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I beneamati sequestratori della Corea del Nord
Con un gesto di grande
magnanimità e di profonda umanità, Kim Jong-Il, il “presidente beneamato” della
Corea del Nord, ha permesso a 5 cittadini giapponesi, rapiti dall’esercito
nordcoreano nel 1978, di ritornare in patria. Solo per un paio di settimane,
però: i loro figli sono tenuti in ostaggio dalla polizia nordcoreana e in caso
di ritardi sgraditi è anche possibile che spariscano.
I racconti che stanno saltando nuovamente fuori, sono da film del terrore:
coppiette rapite dagli incursori della marina nordcoreana mentre erano al
ristorante, gente sparita mentre faceva il bagno, una bambina prelevata di peso
mentre tornava a casa dalla palestra. Tutte persone morte nella Corea del Nord o
riapparse al mondo dopo 24 anni, con il corpo dimagrito, il cervello lavato
dalla propaganda comunista, la bandiera nordcoreana appesa con falso orgoglio
all’occhiello. E la loro ricomparsa al mondo sarà solo una breve licenza di 15
giorni. Sono i più fortunati: i loro 8 concittadini rapiti su ordine del regime
di Pyongjang sono morti in circostanze tuttora ignote. Di sicuro sono molto più
fortunati di centinaia di migliaia di nordcoreani, costretti ai lavori forzati
in condizioni inumane, usati come bersagli mobili nelle manovre militari o come
cavie umane in esperimenti scientifici. Non occorre abitare in un Paese
comunista per vivere nel terrore: anche chi ha la sfortuna di essere nato in una
parte del mondo libero, confinante con uno di questi “paradisi del
proletariato”, non può permettersi di dormire sonni tranquilli. Ayn Rand, ne “Le
radici della guerra” sosteneva senza dubbio che “un regime che non riconosce i
diritti individuali, non li riconosce da nessuna parte. Non riconosce nemmeno i
diritti delle nazioni, che non sono altro che insiemi di individui.” Un regime
fanatico, convinto di essere il detentore di una verità assoluta, che non
riconosce neppure l’esistenza di individui senzienti, che usa le persone come
meri strumenti per la realizzazione dei suoi fini, non può limitarsi a
calpestare i diritti dei propri cittadini. Un regime di questo genere non ha il
minimo rispetto per nazioni e popoli altrui. “Servono persone che sappiano
insegnare la lingua giapponese alle nostre spie? Cosa ci vuole? Basta
un’incursione in Giappone e si recuperano un po’ di campioni di popolazione
locale, da usare come se fossero oggetti.” Questo è il modo di ragionare di un
regime comunista.
E di fronte allo strazio di cinque sopravvissuti all’orrore totalitario coreano,
a cui viene permesso di rivedere il proprio Paese e i propri cari, a cui si
permette di annusare (ma non toccare) la libertà perduta per sole due settimane,
di fronte al caso di prigionieri innocenti che non possono nemmeno godersi in
pace la loro piccola ora d’aria, come reagiscono gli intellettuali occidentali?
Come sempre. “Si consideri la rapida soppressione (da parte di Bush, ndr)
di un progetto, lungi dall’essere realizzato dal presidente sudcoreano Kim
Dae-Jung, per una distensione duratura con la Corea del Nord, inclusa una
significativa riduzione del programma nucleare nord-coreano. Sfortunatamente
questo progetto, teso a stimolare un atteggiamento più positivo del governo
della Corea del Nord, non era compatibile con la fiducia dell’amministrazione
Bush nel deterrente militare, né serviva a giustificare il suo programma per lo
scudo anti-missile.” Sostengono il professor Moravcsik (Harvard)
e il suo collega Legro (Carolina). L’idea, non solo loro, è sempre quella: la
colpa è di Bush, che ostacola la coesistenza pacifica della Corea del Nord con i
suoi vicini. Ma quanto rispetto, quanto tatto, quanta fiducia vengono riposti in
una banda di criminali che tiene in ostaggio e affama un intero popolo, rapisce
e ammazza privati cittadini in tutto il mondo, vende armi di distruzione di
massa a chi dimostra di volerle usare contro popoli inermi! Naturalmente guai a
definire il regime nordcoreano come una “banda di criminali”. Ora gli
intellettuali strillano in modo unanime per protestare, non perché questi
assassini sono ancora al potere, bensì contro Bush. Perché Bush manca loro di
rispetto, inserendoli nella sua lista dei regimi definiti “Asse del male”.
L’ultimo intellettuale che ha definito in pubblico il dittatore nordcoreano per
quello che in realtà è, un serial-killer dei peggiori, è stato il professor
Rummel; per questo è stato definito “scorretto”, “rozzo” e quant’altro.
La visione del mondo di questi intellettuali è chiara e si riflette chiaramente
su buona parte dell’opinione pubblica: “Soprattutto mi da fastidio il modo in
cui Bush e la sua amministrazione dividono il mondo in buoni e cattivi…”, dice
sdegnato un ascoltatore di RadioTre al telefono, nel commentare le notizie del
giorno “…è una visione del mondo manichea senza senso. Per fortuna ci sono tanti
cittadini maturi e istruiti che capiscono che non ci sono buoni e cattivi nel
mondo.” Per fortuna, invece, esiste ancora tanta gente rozza e ignorante, come
chi scrive su questo sito.
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