo islamico prevale nel Vecchio Continente.


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