CRITICA LETTERARIA: IL QUATTROCENTO

 

Luigi De Bellis

 
 
  HOME PAGE

La scoperta dei codici

Concezioni e ideali dell'Umanesimo

L'Umanesimo e la filologia

Origine e diffusione della filologia umanistica

Il volgare italiano dopo la crisi dell'Umanesimo

La pacata prosa dell'Alberti

Intenzioni e caratteri dell'arte di Masuccio

La varia poesia del Pulci

Il gusto della vita attiva ed energica nell'Orlando Furioso

Lorenzo "dilettante" di genio

L' "ottava" del Poliziano

La lingua poetica del Poliziano

La polemica antiletteraria di Leonardo

La predicazione del Savonarola

Malinconia e idillio nell'Arcadia

Iscriviti alla mailing list di Letteratura Italiana: inserendo la tua e-mail verrai avvisato sugli aggiornamenti al sito


Iscriviti
Cancellati
 


LA VARIA POESIA DEL PULCI

di
GIOVANNI GETTO



La poesia del Pulci si manifesta nella ricca presenza di esperienze, temi, intenzioni e linguaggi diversi, che compongono un organismo la cui unica legge è la varietà. L'originalità di questa poesia consiste nel continuo e vivo trascorrere dall'uno all'altro motivo, e l'unità del Morgante è da ricercare proprio nel fondamentale atteggiamento di inesauribile esperienza delle cose e delle forme, nella curiosità dei sensi e dell'intelletto che guidano il Pulci alla costruzione del suo poema.

Il Morgante, impostato e condotto sul canovaccio di due antichi poemi, nella consapevolezza stessa del Pulci, dichiara la sua novità piú autentica non in un accento che da quella materia si innalzi e s'inarchi in un cielo di poesia a sfondo etico, ma in un esercizio d'arte di diverso impegno e di diversa indole. Cavalleria e religione, ideali umani e miti della più flagrante contemporaneità lasciano eticamente indifferente l'anima di Luigi e valgono solo se considerati su di un piano di esclusivo interesse estetico, come pretesti, contenutisticamente via via mutevoli, di una libera ricerca di colori e di impasti nuovi e sempre variati. L'originalità del poeta sta in quel suo perpetuo tentare esperienze nuove, approdi in terre sconosciute o poco conosciute, in zone ancora vergini: in quel suo anticipare assaggi su materie e forme, temi e modi prima trascurati o timidamente accostati dalla cultura poetica. Soprattutto nell'aver vagheggiato nella loro molteplicità codesti diversi e talora opposti motivi e nell'averli audacemente tentati , e rimescolati traendone effetti di contrasto e sorprendenti esiti. La freschezza pungente del Morgante consiste proprio in quel gusto che lo anima, dell'irregolare e dell'inconsueto, in quel bisogno di evasione dagli schemi tradizionali, in quell'avventura di forme strane. Necessità intrinseca al suo sentire, di spezzare i confini soliti e, attraverso gli sconvolti profili delle cose e dei rapporti o, semplicemente, le sagome meno abusate o più dimenticate della realtà, di tentare strade e sentieri più pittoreschi ed ameni, di immettere insomma un'aria più fresca e stimolante, aria di boschi e di campi, sulle carte polverose della letteratura tradizionale, cortese e scolastica. Un'allegra vicenda di figure e di ritmi si dispiega, come in una variopinta e rumorosa fiera, lungo tutto il poema, dove pure si incontrano, nella molteplice ressa di toni, sorrisi lievi e fragorose risate, ma dove non c'è soltanto né soprattutto comicità, e, di non essere « ... tanto satir, quant'ei pare in vista », confesserà lo stesso poeta. Una vicenda, infine, guidata da una mera legge estetica, di musicale capriccio, ma estranea naturalmente ad ogni ordinato piano di natura psicologica e storica, trattandosi di una poesia ignara, per cosí dire, di una qualsiasi collaborazione di origine intellettuale e morale, e che sembra appagarsi in un'abbandonata vacanza dell'anima perduta ad inseguire forme e colori. Poesia dunque senza dimensioni e senza sviluppi, e tutta tramata su veloci prove e assaggi svagati, poesia filologica, appunto, che si celebra in un caratteristico ed accentuato gusto del dettaglio e del particolare minuto.
Ma l'unità della poesia del Morgante esige, di essere affermata con un ultimo più deciso e puntuale chiarimento. Poi ché si tratta di un'unità che non va confusa e intesa come un semplice ripetersi di atteggiamenti, vale a dire, nel nostro caso, come costanza di quell'abitudine di attenzione al' particolare per sé preso, quale semplice fedeltà, insomma, ad una poetica del frammento. Il valore e l'estensione di essa assume in effetti un senso più vasto e complicato. Poiché occorre proprio respingere, contro facili fraintendimenti, ogni giudizio troppo disposto a ritenere frammentaria una poesia che, a meglio considerare, appare invece ben saldamente costruita. Soltanto si dovrà badare che non è già in questione una costruttività di natura intellettuale o etica, narrativa o psicologica, ma piuttosto una costruttività di ordine puramente estetico. Il poema, si diceva, procede per agglutinazioni, per accumuli successivi, si dispone come cucitura di frammenti, di ritagli: sennonché questo, se dimostra l'assenza di un intervento di natura intellettuale che conferisca un'ossatura capace di tradursi in termini logici come ordinata prospettiva e puntuale vicenda, se documenta altresí l'estraneità ad un reale impegno di carattere etico e ad un'effettiva disciplina morale che mantenga saldi e costanti ideali e leggi, non sembra d'altra parte dover rifiutare la possibilità di una coerenza estetica. Quando si parla di amore del contrasto, di gusto di incontri violenti, di gioia dell'inatteso, si postula evidentemente l'esistenza di un rapporto che leghi in unità i due termini del contrasto e dell'incontro e della sorpresa, anche se cotesto legame dovrà essere di opposizione anziché di somiglianza. Cotesto poetare, mentre nel suo carattere assoluto celebra il frammento e s'appaga dell'isolato colore, istituisce poi, in effetti, una perpetua necessità di nessi che impedisce una considerazione frammentistica dei relativi colori. Esiste dunque una volontà lirica connettiva nel poeta, che, a sua volta, produce nel lettore, un implicito senso di áttesa, un istintivo richiamo di un effetto di contrasto. La legge del poema è una legge di mutabilità e di varietà, e la sua unità è, dicevamo, l'unità dell'abito di Arlecchino. Ed è appunto in conseguenza di questa autonomia e insieme ínterdipendenza dei singoli nuclei lirici, di codesta esaltazione del particolare che si ricompone in una superiore definitiva unità, che la poesia del Pulci appare così inafferrabile e difficile ad ogni proposta interpretativa. È la mobilità irrequieta della sua parola, della sua espressione, quel che rende cosí sfuggente il profilo di questa strana esperienza d'arte. In questa irrequietezza fantasiosa e fantastica consiste il segreto della poesia di Luigi Pulci, la sua misteriosa seduzione e, insieme, la sua effettiva difficoltà. Difficoltà bivalente e bilaterale, valida cioè non solo per l'interprete, costretto a spogliarsi di ogni ingombrante contenutismo e a tener dietro al complesso gioco del poeta, ma anche per lo stesso poeta, al quale la mobilità di codesta lirica avventura richiede una finezza ed una cultura attivissime, e per il Pulci appunto non sempre disponibili. Ed in ciò è forse da segnare il più vero limite di codesta originale espressione.

2001 © Luigi De Bellis - letteratura@tin.it  - Collaborazione tecnica Iolanda Baccarini - iolda@virgilio.it