Le aberrazioni del politically correct: La difesa di Israele è “incitazione
all’Odio”.
E’ di ieri la notizia che Google, nel suo lavoro di classificazione dei siti web
mondiali, abbia classificato le pagine del Prodos’ institute dedicate alla
difesa di Israele (www.israelcampaing.org) tra i siti di “incitazione all’odio
religioso”.
I motivi di tale classificazione, esposti al pubblico ludibrio sulle pagine di
Google, affermano che gli oggettivisti incitano all’odio perché “chiedono che
Israele rifiuti permanentemente la formazione di uno stato a palestinese, e che
estenda il conflitto armato a tutte le regioni vicine che pensa possano
costituire una reale o potenziale minaccia”.
Prima di tutto la descrizione del contenuto non è esatta: gli oggettivisti non
rifiutano “permanentemente” uno stato palestinese.
Lo rifiutano in queste condizioni, con questa dirigenza e con il rischio che
questo stato resti una base sicura per i terroristi, che sarebbero per di più
coperti da una sovranità nazionale.
Se i palestinesi fossero un popolo pacifico, che avesse dei capi non compromessi
con il terrorismo e che volesse darsi delle istituzioni democratiche per vivere
in pace senza attentare quotidianamente alla sicurezza di Israele, noi
oggettivisti (con la maggioranza degli israeliani) saremmo ben felici di vedere
sorgere uno stato palestinese.
Ma al momento la formazione di uno stato gestito da Arafat sarebbe solo
l’ennesima copertura ai terroristi e l’ennesimo problema per gli israeliani, che
vorrebbero solo vivere in pace.
Detto questo, ci chiediamo: anche se fosse?
Essere contrari a uno stato palestinese vuol dire incitare all’odio?
I Turchi sono contrari alla creazione di uno stato curdo, i Russi sono contrari
alla creazione di uno stato ceceno. E allora?
I loro presidenti quando espongono queste posizioni incitano all’odio o
esprimono una valutazione politica, per quanto discutibile?
Se anche noi ci ponessimo (ma non lo facciamo) su posizioni di questo tipo, non
faremmo altro che dire quello che Putin ed Ecevit ripetono da anni, senza
ricevere accuse infamanti come quelle che vengono rivolte a noi per le nostre
posizioni sul conflitto israelo-palestinese.
Google ci accusa di chiedere a Israele di estendere il conflitto armato a tutti
i paesi vicini che pensa che costituiscano una minaccia per la sua sicurezza.
E’ vero.
E ci mancherebbe altro.
Noi diciamo chiaramente che chiunque, indipendentemente dalla sua razza,
religione, ed estrazione sociale, ha il diritto di difendersi in qualsiasi modo
da un’aggressione.
Il terrorismo è sicuramente un’aggressione agli israeliani, ed è loro diritto
sacrosanto cercare in tutti i modi possibili di mettere fine a queste
aggressioni.
Tentate per anni le vie diplomatiche e politiche, purtroppo si rende necessaria
la forza, contro i terroristi e contro gli stati e le organizzazioni che li
proteggono, li armano e danno loro i fondi per continuare le loro attività.
L’autodifesa è un diritto che non si nega a nessuno.
Israele, in fondo, sta facendo in Palestina quello che gli Usa hanno fatto in
Afghanistan, e cioè sono andati a prendere i terroristi dove erano e stanno
tentando di smantellare gli apparati statali che li proteggono.
E’ autodifesa, e il diritto di autodifesa dovrebbe essere garantito a tutti.
Ma stranamente secondo tante
anime belle chi difende i diritti degli israeliani incita all’odio razziale.
Se il caso di Google, comunque, fosse un caso isolato non ce ne preoccuperemmo,e
lo prenderemmo solo per una valutazione superficiale e politicamente analfabeta
di un redattore di un sito Web.
Recentemente, però, sembra che l’accusa di incitazione all’odio stia diventando
funestamente di moda, e che, a farne le spese, sia chiunque cerchi di raccontare
una visione non troppo politically correct degli avvenimenti politici.
Pochi giorni fa, infatti, è stata fermata alla frontiera canadese la rivista “In
moral defense of Israel” dell’Ayn Rand Institute, ed è stata trattenuta per tre
giorni per “accertamenti”, solo in base al titolo.
In Francia, “La rabbia e l’orgoglio” di Oriana Fallaci sta passando dai
tribunali, e potrebbe essere ritirato dal commercio.
Sempre in Francia, un scrittore è stato prosciolto pochi giorni fa dalla stessa
accusa, che gli era stata lanciata da alcuni gruppi islamici per aver descritto
in un suo libro degli attentati molto simili a quelli di Bali. Una settimana
dopo che i fatti che tutti sappiamo si sono verificati, il giudice probabilmente
non se l’è sentita di giudicare “inverosimile ed offensivo” lo scenario
descritto dallo scrittore. Ma non possiamo sapere come sarebbero andate le cose
se gli attentati non ci fossero stati.
Guglielmo Ginnini, fondatore dell’”Uomo Qualunque”, diceva spesso di conoscere
due tipi di fascismo: il fascismo e l’antifascismo.
Direi, parafrasandolo, che anche noi stiamo scontando sulla nostra pelle
l’esistenza di due tipi di razzismo: il razzismo e l’antirazzismo.
Si spera solo che, nelle compiute e liberali democrazie occidentali, non prenda
il potere l’ennesima dittatura.
Quella del politically correct.
Noterete facilmente che, tra i gruppi di “Odio”, non compaiono i siti di nessuna
organizzazione terroristica islamica, come, ad esempio Hamas, e che, nelle
pagine riguardanti il terrorismo, tutte le pagine dedicate ad organizzazioni
islamiche sono pagine occidentali di studio del fenomeno.
Forse ai recensori di Google pareva antipatico permettere al pubblico di leggere
le farneticazioni che si leggono nei siti vicini a queste organizzazioni.
Forse anche perché, facendo un confronto, i lettori avrebbero potuto capire
cos’è, veramente, un sito di propaganda all’odio.