Ho sognato vite come fiumi
di
Dino Frisullo

Possenti fiumi dispensatori d’acque,
o torrenti urlanti in gole solitarie,
o pigri stagni di sabbie mobili e rane e bisce.

Fiumi che allargano il respiro in laghi sereni,
o che si chiudono a pugno per lanciarsi in cascate
incuranti del fondo del baratro.

Fiumi che scavano la roccia
o l’aggirano pavidi,
che l’accarezzano gorgogliando
o la spaccano nelle piene di primavera.

Fiumi pieni di vita e pesci e ricordi,
o secchi alvei morti bruciati da sole.
Acque che celano fango e morte e viscide alghe,
o trasparenze iridate di sassi multicolori
dove possono giocare bambini e cantare donne.

Fiumi che si nascondono fra rive boscose,
o si esibiscono maestosi nelle vallate,
o si lasciano inghiottire disperati dalla terra.

Fiumi che si lanciano avanti verso il mare,
o che cercano invano di arcuarsi all’indietro
verso nostalgie di montagna-madre.

Fiumi che scavano e cambiano il mondo
correndo a valle carichi di detriti e di storia,
o paludi mefitiche senza un grido d’uccello.

Fiumi che corrono paralleli senza mai conoscersi,
o che si scontrano fra gorghi mortali,
o si uniscono con fremiti sensuali di onde,
ed uniti proseguono la corsa sino al mare,
o tornano a separarsi
conservando ciascuno il ricordo-sogno
dei mondi intravisti dall’altro.

Fiumi che si lasciano piegare in dighe e centrali,
o spezzano i lacci con piene selvagge improvvise,
o cantano libertà liberi nelle foreste…

Tutti vanno al mare infine, è vero.
Ma non è indifferente come.

Ed ogni ansa, ogni salto della corrente,
è senza ritorno. Può sanguinare l’anima del fiume,
ma non può tornare indietro.
Neanche se sul suo corso ha travolto ali d’uccelli,
neanche se brucia il dolore
del fiore neonato il cui gambo ha spezzato,
neanche se intravede lontani mondi possibili
che avrebbe potuto lambire più a monte.


C’è un corso del fiume già scritto
in carte geografiche colme di scienza,
e c’è il fiume che irride la scienza
e spumeggiando cambia il suo corso
e cerca l’ignoto.
Dolore/paura/ricerca/scoperta felice. O ancora dolore.
Morte e rinascita. Non mai palude.

Ed è più facile cambiare la rotta
se un altro fiume raddoppia le forze,
fianchi che si accarezzano, vite che si tastano avide
onde duplicate scagliate contro argini
delirio d’onnipotenza, amore.
In ogni incontro bruciano ferite d’altri addii,
di occasioni perdute, di fiumi perdutisi indietro,
ferite che divengono forza disperata,
coltello da strappare dalle carni
da impugnare con dolcezza infinita
per aprire la strada
plasmare altri mondi futuri fra foreste vergini.

Fragile come goccia d’acqua,
forte come fiume impetuoso.
In molti occhi-laghi mi sono gettato,
molte vite-fiumi ho lasciato indietro,
non posso tornare non posso guardare indietro
altri mondi mi aspettano
rocce immense mi negano il cammino
(realtà o sogno? Proiezione delle mie paure?)

Non voglio un corso sereno
Fra naiadi e papiri fluenti.
Vorrei attimi sereni, sorsate di vita,
albe di stormi di uccelli, notti palpitanti di stelle riflesse nel buio.

E poi andare, ruggendo. Sperando, sognando,
che un giorno milioni di fiumi e torrenti
con violenta dolcezza uniti
cambino la faccia del mondo…

Bari, 12/7/1986

settembre - dicembre 2004