LETTERATURA ITALIANA DEL NOVECENTO

Cesare Pavese:  Incontro

Presentiamo questo titolo anzitutto per la validità dei risultati artistici; ma anche per testimoniare che in Lavorare stanca coesistono differenti modalità espressive, differenti tecniche. È difficile infatti estendere anche a questo componimento la definizione di "poesia-racconto" valida per altri testi riportati: il rapporto metaforico fra donna e paesaggio - sul quale tutta la lirica è incentrata - è cosa ben diversa dall'impegno lì dominante di nettamente definire e raccontare.

Lo stesso Pavese in uno scritto teorico-critico Il mestiere di poeta, che risale alla fine del '34 e che venne da lui collocato all'edizione di Lavorare stanca del 1943, chiarì i problemi che nell'esercizio della sua attività poetica gli si presentavano. Semplificando, si tratta di questo: accanto alla produzione di poesie-racconto come I mari del Sud, nasce in Pavese l'insoddisfazione per questa modalità poetica, si fa strada il sospetto di andare a finire nel vicolo cieco dell'oggettività, del prodotto di gusto naturalistico, di «cedere all'oggetto». Pavese evita questo pericolo: «scoprendo - come egli stesso dichiara - l'immagine»; arriva così a comprendere che il « rapporto fantastico» (tra i vari aspetti della realtà, tra esseri umani e natura e paesaggio ecc.) è «esso argomento del racconto». Aggiunge ancora: «Ero risalito (o mi pareva) alla fonte prima di ogni attività poetica, che avrei potuto così definire: sforzo di rendere come un tutto sufficiente un complesso di rapporti fantastici nei quali consista la propria percezione di una realtà. Continuavo a sprezzare, evitandola, l'immagine retoricamente intesa, e il mio discorso si manteneva sempre diretto e oggettivo (della nuova oggettività s'intende), eppure era finalmente cosa mia il senso tanto elusivo di quel semplice enunciato che essenza della poesia sia l'immagine». E conclude che l'importanza delle immagini «non stava tanto nel significato retorico di termine di paragone, quanto piuttosto in quel mio significato ultimamente intravveduto, di parti costitutive d'una totalitaria realtà fantastica, il cui senso consistesse nel loro rapporto».

Va precisato che questa nuova (rispetto agli esiti precedenti) concezione del poetare non significa di punto in bianco una nuova produzione poetica - dalla poesia-racconto alla poesiaimmagine (o al racconto-immagine, se si preferisce)-; le differenti modalità coesistono e si intrecciano con esiti che solo con una puntuale analisi di tutto Lavorare stanca si potrebbero volta per volta valutare.

A noi sembra che in Incontro siano dominanti le modalità della poesia-immagine: la donna qui descritta, più che entità, persona fisica, è "figura", emblema di quelle colline e "materiata" di quelle colline; da esse è nata e ad esse riporta. I suoi attributi fisici sono nel contempo paesaggio: la sua voce suona come se «uscisse da queste colline», il lampo dei suoi occhi è la «luce più netta che abbia avuto mai l'alba su queste colline». Le immagini qui sono «parti costitutive di una totalitaria realtà fantastica».

All'interno di siffatta tecnica poetica o, più concretamente, all'interno di questi versi, troviamo poi la tematica specifica di Pavese. Come ha scritto Geno Pampaloni: « [in incontro] soprattutto c'è la dichiarazione della incomunicabilità, della insufficienza dell'amore di fronte alla realtà; c'è il motivo dell'amato inconoscibile ("e non riesco a comprenderla") che noi troviamo qui nella cellula germinale, nel primo moto dell'animo, e che costituirà uno dei grandi temi di fondo di tutta l'opera dello scrittore».

 

TORNA A PAVESE (C) 2000 Luigi De Bellis 900: ALTRO ARGOMENTO