11' 09'' 01 - 11 settembre 2001.
Una morale di pessimo gusto
Reduce della visione di
“11’09’’01- 11settembre 2001” , mi devo dichiarare quantomeno perplesso.
Il film era stato presentato come una raccolta di undici pezzi, della durata di
undici minuti e nove secondi, firmati da undici registi diversi, in ricordo
della strage dell’11 settembre.
In pratica, invece, la prima impressione è quella di uno squallido polpettone
antiamericano, in cui sono stati in quadrati i contributi di undici registi con
orientamenti che vanno dal no-global di Sean Penn al veterocomunismo di Ken
Loach, passando per la squallida propaganda araba dell’egiziano Youssef Chahine.
A parte che per qualche episodio innocente e tutto sommato carino, come quello
di Amos Gitai, su una giornalista che chiede la diretta per un attentato a Tel
Aviv mentre arriva la notizia degli attentati a New York, o quello di Danis
Tanovic, che ricorda il massacro di Srebrenica, si fa uso del peggior repertorio
pacifista e anticapitalista che si possa pensare di raccattare con un serio
impegno e una certa esperienza nella disinformazione.
Indegno l’episodio di Chahine. Il protagonista è un regista che, dopo essere
stato minacciato da un poliziotto americano per aver osato filmare le torri
gemelle senza autorizzazione, (!) incontra il fantasma di un marine americano
morto nell’attentato alle forze Onu a Beirut nel 1983.
Al marine il regista rinfaccia tutti i morti fatti da tutte le guerre compiute
dagli Usa, chiedendone ragione. Il marine, ovviamente, risponde con la
prontezza di un malato di alzheimer, e tutto l’episodio è un crescendo di accuse
all’America a cui nessuno risponde.
Geniale l’esposizione dei dati da parte del regista: 1200000 morti nella guerra
in Iraq (forse ha contato anche gli ottantenni morti d’infarto nei dieci anni
dopo..), 400000 in Vietnam (compresi, forse, quelli fatti dai nordvietnamiti
durante il loro regime.) e amenità simili.
La teoria che sta sotto gli attacchi terroristici è disarmante. Visto che
l’America è un paese democratico, i governanti hanno fatto tutto quello che
hanno fatto su mandato del popolo. Quindi tutti i cittadini sono responsabili
dei crimini commessi dai governi americani.
Mi verrebbe da chiedere che colpa possono avere i bambini, quelli che hanno
votato l’opposizione, o i pacifisti americani, ma i miei dubbi nulla possono di
fronte all’implacabile logica musulmana.
Sconcertante anche l’episodio di Sean Penn.
Un vecchio povero, brutto, grasso e viscido, interpretato genialmente da Ernest
Borgnine, vive in assoluta povertà in uno squallidissimo appartamento all’ombra
delle torri gemelle.
In quell’appartamento è sempre buio, perchè le torri fanno ombra e non
permettono alla luce di arrivare ai poveri fiori del vecchio, che sono appassiti
da anni.
Nel momento in cui le torri crollano, il vecchio si sveglia felice, il suo
appartamento è al sole, e i fiori rifioriscono.
Ci si potrebbero porre molti dubbi volgari: il vecchio non avrebbe potuto
vendere l’appartamento sotto le torri gemelle (che dovrebbe valere una
fortuna..) e comprasi una villetta nel Queens? Come fa un uomo a dormire a tre
isolati dalle torri e non essere svegliato dal rumore del crollo? E soprattutto,
come fanno dei fiori a sopravvivere al buio per anni?
Ma il problema serio non è il bisogno disperato di lezioni di botanica e di
economia che esibisce Sean Penn, ma la becera morale anticapitalista che si
evince dal film.
I poveri appassiscono al buio del capitalismo e dei suoi simboli, e il crollo di
questi porta nuove speranze….
Se lo dice lui…
A dir poco allucinante l’episodio di Ken Loach. L’istinto di rimuoverlo dalla
memoria è controbilanciato solo dallo schifo di sapere che, a Venezia, è stato
applauditissimo.
Nell’episodio un esule Cileno, ex attivista comunista, parla dal suo esilio di
Londra, ricordando i “bei tempi di Allende” e descrivendo in modo apocalittico i
giorni del golpe che ha portato al potere Pinochet.
La descrizione del periodo sotto Allende è degna di un film di Eisenstein, ma
meno intelligente e sicuramente altrettanto datata.
Il governo comunista è descritto come appoggiato dalla stragrande maggioranza
della popolazione, e si descrive il Cile comunista come un luogo in cui tutti
vivevano bene, nel rispetto e nella pace, dove tutti lavoravano con gioia per
edificare un nuovo paese, e in cui tutti i diritti civili e politici del popolo
lavoratore erano rispettati con gioia da un’amministrazione interessata solo al
bene dei cittadini. Un bel giorno, per squallidi motivi finanziari, la Cia e
Kissinger vollero rovesciare con la forza, senza il minimo appoggio popolare, la
democrazia popolare, mettendo al governo un torvo e sanguinario dittatore.
In definitiva, il messaggio è che, dopo una simile porcheria, gli americani
dovrebbero quasi ringraziare per aver avuto un attacco che ha fatto subire loro
sono una minima parte delle sofferenza da loro imposte al popolo cileno.
Peccato che la storia ci consegni un quadro molto diverso della situazione.
La coalizione di centro.sinistra di Allende era presto diventata una dittatura
comunista, che stava iniziando a creare una polizia politica con l’aiuto di
Cuba, e che si era alienata la simpatia popolare che l’aveva portata al potere.
Inutile dire che erano strati sospesi tutti i diritti politici e molti diritti
civili.
La dittatura di Pinochet, alla fine, pur essendo condannabile come tutte le
dittature, e pure essendosi trascinata dietro una scia di sangue, era stata solo
appoggiata dall’esterno dagli americani, ed era stata portata avanti
dall’esercito di leva, molto più vicino alla popolazione del regime comunista.
Dopo la dittatura di Allende, Pinochet era stato visto quasi come un liberatore.
Oltretutto, i morti ascrivibili a Pinochet risultano essere 3000, non 30000 come
cerca di far credere Ken Loach.
Speriamo (ma senza troppa convinzione) che cotanta opera di disinformazione sia
stata portata avanti in buona fede, per ignoranza e ingenuità.
Ultimo, e più sottile, l’episodio del giapponese Imamura, che parla di un
soldato dell’armata giapponese che , dopo la II guerra mondiale, dopo aver
assistito al lancio della bomba su Hiroshima, impazzisce e inizia a far finta di
essere un serpente per troppa vergogna di appartenere al genere umano.
Come sopra: la morale (non esplicita ma comunque chiara) è : “Voi americani
andate in giro a lanciare bombe atomiche, vi lamentate per due torrette e
tremila morti?”.
Non vale a molto la frase finale “nessuna guerra è santa”.
In definitiva, il film è un coacervo di belle immagini volte a spiattellare in
faccia allo spettatore tutte le colpe, vere o presunte, di cui si sono macchiati
gli americani, dal punto di vista economico, dal punto di vista militare e dal
punto di vista culturale.
Il senso è che si è voluto sfruttare un momento di lutto e dolore di un popolo
per fargli la morale.(E pure nel peggiore dei modi…)
Come memoriale per un attentato che ha tenuto il mondo col fiato sospeso, e che
ha fatto 3000 vittime, non c’è male.
Trovo molto squallido che si speculi sulla pelle dei morti delle torri gemelle
per operazioni di propaganda e di bassa macelleria politica.
Si è espressa bene Anselma dell’Olio Ferrara: “E’ come se al funerale di mia
madre qualcuno si fosse alzato e avesse urlato: “le sta bene, perché era una
puttana.”.
Condivido.
Si poteva sperare nel buon gusto, ma a questa gente, evidentemente, non si può
chiedere tanto.