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Carcinoma Epatocellulare
(Tumore maligno primitivo del fegato,
Epatocarcinoma, Epatoma)

Che cosa è ?
È il principale tumore maligno del fegato. I termini carcinoma epatocellulare, epatocarcinoma e tumore maligno primitivo del fegato sono tutti sinonimi. Il termine epatoma è invece un termine poco usato e non corretto.

L'abbreviazione più comune è HCC, che deriva dalla terminologia inglese (Hepato Cellular Carcinoma).

Perchè viene ? Le cause
Le principali cause favorenti lo sviluppo di un epatocarcinoma sono l'epatite B e l'epatite C, in particolare se hanno dato esito ad un quadro di malattia cronica quale la cirrosi. Quasi il 70% dei pazienti con epatocarcinoma è portatore di una di queste due epatiti. Per tale motivo viene consigliato ai pazienti positivi all'epatite B o all'epatite C di controllarsi periodicamente mediante l'esecuzione di esami del sangue, dosaggio dell'alfa1-feto proteina (AFP) ed ecografie periodiche. Questi suggerimenti hanno portato alla scoperta di un numero maggiore di tumori di piccole dimensioni, potenzialmente curabili.

Come faccio ad accorgermene ? I sintomi
I tumori del fegato di piccole dimensioni non danno alcun sintomo. Per questo è necessario che i pazienti "a rischio" si controllino periodicamente. I tumori di dimensioni più grandi possono invece causare dolori, al fianco destro a alla schiena, senso di peso e di tensione all'addome e disturbi della digestione. Quando l'epatocarcinoma raggiunge stadi ancora più avanzati insorgono i sintomi dell'insufficienza epatica: ittero (colorazione gialla delle sclere dell'occhio e della pelle), ascite (liquido libero in cavità addominale), turbe della coagulazione (i fattori necessari alla coagulazione sono prodotti dal fegato) ed ipertensione portale.

Quali sono le sue caratteristiche ? L'aspetto
Il tumore può presentarsi con diverse modalità:
singolo: è presente un singolo nodulo di tumore, localizzato in una qualunque parte del fegato;
multiplo: sono presenti due o più noduli dislocati nel fegato;
massivo: il fegato è completamente invaso da noduli di tumore.

Come si fa a vederlo ? La diagnosi: La diagnosi dell'epatocarcinoma si raggiunge con esami radiologici. L'unico esame del sangue correlato alla presenza del tumore è l'alfa1-feto proteina (AFP), che risulta elevata però solo nel 50% circa dei casi.

L'ecografia è solitamente il primo strumento per identificare la neoplasia. Il tumore appare come un nodulo più scuro (ipoecogeno) nel contesto del fegato. Oggi è possibile eseguire questo esame anche con mezzi di contrasto sofisticati, che riescono a rilevare la presenza di noduli di dimensioni anche molto piccole.

La TAC (tomografia assiale computerizzata) è forse l'esame più completo, in particolare se eseguita con la tecnica "spirale". Richiede l'iniezione di mezzo di contrasto per via endovenosa. La TAC spirale consente di esaminare in brevissimo tempo tutto il fegato e mostra la posizione del tumore rispetto ai vasi situati dentro al fegato. È la metodica più sensibile per lo studio degli epatocarcinomi.

L'angiografia consiste nell'iniezione di mezzo di contrasto direttamente nel fegato, ottenuta attraverso l'introduzione di un catetere sottile dall'inguine. La sua utilità consiste nella possibilità di iniettare nei vasi che irrorano l'epatocarcinoma farmaci antitumorali. Un mezzo di contrasto particolare è il Lipiodol, un olio che si fissa nei noduli tumorali e ne permette la visualizzazione; necessita di un controllo eseguito con la TAC dopo 20 giorni.

La risonanza magnetica viene usata sempre più frequentemente nello studio di questi tumori.

Come si cura ? La terapia
possibili terapie dipendono dalla presenza o meno di un'epatopatia cronica (epatite cronica o cirrosi)

Pazienti con fegato sano: il tumore insorge assai raramente in pazienti senza malattie del fegato. In questi casi bisogna sempre e comunque prendere in considerazione la possibilità di eseguire un intervento di resezione epatica. È possibile applicare tecniche innovative prima dell'intervento, quali l'embolizzazione portale, per incrementare le possibilità di poter eseguire l'intervento. La trombosi di rami venosi portali intraepatici non rappresenta una controindicazione assoluta all'intervento.

Pazienti con malattie croniche o fegato cirrotico: in questi pazienti deve essere sempre tenuta in considerazione l'entità del danno provocato sulla funzione del fegato dalla cirrosi. Tale danno viene valutato con un sistema a punti (classificazione di Child), da test di funzionalità (MEGX, test al verde indocianina, test al galattosio) e dalla valutazione dell' ipertensione portale presente (presenza di varici esofagee alla gastroscopia o determinazione della pressione venosa a livello delle vene sovraepatiche). È importante avere poi una mappa completa del numero dei noduli e della loro dimensione.

resezione epatica: è stata la prima terapia ad essere usata per questa malattia. È indicata per i pazienti con noduli singoli, in classe di Child A5, A6 e B7. L'ipertensione portale deve essere assente o minima. I vantaggi risiedono nell'asportazione completa del tumore e del tessuto circostante. Gli svantaggi risiedono nella possibilità di insorgenza di insufficienza epatica dopo l'intervento e nella possibilità che si riformino altri noduli nel fegato con il tempo. I risultati oggi prevedono un rischio operatorio intorno all'1% ed una sopravvivenza dei pazienti dopo 5 anni dell'intervento del 50%.

rimozione con alcolizzazione o radiofrequenza: sono tecniche sviluppate in alternativa alla resezione. Prevedono la distruzione del tumore mediante iniezione di alcool assoluto o calore portati dentro il fegato da aghi o sonde introdotte attraverso la parete addominale. Hanno indicazioni simili alla chirurgia, includendo però anche quei pazienti che non possono essere operati o non vogliono operarsi. I vantaggi risiedono nell'evitare l'intervento chirurgico. Gli svantaggi consistono nella mancata certezza della distruzione di tutto il tumore e nella necessità di dover eseguire più sedute. Possono ripresentarsi nuovi noduli con il tempo. I risultati sono di poco inferiori a quelli della chirurgia. 

trapianto di fegato: è in teoria la terapia più efficace, rimuovendo sia il tumore che il fegato cirrotico. Purtroppo la cronica carenza di donatori non consente di poter candidare al trapianto tutti i pazienti con epatocarcinoma. Inoltre, i risultati peggiorano quanto più grande è il tumore, il che esclude un discreto numero di pazienti. Criteri accettati per l'inserimento in lista di attesa, oltre a quelli generali per il trapianto, sono:
# impossibilità di poter eseguire la resezione epatica;
# presenza di un singolo nodulo di dimensioni inferiori 5 cm;
# presenza di non più di 3 noduli, nessuno di dimensioni maggiori di 3 cm;
ma non tutti i centri seguono strettamente questi criteri. Il rischio operatorio varia oggi fra il 2 ed il 5%. La sopravvivenza a 5 anni dei pazienti trapiantati che rientrano nei criteri giunge anche all'80%.

chemioembolizzazione: è una terapia palliativa per pazienti che non possono eseguire nessuno dei trattamenti precedenti. La metodica è già stata descritta nel paragrafo riguardante l'angiografia. Può provocare dolore al fianco e febbre, che si risolvono generalmente in pochi giorni. Possono essere necessarie più sedute.

 

Tumore della Colecisti
Colangiocarcinoma della Cistifellea

Cosa è ?
Il carcinoma della colecisti (o della cistifellea) è caratterizzato da un ispessimento della parete della colecisti con la formazione di una vera e propria massa aggettante nel lume. Rappresenta la forma più frequente fra le neoplasie delle vie biliari, e la quinta tra tutte quelle del tratto gastro-intestinale. La sua incidenza varia notevolmente a seconda delle aree geografiche, raggiungendo livelli più elevati tra gli Indiani americani del Sud-Ovest e nell’Europa del Nord-Est.

Perché si forma il tumore della colecisti ? Le cause
Alcune malattie che vengono comunemente associate alla comparsa di un tumore della cistifellea (e che richiedono quindi l'asportazione della colecisti preventiva) sono:

- la colecisti “a porcellana”,
- l’adenoma della colecisti,
- le cisti del coledoco, oppure
- un’anomala giunzione bilio-pancreatica.

Sebbene sia stata segnalata ripetutamente l’associazione tra il carcinoma della colecisti ed i calcoli, manca la dimostrazione vera che i semplici calcoli facciano insorgere questo tumore. La presenza di calcoli è stata notata tra il 70 e il 98% dei casi di carcinoma della colecisti. Probabilmente i calcoli causano all'interno della colecisti un’infiammazione cronica, su base traumatica, che determina la comparsa di fenomeni di displasia. La displasia può evolvere fino al carcinoma. Il rischio aumenterebbe quanto più frequenti sono gli episodi di colecistite. Tuttavia questi dati non giustificano, al momento, la necessità di asportare preventivamente la colecisti nei pazienti che hanno calcoli che non provocano sintomi, in quanto in questi pazienti il rischio di sviluppare il cancro è molto basso: circa lo 0.5-2%.

Come si manifestano i tumori della colecisti ? I sintomi
I sintomi sono spesso aspecifici e compaiono tardivamente. In un 10% dei casi la diagnosi è solo occasionale, all’esame istologico definitivo della colecisti asportata per i calcoli. Sono questi i casi che hanno la prognosi migliore. Talvolta, l’ostruzione del dotto cistico può determinare la comparsa di disturbi simili alle coliche biliari. Quando il tumore è avanzato compaiono astenia e calo ponderale. Nei casi in cui ci sia l’infiltrazione della via biliare principale, si associa spesso la comparsa di ittero: in circa il 60-70% dei casi con ittero sono è più possibile eseguire l'asportazione del tumore.

Come sono fatti i tumori della colecisti ? Il loro aspetto
La maggior parte dei carcinomi della colecisti sono adenocarcinomi (circa l’80%). Più rari sono il carcinoma squamoso, il carcinoma adenosquamoso, le forme indifferenziate e quelle mesenchimali.

Il tumore della colecisti ha la tendenza ad invadere le strutture adiacenti:
- il fegato
- la via biliare principale (il coledoco)
- il duodeno e/o il colon trasverso.

Tipica è inoltre la diffusione del tumore ai linfonodi, al tessuto linfatico e a quello perineurale (i tessuti che rivestono i vasi che arrivano al fegato).
Successivamente il tumore diffonde attraverso il sangue (via ematica) al resto del corpo. Purtroppo il tumore della colecisti viene spesso diagnosticato in uno stadio di diffusione, locale o sistemica, troppo avanzata.

Come appaiono i tumori della colecisti ? La diagnosi
Gli esami di laboratorio difficilmente aiutano nella diagnosi. Talvolta si può riscontrare un innalzamento degli indici di colestasi (fosfatasi alcalina e gamma-GT), anche in assenza di ittero, e dei livelli dei marcatori tumorali CEA e Ca 19-9.

L’ecografia può rilevare la presenza di una massa all’interno della colecisti, con ispessimento delle pareti ed eventuale infiltrazione del parenchima epatico.
La TAC è l’esame più importante per evidenziare il tumore, il grado di infiltrazione del fegato, la presenza di metastasi e di linfonodi ingrossati.

La stadiazione preoperatoria consente di pianificare l’intervento più idoneo.
Nei pazienti itterici è consigliabile eseguire una colangiografia percutanea (PTC) per valutare il grado di infiltrazione della via biliare principale e per posizionare un drenaggio biliare esterno, riducendo i valori di bilirubina nel sangue ed il prurito.
Se le vie biliari non sono dilatate può essere utile l’esecuzione di una colangiografia per via endoscopica (ERCP) per visualizzare il coledoco e valutare la presenza di un’infiltrazione della via biliare. Comunque sia, è d’obbligo eseguire una colangiografia durante l'intervento chirurgico, per visualizzare l’anatomia e l’eventuale invasione dell’albero biliare ed effettuare successivamente un’esame istologico estemporaneo del dotto cistico (nel caso risultasse positivo per tumore, è necessario associare la resezione della via biliare). Attualmente sia la RMN che la PET non hanno un ruolo ben definito nella diagnosi del carcinoma della colecisti.

Come si curano questi tumori ? La terapia
I pazienti non operabili hanno una sopravvivenza media di circa 6 mesi dalla diagnosi. Attualmente sia la chemioterapia che la radioterapia non sembrano in grado di migliorare la sopravvivenza né per i pazienti resecati né per quelli non operati.

L'unica terapia in grado di dare un qualche risultato a distanza è quella chirurgica, con l'esecuzione di un intervento mirato ad asportare in maniera radicale il tumore.
A causa della relativa rarità di questa malattia, il giudizio di operabilità deve comunque sempre spettare ad un chirurgo, meglio se esperto in malattie del fegato e delle vie biliari.
L'estensione dell'intervento chirurgico dipende dallo stadio in cui la neoplasia è stata diagnosticata.

Stadio I, il tumore è limitato alla tonaca mucosa della colecisti. Nella maggior dei casi rappresenta un rilievo occasionale all’esame istologico della colecisti asportata per i calcoli. In questi casi la semplice colecistectomia è considerata un intervento curativo (non bisogna, quindi, rioperare il paziente per eseguire un intervento più radicale). Se la presenza della lesione è nota prima dell'intervento è consigliabile eseguire anche l'asportazione dei linfonodi del peduncolo epatico. La prognosi è eccellente con una sopravvivenza a 5 anni del 90-100%, a seconda delle casistiche.

Stadio II, il tumore si estende alla muscolaris mucosae fino alla tonaca sierosa, senza infiltrazione del parenchima epatico. La terapia consiste nella colecistectomia radicale, con resezione del letto colecistico per un tratto di circa 2 cm di parenchima epatico circostante e linfoadenectomia estesa del peduncolo epatico fino al tripode celiaco (l’incidenza di metastasi a questi linfonodi è di circa il 30-50%).
Se la diagnosi è reperto occasionale dopo colecistectomia laparoscopica per calcoli, è necessario radicalizzare la procedura con un secondo intervento chirurgico. Anche in questi casi la prognosi è soddisfacente, con sopravvivenze a 5 anni che vanno dal 55% all’80%.

Stadio III, il tumore si estende oltre la tonaca sierosa ed infiltra il parenchima epatico circostante per un tratto inferiore ai 2 cm. In questi casi l’intervento curativo consiste nella resezione del V segmento del fegato, della porzione anteriore del IV (IVa secondo la classificazione giapponese) segmento, e di parte del VI (VIa) segmento, associato all'asportazione estesa dei linfonodi del peduncolo epatico fino al tripode celiaco. La sopravvivenza a 5 anni varia notevolmente a seconda delle casistiche, dal 5% fino al 50% (a seconda dello stato dei linfonodi) dopo 5 anni dall'intervento.

Stadio IV, in questi casi il tumore infiltra il parenchima epatico per un tratto superiore ai 2 cm. L’intervento radicale prevede un’epatectomia maggiore, di solito un’epatectomia destra allargata alla porzione anteriore IV segmento (IVa). Per ridurre il rischio di insufficienza epatica postoperatoria, è opportuno effettuare l’embolizzazione preventiva del ramo destro della vena porta al fine di indurre l’ipertrofia compensatoria del lobo residuo.

In questi casi avanzati, può talvolta essere presente un’infiltrazione della seconda porzione del duodeno, oppure diffuse metastasi dei linfonodi peripancreatici. Gli autori giapponesi consigliano la resezione epatica associata alla duodenocefalopancreeasectomia. I risultati sono tuttavia contradditori, caratterizzati da un’elevata morbidità e mortalità, e richiedono quindi un’attenta valutazione.

La prognosi dei pazienti in stadio IV è generalmente insoddisfacente (non superiore al 5-10%). I pazienti senza metastasi linfonodali possono presentare lunghe sopravvivenze dopo intervento chirurgico esteso.

Negli stadi II, III, IV un intervento radicale presuppone sempre una linfoadenectomia estesa dei linfonodi e del tessuto perineurale attorno al peduncolo epatico (scheletrizzando la via biliare, la vena porta e l’arteria epatica fino al tripode celiaco) e dello spazio retropancreatico. Ai fini di un’esatta stadiazione sarebbe opportuno prelevare anche i linfonodi della catena interaortocavale. Lo stato dei linfonodi è il fattore prognostico più importante, e per questo motivo Nevin ha proposto una classificazione modificata del TNM dove i pazienti in stadio IV sono solo quelli con metastasi linfonodali indipendentemente dal T del tumore.

Per quanto riguarda la necessità o meno di resecare la via biliare principale, è assolutamente opportuno eseguire sempre un esame istologico estemporaneo del dotto cistico. Se il margine è positivo, la via biliare deve essere resecata. Di solito, i tumori del fondo colecistico non richiedono tale procedura se non nei casi avanzati con comparsa anche di ittero. Al contrario, nei tumori che originano nel colletto della colecisti, la resezione della via biliare è praticamente di routine.

Il trapianto di fegato non trova giustificazione nei casi di tumore della colecitsi.

Interventi palliativi: a causa della vicinanza della colecisti con l'ultima parte dello stomaco e con il duodeno, sono frequenti le infiltrazioni del tumore con impossibilità da parte del paziente di alimentarsi. Per questo motivo può essere necessario confezionare un by-pass intestinale (anastomosi gastro-enterica) per ovviare a questo problema.

Terapie Complementari: Nella letteratura scientifica mondiale non sono stati riportati risultati soddisfacenti ottenuti con la chemioterapia nè con la radioterapia.

Follow up: Dopo intervento chirurgico è consigliabile seguire i pazienti ogni 3 mesi con esami di funzionalità epatica, dosaggio del CEA e Ca 19-9, ed ecografie.
Le sedi più frequenti di ripresa della malattia sono a livello del fegato, a livello del peritoneo o nelle ossa.

 

 

                                  
Ultimo aggiornamento: 14-10-06.