LETTERATURA ITALIANA DEL NOVECENTO

Carlo Emilio Gadda: Capire Gadda

Garbugli e investigazioni

Primo elemento significativo di questa "digressione" è che affronta il tema poliziesco, caro a Gadda che lo riproporrà in numerose altre occasioni, fra cui il celebre Pasticciaccio. Cadono nel racconto, a questo proposito, alcune delle parole-chiave della narrativa, della poetica e della concezione del mondo gaddiane: «pasticcio» e «garbuglio», «mistero» e « sottomistero», ma anche «ghirigoro». La realtà stessa per Gadda è un intrico insolubile, un inestricabile garbuglio di fenomeni e di cause, concause, cause delle cause, che lo scrittore si propone di indagare e analizzare senza ovviamente poter mai giungere a districare. Ecco allora che il tema poliziesco, come avremo modo di ribadire a proposito del Pasticciaccio, si presenta particolarmente congeniale allo scrittore e, anzi, dotato di un'evidenza simbolica che va ben oltre i confini del genere. I "garbugli", i "pasticci" non si districano mai, gli investigatori, come Gadda, finiscono col brancolare nel buio.

Incompiuto digressione enumerazione caotica

Altri dati significativi dell'episodio e del libro, strettamente connessi a questo, riguardano la struttura e alcuni procedimenti retorici. Tipicamente gaddiane sono la struttura divagante, per continuo accumulo di digressioni e analessi (quella riprodotta è appunto una digressione in analessi o flash-back), e l'incompiutezza: anche l'intrico narrativo è indipanabile, come indipanabile è il garbuglio del reale che vuol rappresentare e vorrebbe riordinare. Ma sulla medesima linea si colloca il procedimento tipicamente novecentesco - come ha mostrato Dàmaso Alonso - della enumerazione caotica, che accumula appunto disordinatamente elementi di un fenomenico che appare refrattario ad ogni ordinata sistemazione. Nell'inchiesta in cui è coinvolto il Gildo compaiono prima le «quattro biciclette», che naturalmente si dileguano «zigzagando» ad ingarbugliare la matassa, poi una sequela di oggetti e persone: cravatte, mutande, saponette, bottiglie, fiale, pere di gomma e via dicendo; magliai, tabaccai, osti e Caroline... finché giunge, per «fortuna», la guerra, il garbuglio dei garbugli che salva il Gildo, ma lascia questo piccolo garbuglio più ingarbugliato che mai.

Humour, comicità e pastiche. L'enumerazione caotica degli oggetti (refurtiva?) e molti tratti del racconto introducono elementi di umorismo e comicità pure tipicamente gaddiani. Gadda è infatti uno dei non molti scrittori novecenteschi che affronta i temi anche drammatici della propria meditazione, accostando e talora facendo cozzare il tragico e il comico, il patetico e il sarcastico. Qui, se non consideriamo il significato simbolico del "garbuglio", il registro è però piuttosto uniformemente tenuto nei canali dell'umorismo e della comicità.

A crearla contribuisce anche un accenno, in verità ancora moderato, di pastiche linguistico (anche la lingua è un pasticcio per Gadda!): si notino la mimesi del parlato (gergale, dialettale) a scopo che solo in parte o solo in apparenza è realistico; e il ricorso a locuzioni ed espressioni ricercate, auliche, arcaizzanti, tecniche o semplicemente insolite, talora sino al neologismo («un rugginoso coltello dal defunto manico», «le gomita», «le sue paròtidi avevano lautamente accudito», «ipotiposi») che vengono poste in contrasto (qui, ripetiamo, ancora assai moderato, ma si legga sen'altro il testo seguente) con il parlato quotidiano a scopo che può definirsi già espressionistico.

La polemica di Gadda nei confronti della società milanese, altrove assai feroce specie quando è indirizzata contro la borghesia industriale e commerciale, è qui particolarmente bonaria e talora si vela addirittura di toni quasi patetici (un poco risentendo del punto di vista globalmente adottato nel racconto, che è quello dell'Adalgisa che ricorda il marito defunto).

Domina comunque, con il pastiche linguistico, l'ironia, il cui obiettivo (appunto bonario) è l'innocente mania del «povero Carlo» di ricercare e collezionare insetti, coinvolgendo parenti (l'Adalgisa e i figli) e amici (gli invitati nella «sala de recéf», sottoposti alla tortura di dover ascoltare, reprimendo il disgusto e fingendo anzi interesse e partecipazione, resoconti presumibilmente interminabili dell'entomologo dilettante). In seconda istanza, con più veleno, l'ironia di Gadda si appunta contro i falsi rituali e le buone ipocrite maniere della società, qui piccolo borghese, che è pronta a scaldarsi appena si parla di risparmi e di denaro, sia pure attraverso l'ardita, moralistica similitudine avanzata dal «povero Carlo» tra lo sterco e i risparmi, poi amplificata, maliziosamente, dal narratore mediante quella tra la carogna del topo e la Cassa di Risparmio.

II linguaggio, sempre oscillante tra gli estremi del dialetto e di un italiano aulico, è lo strumento principe sia dell'ironia, sia dell'umorismo gaddiani. Certi inserti di matrice letteraria e poetica ad esempio: «Vele erano nel mare, lontane», nel bel mezzo dell'epopea della cattura delI'Ateuco - suonano poi, oltre che come elementi del notato contrasto di toni, anche come oggettiva demistificazione ironica di una letteratura calligrafica ed elegiaca assai diffusa negli anni in cui Gadda stendeva questo racconto.

 

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