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Speciale: Perché la Old Europe non combatte?
L'arroganza di una cultura suicida


Se si vuole vincere una guerra serve almeno conoscere due cose: sapere contro chi si combatte e sapere per cosa, per quali valori si sta combattendo. E soprattutto sapere che siamo in guerra.

In tutta Europa, non solo nelle cancellerie, non solo nei media, ma anche presso la gente più istruita, tuttora non c’è la consapevolezza che si sta combattendo una guerra contro il terrorismo. E quelli che questa consapevolezza ce l’hanno, raramente conoscono il nemico contro cui si combatte e ancor più raramente si identificano nei valori in base ai quali questa guerra andrebbe combattuta. La situazione è particolarmente peggiorata negli ultimi due anni: due anni di campagne politiche e civili contro l’intervento statunitense nel Golfo, contro la guerra combattuta da Israele per difendersi dall’aggressione araba che si sono tradotti in un’ondata di isteria anti-americana e anti-israeliana.

Andando in giro a parlare con gente di cultura medio-alta, alla domanda “cosa ne pensi della nostra guerra contro il terrorismo”, la risposta solitamente è un’altra domanda, che può essere: “ah, siamo in guerra?”. Quelli più critici ti dicono che solo gli Stati Uniti e Israele sono in guerra con il terrorismo. Implicitamente o esplicitamente ti suggeriscono che sono gli Americani e gli Israeliani che hanno voluto questa guerra e cercano, riuscendoci o meno, di trascinare l’Europa con loro. Quelli che si ritengono più consapevoli e preoccupati per il terrorismo, il più delle volte ti propinano discorsoni sulla fame nel mondo, in cui si riversano tutte le colpe sugli Stati Uniti, sull’occidente in generale e su Israele in particolare. Saremmo “noi” i colpevoli della fame del mondo, saremmo “noi” gli aggressori, per cui è naturale che “per disperazione” nascano dei terroristi che si immolano assieme ai loro nemici. Al massimo, la stessa gente che fa questi discorsi, arriva a dire che Osama Bin Laden (che non riesce ad essere simpatico a nessuno) è un ricco sfruttatore di questa disperazione, ma solo per aggiungere che è un amico di Bush, anzi un parente di Bush, o comunque un petroliere come lui, in affari con la sua famiglia, creato dagli Americani. Quindi siamo alle solite: la colpa è degli Usa, dell’occidente, di Israele…

Ma veniamo ora al terzo livello di incomprensione, che riguarda anche persone “di destra” che non credono alla tesi del terrorismo “della disperazione”, che sanno che il terrorismo è motivato da un’ideologia che vuole la nostra distruzione. Gente che si trova fra gli elettori degli schieramenti di centro-destra, anche in mailing list liberali. Ebbene, la maggioranza di questa gente non sa rispondere alla domanda “perché combattiamo?” che è fondamentale, non tanto per vincere, ma anche solo per combattere una guerra. Non sanno rispondere, perché non credono che l’occidente abbia dei valori da difendere. La tesi dominante è che “il nostro sistema, le nostre leggi, la nostra morale, il nostro individualismo, sono solo nostri, non universalizzabili, comunque non migliori di altri sistemi”. Nessuno può parlare seriamente e apertamente (e senza chiedere scusa, se gli dovesse scappare) della superiorità della nostra civiltà, l’unica in grado di moltiplicare il benessere, l’unica in grado di permettere a ciascuno di vivere in base alle proprie idee, l’unica in grado di permettere a ciascuno di scegliere e sostituire i propri rappresentanti al governo. Di conseguenza, nessuno può battersi seriamente per essa. La tesi anticapitalista che sostiene “il nostro è il sistema più malvagio” per poi predicare il collettivismo e la dittatura, è talmente entrata nelle nostre menti da costringere al silenzio e all’autocritica anche chi il capitalismo non lo rigetta. Chi, tutto sommato, si trova bene nel nostro sistema politico ed economico. Forse settant’anni di guerra civile europea fra liberali e totalitari di destra e sinistra, ci hanno insegnato a tacere, o direttamente a non credere più in niente.  Ma ciò che dà più fastidio di questo nichilismo imperante è la sua arroganza, cosa che deriva, probabilmente, dal fatto che il suddetto nichilismo è ormai la mentalità dominante nell’insegnamento e nella stampa, per cui più vi aderisci, più sei premiato dalla società, in termini di successo, ascolto, accettazione delle tue tesi. I media, le scuole, le università, tutti gli ambienti di lavoro umanistici e non, sono pieni di piccoli nichilisti arroganti, che fanno gli occhi al cielo quando appena accenni a parole come “valori”, “morale”, “diritti”, o semplicemente “libertà”, di gente che usa e abusa di argomenti per intimidazione, di quelli che incominciano con “ma non mi dire che tu credi a…” e che ammazzano sul nascere qualsiasi forma di dialogo. Un nichilismo conformista che si trasforma in vero e proprio razzismo, nel momento in cui si confronta con i valori sostenuti dagli Americani e in particolar modo dai conservatori alla Bush, che nei valori universali dell’individualismo credono veramente. Qualsiasi cosa, qualsiasi piccolo episodio, è portato ad esempio per dimostrare la stupidità degli Americani, il loro essere mentecatti. A un ingegnere scappa la domanda “parli lo svizzero”? Gli Americani sono ignoranti! Un tecnico della CNN sbaglia a disegnare una mappa e il nome “Svizzera” appare sulla Repubblica Ceca? Madonna! Chi staranno bombardando adesso quei grezzoni, se non sanno nemmeno disegnare una carta dell’Europa?! Perfino nella tragedia si trova la scusa per insultare gli Americani: una signora, presa dal panico nelle Torri Gemelle appena colpite chiede per telefono se può aprire la finestra perché c’è troppo fumo? E da più parti si è levato il commento: tipico degli Americani, che sono dei coglioni e non pensano con la loro testa! E così via, in un’escalation di razzismo culturale, alla base del quale c’è un pregiudizio fondamentale: gli Americani sono “bambini stupidi”, che non conoscono gli arcana della politica, che si battono nel nome di valori che esistono solo nel “mondo dei Minipony” e forse neanche lì, che si fanno abbindolare da pochi petrolieri che fanno solo i loro interessi.  Sì, perché il nichilista europeo medio crede che gli Stati Uniti siano una corrotta dittatura delle lobby ebraiche e petrolifere. Non crede che il governo americano muova le truppe per difendere la libertà o anche solo la sicurezza del proprio popolo, su richiesta del suo stesso elettorato. Perché è convinto che gli affari sporchi dei suoi governanti, corrotti, europei, siano il vero motore dell’umanità. Che tutto funzioni così. Anche perché, come i nichilisti ci insegnano, “la morale non esiste”, al massimo esistono “punti di vista soggettivi” e soprattutto “pretese soggettive”. Quindi “vince il più forte” e soprattutto “è il vincitore che fa le leggi e poi scrive la storia”. E poi avanti con il revival nostalgico dei “cari statisti”, dei Metternich, dei Bismarck, degli equilibri di potenza, dei diplomatici autoritari che facevano doppi-tripli-quadrupli giochi sulla pelle dei loro popoli, dei cancellieri con le mani grondanti di sangue che, per risolvere qualsiasi problema, non facevano altro che mandare a morire migliaia di uomini per preservare vere e proprie prigioni di popoli, quali i loro Paesi erano. E’ l’amore masochista del suddito verso il suo re e carnefice, che domina nella Old Europe. Una Old Europe che non merita di sopravvivere: culturalmente e moralmente è già morta.


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