CRITICA LETTERARIA: IL CINQUECENTO

 

Luigi De Bellis

 
 
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Ariosto: Giudizi e testimonianze attraverso i secoli



Unanime è stata attraverso i secoli l'esaltazione dell'Ariosto come il grande e sereno narratore dei più vari casi e costumi: ne diamo qui una parziale testimonianza, scegliendola a partire da un contemporaneo come il Pigna per giungere fino ad un filosofo e critico romantico come il Gioberti (ma si veda anche, fra i giudizi presentati per il Tasso, quanto scrive Galileo).
Cose che in lui [Ariosto] lodar si debbano, veggio io tante e tante, che alcuna non ce n'è d'essere infinitamente esaltata non meriti. Et tra l'altre questa da tacere non è, ch'egli tanto leggiadramente ha saputo con le gravi cose le piacevoli mescolare; e con le travagliate le quiete; e con le affettuose quelle che nell'azione consistono; che con meraviglioso stupore dà diletto incredibile a chi il legge.

GIOVAN BATTISTA PIGNA

Ma sorgendo dal medesimo nido [Ferrara ] , spiegò l'ali a più largo e più sublime volo l'Ariosto: il quale producendo alla sua meta la cominciata invenzione [dell'Orlando del Boiardo] , seppe a quella intessere e maravigliosamente scolpire tutti gli umani affetti e costumi, e vicende si pubbliche come private: in modo che quanti nell'animo umano eccita moti l'amore, l'odio, la gelosi, l'avarizia, l'ira, l'ambizione, tutti si veggono dal Furioso a' luoghi opportuni scappar fuori, sotto il color proprio e naturale: e quanta correzione a' vizj preparano le virtú, tutta si vede ivi proposta sotto vaghi racconti ed autorevoli esempi, su i quali sta fondata l'arte dell'onore, che chiaman Cavalleria, di cui il Bojardo e l'Ariosto sono i più gravi maestri. Tralascio i sentimenti di filosofia e teologia naturale in molti luoghi disseminati, e più artificiosamente in quel canto ombreggiati, ove S. Giovanni ed Astolfo insieme convengono. Non potevano né l'Ariosto al suo fine, né i posteri all'utile, che si aspetta dalla poesia, pervenire, se questo poema non esprimea tanto i grandi universalmente, quanto in qualche luogo i mediocri e i vili; acciocché di ciascun genere la passione e 'l costume si producesse, ed apparisse quel che ciascuno nella vita civile imitar debba o correggere, secondo la bellezza o deformità delle cose descritte.

GIAN VINCENZO GRAVINA

Il romanzo dell'Ariosto è si pieno, sì vario, sì fecondo di bellezze di ogni maniera, che più d'una volta m'avvenne, dopo lettolo tutto intero, di non avere' altro desiderio che ricominciare da capo. Qual è dunque il fascino della poesia naturale! Non ho mai potuto leggere un solo canto di questo poema in una delle nostre traduzioni in prosa.
Quello che soprattutto mi affascina in cotesta opera meravigliosa è che l'autore sempre superiore alla sua materia la tratta scherzando. Dice senza sforzo le cose più sublimi e spesso le termina con tratti di piacevolezza non mai ricercati né fuor di luogo. Cotesto poema è insieme l'Iliade, l'Odissea e il Don Quichotte, perché il cavaliere principale divien matto come l'eroe spagnolo ed è senza paragone più piacevole. Ancora: a Orlando uno s'affeziona, ma nessuno s'interessa a Don Quichotte il quale è rappresentato come un forsennato a cui tutti fanno delle burle e dei tiri...

VOLTAIRE

I poeti italiani avevano fino allora imitato gli antichi senza disegno e senza ragione veruna. L'Ariosto arricchí la sua opera di spoglie greche e romane. Egli colloca Olimpia nella situazione d'Arianna, e la espone siccome Andromeda a un mostro. Né dubita di replicare lo stesso caso, ed Angelica incontra ella pure la sorte d'Olimpia. Tuttavia le circostanze sono variate con tanta destrezza, e in tanta grazia ci è entrato il poeta, che certo non gli sapremmo fare coscienza pur d'una terza ripetizione. Nessuno forse imitò più spesso dell'Ariosto: ciò nonostante nessuno avvi che possa vantare maggior diritto al merito dell'invenzione. Conoscitore profondo qual è della natura umana, egli si vale, come un conquistatore, delle immagini e de' pensieri di quelli che il precedettero.
Da molte fonti, e diverse fra loro, attinse l'Ariosto gran quantità di materie, e le fuse nella sua opera. L'Odissea, l'Eneide, i poemi sugli Argonauti, Ovidio, e scrittori infiniti di maggior e di minor fama, greci, latini ed italiani, furono da lui messi a contribuzione. Cosí i Veneziani fabbricarono la chiesa di San Marco con colonne di tutti gli ordini, con marmi di tutti i colori, con frammenti di tempii greci e di palazzi bizantini.
Da siffatta composizione usci un poema, il quale non può chiamarsi né classico né gotico, ma che certamente è perfetto nel genere suo, e quantunque frequenti vi sieno le imitazioni, pure si mostra originale a chi guardi al tutto.

UGO FOSCOLO

Il Furioso è dunque ad un tempo là poesia e la satira del medio evo, e tiene un luogo mezzano fra il romanzo del Cervantes e l'epopea del Tasso; il quale pingendo la cavalleria sacra, e per cosí dire, ieratica ne' suoi principii, le assegna uno scopo serio, alto, magnifico, e ne fa quasi una religione; laddove l'Alcalese, ritraendo la cavalleria profana nel suo scadere, e facendo spiccare la nullità de' suoi effetti, la mostra come una follia compiuta e un delirio ridicolo. Gli eroi dell'Ariosto non sono savi e santi, come Goffredo, né mentecatti come il cavalier della Mancia: il loro modo di sentire, di connettere e di operare è conforme al genio eroico del secolo in cui vivono, il qual genio ti piace e ti rapisce, come poetico, ma ripugnando alle condizioni reali della natura e degli uomini, ti sforza a sorridere nell'atto stesso che ti muove a meraviglia. Per questo rispetto l'Orlando è un componimento assai più moderno della Gerusalemme, benché l'abbia preceduta di una generazione.

VINCENZO GIOBERTI.

2000 © Luigi De Bellis - letteratura@tin.it  - Collaborazione tecnica Iolanda Baccarini - iolda@virgilio.it