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Pancreatite Acuta

Sulla base di quanto stabilito durante il simposio internazionale di Cambridge nel 1983, si definisce pancreatite acuta un evento morboso acuto dovuto ad una alterazione infiammatoria del pancreas che si manifesta tipicamente con dolore addominale ed usualmente associato ad elevazione plasmatici o urinaria degli enzimi pancreatici (amilasi, lipasi).

Circa il 45% dei casi di pancreatite acuta è causato da calcolosi biliare, il 35% è dovuto all'alcol, il 10% riconosce svariate cause ed il restante 10% è idiopatica. Il paziente con pancreatite acuta deve essere sottoposta all'ingresso ad esame ecotomografico e studio sierologico completo comprensivo della trigliceridemia. Un'eziologia biliare può essere sospettata anche in presenza di ecotomografia negativa1 se le GOT e le GPT sono oltre tre volte la norma (sensibilità 50% ma specificità > 95%). Infatti la sensibilità della ecotomografia normalmente è del 95% ma in presenza di pancreatine acuta si riduce al 70-75% per la presenza di meteorismo. In ogni paziente deve essere eseguita una TC addome per escludere che tra le cause di pancreatite ci possa essere la presenza di una massa solida o liquida. l pazienti in cui nè la storia clinica né i test diagnostici permettono di individuare il movente etiologico, sono da considerarsi portatori di pancreatite acuta idiopatica ed in questi pazienti, il 96% non avrà un nuovo attacco negli ulteriori tre anni a venire.

STORIA NATURALE

Circa il 75% dei casi di pancreatite acuta sono clinicamente di entità lieve-moderata ed i presidi terapeutici principali sono la stabilizzazione emodinamica con infusione di liquidi ed il controllo del dolore. Invece, nel 25% dei casi si hanno complicanze e la mortalità in questo gruppo è del 25-30%. La mortalità precoce (entro la prima settimana ) è dovuta all'insufficienza multiorgano, con in primo piano il distress respiratorio. La mortalità tardiva (dopo la prima settimana) è dovuta alle complicanze settiche.

DIAGNOSI

La diagnosi clinica è difficile, con una percentuale di mancate diagnosi del 43% dei casi. Pazienti in giovane età ( terza decade), possono presentare una pancreatite acuta alcolica. In questi casi in consumo giornaliero stimato è di circa 150 g., ma anche un consumo alcolico di 50 g. /die può esporre a tale rischio, se protratto per un periodo ai tempo medio stimato tra i 4 ed i 6 anni (1). Al contrario, la pancreatite acuta biliare è di più frequente riscontro nei pazienti anziani con storia di colelitiasi o dì dolore intermittente e post-prandiale localizzato al quadrante addominale superiore destro.

Il paziente si presenta clinicamente con dolore epigastrico da moderato a severo, irradiato al fianco, al dorso o ad entrambi. Classicamente il dolore è continuo, sordo, trafittivo, peggiorato dal clinostatismo ed alleviato dalla posizione seduta o dalla posizione fetale. Nausea e vomito sono presenti nel 75-90% dei casi.

DlAGNOSI Dl LABORATORIO: anche se di bassa sensibilità (75-92% > e specificità <20-60% >7 i livelli sierici di amilasi sono ampiamente utilizzati per la velocità e la semplicità di dosaggio, oltre che per il basso costo. Nei casi non complicati, i livelli sierici aumentano dopo 2-12 ore dall'inizio dei sintomi con un picco intorno alle 12-72 ore, per tornare alla norma dopo una settimana.

I livelli di lipasi aumentano dopo 4-8 ore dall'esordio clinico, con un picco dopo 24 ore ed un graduale decremento dopo 14 giorni. La sensibilità (86-100%) e la specificità ( 50-99%) sono superiori rispetto alle amilasi, soprattutto per le pancreatiti alcoliche. Per entrambe le determinazioni enzimatiche i valori devono essere almeno tre volte i normali valori di riferimento. Un elevato livello di Tripsina è probabilmente il più accurato marker biochimico di pancreatite acuta superato in specificità solo dal dosaggio dell'elastasi. Sfortunatamente sono entrambi tests di non ampia diffusione e quindi non routinariamente applicabili.

DIAGNOSI RADIOLOGICA: il segno più specifico di pancreatite acuta desumibile dall'esame diretto dell'addome è la presenza di un'ansa sentinella, dovuta alla distensione gassosa del duodeno secondaria all'ostruzione. Per una valutazione iniziale, l'ultrasonografla è un esame accettabile quando soprattutto si sospetti un'eziologia biliare; ha il vantaggio di essere non invasiva, relativamente poco costosa e di poter essere effettuata a letto del paziente. La sua sensibilità è del 62-95%, ma nel 35% dei casi il pancreas non è visualizzabile per la presenza di gas. La CT con m.d.c. evidenzia un ingrandimento diffuso o segmentario della ghiandola, contorni irregolari della stessa, obliterazione del grasso peripancreatico, necrosi o pseudocisti. Lo studio tomografico è utile in caso di negatività dei precedenti esami strumentali, qualora si sospetti una complicanza settica e nel follow-up dei pazienti con deterioramento clinico. La CPRE è principalmente indicata nei pazienti con sospetta pancreatite acuta biliare al fine di eseguire una sfinterotomia con rimozione del calcolo incuneato e deve essere eseguita precocemente ( entro le 24 ore ) dall'esordio dei sintomi.

CRiTERI Dl GRAVITA'

Il primo problema è la stratificazione dei pazienti, per differenziare le forma lievi-moderate dalle forme severe che devono essere trattate con molta attenzione. Vari parametri clinici sono usati per classificare i pazienti e tra i più seguiti, soprattutto negli Stati Uniti ci sono i criteri di Ranson che si applicano in maniera diversa a seconda che l'eziologia della pancreatite sia biliare o meno e che hanno Io svantaggio di richiedere almeno 48 ore di osservazione clinica prima di diventare pienamente operativi.(Tab. .1). Nel Regno Unito sono molto usati i criteri di Glasgow ( o Imrie ) che hanno soltanto otto parametri (Tab.2). Il punteggio ottenuto mediante i criteri APACHE II (Acute Physiology and Chronic Health Evaluation ), anche se più scomodo da calcolare rispetto ai criteri di Ranson e Glasgow, ha il vantaggio di poter essere attuato immediatamente all'atto del ricovero del paziente. Sostanzialmente , rispetto ai criteri di Ranson e Glasgow, fornisce una predittività di gravità similare. Altro sistema sviluppato per fornire una classificazione prognostica è il MOSF (Multiple Organ System Failure). Sia il MOSF che l'APACHE II possono essere eseguiti entro poche ore dal ricovero ed inoltre essere ripetuti giornalmente per monitorizzare la progressione della malattia. Il Test biochimico più semplice ed ampiamente disponibile è il dosaggio, in seconda - terza giornata, della proteina C reattiva: livelli sierici superiori a 120 mg/L sono significativamente predittivi di una forma grave di pancreatite. Altri Test biochimici promettenti anche se gli studi disponibili sono ancora pochi, sono il dosaggio del peptide di attivazione del tripsinogeno, dell'interIeuchina-6 e dei livelli dell'elastasi dei neutrofili. La sensibilità, la specificità e la predittività di questi criteri sono mostrati nella Tab.3 da cui si evince che le differenze non sono grandi e quindi la semplice determinazione della proteina C-reattiva appare essere accurata al pari di parametri di più difficile e scomoda determinazione. Anche la TC con mezzo di contrasto con immagini ottenute durante la fase di arteriosa di perfusione può essere usata per valutare la gravità di un attacco di pancreatite acuta mediante criteri tomografici sviluppati da Balthazar e coll.(Tab.4 ): un punteggio di 0-1 che esclude sia una raccolta peripancreatica che la necrosi, è associato con una mortalità dello 0% e con una percentuale di complicanze del 2%. Viceversa un punteggio compreso tra 7 e 10 è associato con una mortalità del 17% e con una percentuale di complicanze del 92%. Il ruolo della TC è quello di confermare la diagnosi, monitorare in seconda settimana le raccolte fluide e le necrosi che potrebbero richiedere l'intervento chirurgico ed escludere una neoplasia tra le cause dell'attacco di pancreatite acuta.

 TERAPIA

Il trattamento delle forme lievi-moderate è basato principalmente sull'idratazione e sul controllo del dolore.

Sondino naso-gastrico: studi controllati hanno confermato che il suo posizionamento routinario non porta a miglioramento dei risultati. Da posizionare quindi per il trattamento sintomatico della nausea, del vomito e della distensione addominale dell'ileo e dell'ipersecrezione, se presenti.

Controllo dell'equilibrio idro-elettrolitico: infusione di 2-6 litri/die dal momento che grandi quantità di liquidi possono essere sequestrati nell'intestino e nel retroperitoneo Se possibile monitorizzare la pressione venosa centrale e la diuresi ( deve rimanere al di sopra dei 30 ml/h). Monitorizzazione e correzione dell'ipocalcemia ( presente nel 30% dei casi > e dell'ipopotassiemia.

Controllo del dolore: la Meperidina a dosaggi di 100-150 mg. ogni 4 ore i.m. è l'analgesico comunemente usato. Anche se uno degli insegnamenti accademici è che la Morfina determina dolore addominale ed aumento della lipasemia per spasmo dello sfintere di Oddi, studi recenti basati su CPRE con misurazione diretta della pressione sfinteriale, hanno dimostrato che tutti gli analgesici, inclusa la Meperidina, determinano aumento della frequenza delle onde fasiche dello sfintere di Oddi e che solo modesti incrementi della pressione sfinteriale si realizzano con alti dosaggi di morfina (2). Nei casi resistenti agli analgesici si può ricorrere al blocco splancnico in epidurale.

Alimentazione Parenterale Totale: deve essere iniziata se si prevede che il paziente non riprenderà l'alimentazione entro sette giorni dall'ospedalizzazione. Possono essere usate anche emulsioni lipidiche avendo l'accortezza che la trigliceridemia rimanga al di sotto dei 500 mg/dl. Un'osservazione importante che richiede ulteriori studi è quella della riduzione dei costi e delle sepsi utilizzando un'alimentazione enterale posizionando endoscopicamente o radiologicamente il sondino nel digiuno, al di sotto dell'angolo di Treitz per evitare la stimolazione delle cellule CCK, dal momento che la loro stimolazione peggiora il decorso della malattia (3). Il problema medico è quando riprendere l'alimentazione per 0S. Sfortunatamente non esistono studi controllati a tal riguardo. Una pratica empirica ma razionale è quella di riprendere l'alimentazione basandosi sui sintomi e non sugli esami di laboratorio (livelli di amilasi e lipasi): se il paziente non ha da molto tempo dolore, l'alimentazione per os può essere tentata per essere altresì prontamente sospesa alla prima ricomparsa della sintomatologia algica in risposta al cibo.

Antistaminici H2 o inibitori della pompa protonica: inefficaci sulla pancreatite acuta ma utili per la prevenzione delle ulcere peptiche.

Antiproteasi: considerando i dati emergenti dalla meta-analisi di cinque trias, le antiproteasi possono giocare un ruolo qualora siano somministrate profilatticamente e quando siano usate nella fase molto precoce della malattia (4).In particolare il gabesato mesilato somministrato a dosaggi di 900 mg/die i.v. per almeno sette giorni è efficace quanto il gabesato mesilato somministrato a dosaggi di 1500 mg/ die i.v. per lo stesso periodo di tempo nel ridurre le complicanze della pancreatite acuta (5). Inoltre studi randomizzati placebo-controllo hanno dimostrato che il gabesato mesilato riduce le pancreatiti post CPRE dall'8% al 2%.

Somatostatina ed Octreotide: il loro uso ha fornito risultati non univoci. Sebbene nessun singolo studio abbia dimostrato un miglioramento della sopravvivenza con l'uso della somatostatina, una metanalisi di sei studi controllati ha dimostrato un miglioramento statisticamente significativo della sopravvivenza. Viceversa uno studio israeliano ha dimostrato che l'octreotide a dosaggi di 100 mcg tre volte al dì per 14 giorni migliora la percentuale di sepsi ed il tempo di degenza ospedaliera in pazienti con pancreatite acuta severa. Invece un recente studio scozzese non ha dimostrato alcun miglioramento in termini di mortalità e sviluppo di complicanze in un vasto gruppo di pazienti trattati con alti dosi di octreotide (1000 mcg/die) per cinque giorni. E' verosimile pertanto che sia l'octreotide che la somatostatina possano apportare solo un lieve beneficio nel trattamento della pancreatite acuta.

 TRATTAMENTO DELLE COMPLICANZE

Insufficienza Multiorgano

Durante la prima settimana, le complicanze più temibili sono l'insufficienza respiratoria e lo shock. Il momento patogenetico di entrambe le complicanze è da ricondurre al rilascio di citochine come l'interleukina-6 e l'interìeuchina-8 e del fattore attivatore delle piastrine (PAF) che producono effetti sistemici con ipotensione e trasudazione di fluidi dai capillari polmonari agli alveoli e conseguente insufficienza respiratoria. La prima decisione da prendere è quando trasferire il paziente in una Unità Intensiva per una più stretta monitorizzazione: ciò va attuato senza indugio alla prima comparsa di sintomi di impegno polmonare e/o vascolare come tachipnea, ipotensione ed oliguria. Gli iniziali entusiasmi sull'impiego della dialisi peritoneale nell'insufficienza respiratoria e cardiovascolare sono stati spenti da due studi randomizzati che hanno dimostrato che essa non apporta alcun beneficio. Invece un farmaco molto promettente in tal senso è l'inibitore del fattore attivatore delle piastrine (PAF), il Lexipafant: uno studio randomizzato in doppio cieco su 290 pazienti ha dimostrato una riduzione della mortalità dal 20 % al 10% se somministrato entro 48 ore dall'insorgenza dei sintomi.

Prevenzione delle infezioni

Come già detto, dopo la prima settimana di malattia la più frequente causa di morte del paziente con pancreatite acuta è la sepsi pancreatica, generalmente dovuta ad aree necrotiche infette a causa della migrazione batterica dal tratto gastrointestinale

specialmente da colon). Tre studi condotti negli anni novanta, uno dei quali in Italia, hanno dimostrato il beneficio complessivo di una terapia antibiotica a largo spettro in termini di riduzione della mortalità delle giornate di degenza, delle infezioni del tratto urinario e del numero di interventi chirurgici per paziente. Un buon protocollo è quel lo che prevede l'uso di Imipemen a dosaggi di 500 mg ogni 8 ore per 7-14 giorni o la combinazione di Ciprofloxacina 400 mg ogni 12 ore più Metronidazolo 500 mg ogni 8 ore per 7-14 giorni. Anche se gli ultimi due antibiotici non sono stati validati da studi controllati, hanno dimostrato una buona penetrazione nel tessuto pancreatico e sono molto efficaci contro i germi gram negativi principalmente imputati nelle infezioni pancreatiche. Al momento attuale l'uso di antibiotici per via endovenosa ( Imipemen-cilastatina, Cefuroxime, Ceftazidime ) o di antibiotici attivi per os sulla flora batterica intestinale, è raccomandato nei pazienti con forme necrotico-emorragiche. Se con la TC si evidenziano focolai necrotici o il paziente presenta segni cImici quali febbre elevata, tachicardia, leucocitosi, è indicato procedere ad un'agoaspirato per via percutanea del tessuto necrotico e del fluido peripancreatico. I pazienti con necrosi ed aspirato positivo per germi Gram negativi, dovrebbero essere avviati al debrigliamento chirurgico (1).

Rimozione d'urgenza dei calcoli dalla via biliare

I tre studi di riferimento su vaste casistiche che si trovano in letteratura dimostrano che la CPRE d'urgenza con estrazione del calcolo biliare deve essere effettuato precocemente (entro le prime 24 ore) piuttosto che più tardivamente ( dopo le 24 ore) e ciò a maggior ragione se si sospetta una colangite.

Pseudocisti

Si sviluppano in una percentuale variabile dal 10% al 15% durante il decorso di una pancreatite grave. In un classico lavoro, Bradley e Coli. Hanno dimostrato che circa il 40 % delle pseudocisti si risolve entro 6 settimane dalla loro identificazione e che le complicanze si sviluppano in circa il 20 % dei casi, per cui hanno sostenuto che il drenaggio deve essere effettuato dopo almeno sei mesi di osservazione clinica. Altri due lavori hanno dimostrato che l'osservazione clinica può protrarsi anche oltre un anno. L'intervento chirurgico non deve essere procrastinato nei pazienti con incrementi volumetrici della pseudocisti oppure in quelli con pseudocisti sintomatiche.

 

PANCREATITE CRONICA

La pancreatite cronica è un processo infiammatorio che coinvolge inizialmente il sistema duttale pancreatico ( piccoli, medi e grandi dotti > e successivamente il parenchima acinoso ed insulare della ghiandola. Esordisce generalmente intorno la terza-quarta decade con un rapporto maschi/femmine di 3:1. L'incidenza è di circa 10-15 nuovi casi/100.000 abitanti per anno ed è in costante aumento dagli anni 60 nei paesi occidentali. I fattori di rischio sono l'abuso alcolico, il fumo di sigaretta e gli squilibri dietetici. Nei paesi tropicali il consumo di cassava e le carenze alimentari calorico-proteiche sono responsabile della pancreatite cronica tropicale giovanile.

 CLASSIFICAZIONE PATOGENETICA

Secondo l'ipotesi patogenetica della scuola di Marsiglia, sulla quale si basa la classificazione di Marsiglia - Roma ormai superata, la pancreatite cronica calcificante - calcifica, rappresentativa della quasi totalità delle pancreatiti croniche, inizierebbe come una litogenesi intraduttale primitivamente indotta da alterazioni qualitative/quantitative del la litostatina, una proteina solubilizzante il calcio normalmente presente nel succo pancreatico. La precipitazione ditale materiale proteico insolubile,derivante in parte da fattori sconosciuti endogeni ed in parte da tossici esogeni come l'alcol ed il fumo, causa la formazione di plugs proteici su cui successivamente si depositano sali di Ca++. Sia i plugs proteici che i calcoli neoformati determinano disepitelizzazione dei dotti e danni alla membrana basale con relativa risposta infiammatoria e conseguente fibrosi stenosante. lì parenchima pancreatico viene gradualmente sostituito da tessuto fibroso con coinvolgimento tardivo delle isole di Langerhans. L'alcol in particolare, oltre ad agire da tossico sulle cellule acinari per effetto dell'acetaldeide1 favorisce la formazione dei plugs proteici aumentando la degradazione della litostatina, aumentando la concentrazione enzimatica nel succo pancreatico, diminuendo gli inibitori enzimatici come il PSTI Pancreatic Secretori Trypsin lnhibitor ) ed alterando il pH per la riduzione della secrezione dei bicarbonati.

Pancreatite Cronica Autoimmunitaria: in tale forma l'epitelio duttale esprime sulla propria superficie antigeni HLA di classe lì aberranti per cui diviene bersaglio di linfociti sensibilizzati che non riconoscono più tali cellule come "self". L'infiltrato linfocitario è periduttale ed evolve in fibrosi con obliterazione del lume ed ostacolo al deflusso. La forma autoimmunitaria può decorrere da sola o associarsi a colangite sclerosante, cirrosi biliare primitiva, rettocolite ulcerosa, morbo di Crohn e sindrome di Siogren.

Pancreatite Cronica Ostruttiva: consiste in un processo fibro-atrofico uniforme del parenchima pancreatico secondario ad un'ostruzione benigna o maligna dei grandi. dotti pancreatici. Se tale ostacolo non viene rimosso endoscopicamente o chirurgicamente, l'evoluzione è un'atrofia acinare irreversibile con progressivo coinvolgimento delle isole di Langerhans.

Pancreatite Cronica Associata A Distrofia Cistica Della Parete Duodenale: descritta per la prima volta nel 1970, è caratterizzata dalla infiammazione alcol-indotta del tessuto pancreatico presente normalmente all'interno della parete duodenale. L'eccessivo introito alcolico causerebbe ostruzione del sistema escretore di questo tessuto pancreatico intraduodenale con formazione di vere e proprie cisti da ritenzione. La malattia è inizialmente localizzata a livello della C duodenale ma successivamente la progressione della flogosi o lo sviluppo delle cisti possono comprimere il dotto di Wirsung con comparsa di una pancreatite cronica ostruttiva del corpo-coda pancreatico. Raramente la compressione può avvenire anche sul coledoco con relativo ittero ostruttivo. Sul piano clinico-patologico ci sono dunque due varianti ditale forma morbosa: Una "pura" con flogosi localizzata solo a livello del tessuto pancreatico intra-duodenale e pancreas indenne, e la seconda, più comune, nella quale alla lesione duodenale si associa una pancreatite cronica ostruttiva-calcifica.

Pancreatite Cronica Ereditaria: rara forma trasmessa come carattere autosomico dominante a penetranza incompleta, caratterizzata da un'insorgenza clinica in età molto precoce. L'alterazione genetica consiste in una mutazione puntiforme sul cromosoma 7q35 dove viene sintetizzato il tripsinogeno cationico. Tale enzima modificato è più resistente all'azione litica ( autolitica o di altre proteasi ) con la conseguenza di una sua maggiore concentrazione nel succo pancreatico e conseguenti ripetuti episodi di pancreatite acuta che con il tempo evolvono in pancreatite cronica.

Pancreatite Cronica Associata A Mutazione Del Gene Della Fibrosi Cistica: in tal caso l'alterazione è a carico del gene CFTR ( Cystic Fibrosis Transmembrane Conductance Regulator ) responsabile della mucoviscidosi. La frequenza di questa mutazione è significativamente più elevata nei pazienti affetti da pancreatite cronica rispetto alla popolazione generale. Secondo un'ipotesi patogenetica di autori statunitensi, la mutazione genetica comporterebbe un'alterazione del pH intraduttale ed intra-acinare con conseguente alterazione-blocco del processo secretivo all'interno della cellula macinare ed inizio del processo infiammatorio.

Pancreatite Cronica Alcolica Pura: rappresenta circa il 10% del totale, ed i meccanismi patogenetici sono quelli già ricordati.

 PRESENTAZIONE CLINICA E STORIA NATURALE

La pancreatite cronica evolve in due fasi sequenziali: la fase precoce e la fase tardiva.

La prima fase si colloca entro i primi cinque anni dall'esordio clinico ed è caratterizzata da frequenti riacutizzazioni dolorose. lì dolore è di tipo persistente, profondo ed è scatenato dall'ingestione di alcol e pasti ad alto contenuto lipidico.

La seconda fase si colloca dopo circa 10 anni dall'esordio della sintomatologia ed è invece caratterizzata da dalla riduzione delle crisi dolorose e dalla comparsa dei segni e sintomi cimici dell'insufficienza pancreatica esocrina ed endocrina: la maldigestione, con diarrea, steatorrea e creatorrea compare solo per funzioni pancreatiche ridotte di oltre l'80-90%. La comparsa di alterazioni ossee da deficit di vitamina D sono di infrequente riscontro. Anche l'intolleranza glicidica ed il diabete insulino-dipendente compare tardivamente e, caratteristicamente il diabete non è chetoacidosico e normo o ipoglucagonemico.

La pancreatite cronica, pur essendo una malattia di rilevante impegno clinico, raramente è responsabile direttamente della morte del paziente che avviene invece per le complicanze delle patologie legate all'abuso di alcol e fumo, quali i tumori extrapancreatici, il carcinoma pancreatico, la cirrosi epatica e la patologia cardiovascolare.

COMPLICANZE ED ASSOCiAZIONI MORBOSE

Le complicanze più frequenti sono le cisti , le pseudocisti e le ostruzioni biliari. Tra le associazioni morbose sono da ricordare l'ulcera duodenale ( per il ridotto tamponamento del carico acido duodenale ), la cirrosi epatica ( elevato introito alcolico), la colelitiasi e, per la forma autoimmunitaria, la colangite sclerosante primitiva, la cirrosi biliare primitiva, le malattie croniche intestinali e la sindrome di Sjogren. Nei pazienti affetti dalle forme associate ad alterazioni genetiche, e quindi con lunga storia di malattia per la precocità della sua insorgenza, è stata dimostrata un'aumentata incidenza di adenocarcinoma pancreatico.

DIAGNOSI Dl LABORATORIO

Durante la fase acuta dolorosa, gli esami ematochimici evidenziano un modesto incremento della amilasemia, della lipasemia, della tripsinemia e, frequentemente, incremento di bilirubina, gamma-GT, fosfatasi alcalina e transaminasi( espressione di colestasi extraepatica da compressione del coledoco).

La riserva funzionale endocrina pancreatica può essere valutata con il test al glucagone e la valutazione di un'eventuale insulino-resistenza, con il test di tolleranza all'insulina.

Nel dubbio diagnostico con un una neoplasia pancreatica è opportuno il dosaggio del CA-19-9

La riserva ghiandolare esocrina può essere valutata misurando l'escrezione giornaliera con le feci di chimotripsina (v.n. > 6 UI/g. ) o dell'elastasi-I (v.n. > 200 < 500 mcg/g. ).

La riserva funzionale degli enzimi lipolitici può essere valutata indirettamente con il Pancreolauryl Test; il dilaurato di fluoresceina, un composto che viene scisso dalle esterasi pancreatiche con liberazione di acido laurico e fluoresceina, viene somministrato per 05. La fluoresceina viene assorbita ed escreta con le urine. Dal rapporto tra la raccolta urinaria di fluoresceina dopo somministrazione in un giorno differente di fluoresceina pura, si ottiene un valore indice della funzione pancreatica ( T/K): valori di T/K inferiore al 20 % sono sicuramente patologici. I test indiretti hanno il vantaggio di essere facilmente eseguibili e ben tollerati. Tuttavia, sebbene siano in grado di dimostrare un'insufficienza esocrina grave, la loro utilità è scarsa nelle pancreatopatie di grado lieve e moderato dove la sensibilità della metodica è bassa per l'alto numero di falsi negativi.

La massima capacità secretoria pancreatica può essere valutata direttamente dosando gli enzimi pancreatici ed i bicarbonati nell'aspirato duodenale raccolto mediante sondino durante stimolazione continua con secretina (0,5 U/kg/ora) e ceruleina (0.5 U/Kg/ora) somministrate per via endovenosa. I limiti principali di questa metodica consistono nel suo. costo elevato e nella bassa tollerabilità da parte del paziente, e per tali motivi essa è sempre meno utilizzata. Ciò nonostante la sua accuratezza è decisamente elevata, aggirandosi intorno al 95-97% e permane tale anche nelle forme lievi. Ciò fa sì che tale indagine sia elettiva nella diagnosi delle pancreatopatie croniche iniziali, laddove la diagnostica strumentale è difficilmente in grado di evidenziare la condizione patologica.

Il dosaggio dei lipidi nelle feci ha' un significato clinico limitato, in quanto la steatorrea compare solo quando la secrezione di lipasi è compromessa per oltre il 90%, quindi in una pancreatopatia di grado avanzato. La metodica si basa sul dosaggio quantitativo dei grassi eliminati con le feci dopo una dieta a contenuto noto. Valori di grassi fecali > 6g./die sono considerati patologici.

L'uso degli esami funzionali non è più di tipo diagnostico ma è volto a:

Stabilire il grado di insufficienza esocrina. Sebbene i test diretti siano i più precisi, sono stati sostituiti da quelli indiretti.

Decidere quando iniziare la terapia enzimatica sostitutiva. Tale decisione si basa prevalentemente su criteri cImici (comparsa di diarrea e malnutrizione), ma il dosaggio dei grassi fecali potrà confermare l'indicazione alla terapia medica anche nella fase preclinica del malassorbimento evitando così il deterioramento delle condizioni; generali del paziente.

 Determinare l'efficacia della terapia modificando eventualmente il dosaggio degli enzimi sostitutivi. Anche per questo scopo è indicato il dosaggio dei grassi fecali.

 DIAGNOSTICA RADIOLOGICA

La radiografia diretta dell'addome in bianco" può documentare la presenza di calcificazioni o di calcoli pancreatici nel 30 % delle pancreatiti iniziali e nel 70% delle forme avanzate. Essa contribuisce alla diagnosi di malattia e dà indicazione sulla sede cefalica, corpo-caudale o diffusa del processo infiammatorio.

La radiografia delle prime vie digestive con contrasto baritato può evidenziare, nei pazienti con importante sintomatologia emetica, la pancreatite cronica associata a distrofia cistica della parete duodenale.

L'ecografia è la metodica strumentale di primo livello nello studio della pancreatite cronica. Essa permette di esplorare la ghiandola pancreatica per evidenziare un suo incremento volumetrico, la presenza di zone slerotiche o calcifiche nel suo contesto e la visualizzazione di dilatazioni e cisti del dotto di Wirsung. Un reperto di normalità all'esame ecografico non esclude una lieve pancreatopatia ove le alterazioni morfologiche non siano ancora chiaramente evidenti. Per tale motivo la sensibilità dell'ecografia percutanea risulta bassa, intorno al 65-70%; nella diagnosi delle forma lievi e moderate di pancreatite cronica è necessario ricorrere all'associazione dei tests diretti dì funzionalità che presentano una maggiore sensibilità diagnostica. Sotto guida ecografia è possibile eseguire agospirati di cisti e pseudocisti e biopsie di masse pancreatiche sospette.

La TAC fornisce informazioni in parte sovrapponibili all'ecografia: essa delinea le alterazioni di volume e forma della ghiandola, dimostrando la presenza di cisti e dilatazioni del dotto pancreatico e l'eventuale interessamento delle strutture contigue ( Stenosi della via biliare principale, trombosi del sistema portale e pseudoaneurismi arteriosi ), con una accuratezza prossima al 90%.Anche per la tomografia vi è il limite della risoluzione nelle piccole dilatazioni del dotto pancreatico, ossia della identificazione delle forme lievi di pancreatopatia. Rispetto all'ecografia la TAC presenta il vantaggio di fornire informazioni sul pattern vascolare dell'organo è quindi di dare indicazioni di diagnosi differenziale in caso di massa pancreatica con sospetto di malignità. Anche la TAC consente l'esecuzione di biopsie guidate per la diagnosi citologica ed istologica di lesioni focali intraparenchimali.

Sempre di maggiore impiego è la colangio-RMN con secretina che permette una visualizzazione del sistema duttale pancreatico sovrapponibile a quella ottenibile con la CPRE. Gli alti costi ditale metodica la rendono disponibile solo in centri specializzati.

 DlAGNOSTlCA ENDOSCOPiCA

Nella sua modalità perendoscopica (EUS), l'utilizzo di frequenze sonografiche più elevate consente un migliore studio della morfologia ghiandolare, diretto soprattutto alla definizione di un piccolo nodulo intra-parenchimale quando sussista un dubbio diagnostico tra neoplasia e nodulo di sclerosi. Gli ecoendoscopi di ultima generazione oltre ad essere di minore calibro sono dotati di un canale operatore con possibilità di eseguire agoaspirati mirati sotto guida ecografia. L'EUS può inoltre fornire dati accurati nello studio delle complicanze della pancreatite cronica quali le pseudocisti in cui consente di valutare lo stato delle pareti ed i suoi rapporti con le strutture adiacenti.

La CPRE è considerata lo strumento diagnostico elettivo per la diagnosi e la stadiazione della pancreatopatie croniche ed è di fondamentale importanza nello stabilire l'indicazione e la tattica chirurgica. La metodica dà un quadro delle alterazioni morfologiche della ghiandola dimostrando la presenza di modificazioni duttali di tipo stenotico o dilatativo e l'eventuale presenza di precipitati endocanalari con una accuratezza diagnostica prossima al 90%.Essa inoltre permette la visualizzazione dell'albero biliare , precisandone l'eventuale compromissione. Tra le classificazioni dei quadri pancreatografici, una delle più diffuse è quella di Kasugai che distingue le pancreatici croniche in forme lievi (sclerosi dei dotti periferici), forme moderate (dilatazione e stenosi del dotto principale ) e forme gravi ( oltre al quadro precedente sono presenti cisti). Tuttavia la correlazione tra modificazioni morfologiche alla CPRE e danno funzionale ghiandolare risulta evidente solo per le forme più avanzate di pancreatopatia lì riconoscimento e la classificazione delle forme lievi di pancreatite cronica rimane ancora un problema diagnostico e clinico.

Si può schematizzare l'approccio diagnostico alla pancreatite cronica nel seguente modo:

Il paziente che presenta una sospetta pancreatite cronica con dolore quale sintomo più eclatante deve essere sottoposto a CPRE.

Se la sintomatologia è caratterizzata più da segni di insufficienza esocrina vanno eseguiti i test di funzionalità indiretta.

Se entrambi questi esami risultano negativi ma permane il dubbio diagnostico, VI e indicazione all'esecuzione di un test diretto di funzionalità pancreatica, la cui sensibilità è

più elevata nelle forme iniziali.

Posta la diagnosi, la CPRE sarà utilizzata come metodica per la visualizzazione dell'albero pancreatico, mentre ecografia e TAC risulteranno utili soprattutto per la dimostrazione di complicanze legate al processo infiammatorio cronico.

L'ecoendoscopia è elettiva nei casi in cui sia rilevata una piccola massa parenchimale per la diagnosi differenziale con una neoplasia mediante l'esecuzione di un esame citologico per agoaspirato ecoguidato.

 TERAPlA

La terapia della pancreatite cronica si propone di alleviare il dolore e di correggere l'insufficienza esocrina ed endocrina, ma non modifica la storia naturale della malattia la cui progressione verso l'insufficienza pancreatica terminale avviene inesorabilmente. Solo nelle forma iniziali, un trattamento medico ben condotto e l'assoluta sospensione dell'alcol possono arrestare l'evoluzione del processo infiammatorio.

Anche per il trattamento del dolore nella pancreatite cronica, l'aspetto più importante è rappresentato dalla sospensione del potus, elemento questo che consente di rallentare il deterioramento della funzione pancreatica. L'influenza dell'alcol sul dolore è legata alla sua azione quale potente secretagogo e la percentuale di pazienti in cui tale sintomatologia dolorosa scompare o si riduce è maggiore tra quelli che hanno sospeso l'alcol.

lì trattamento medico del dolore pancreatico comprende la somministrazione di. analgesici dapprima minori ( acetaminofene, aspirina ) eventualmente associato ad ansiolitici, e quindi maggiori. L'inibizione della secrezione pancreatica quale misura antalgica è stata tentata con la somatostatina (200 mcg s.c. tre volte al di) con risultai in qualche studio negativi, in qualche altro incoraggianti. Sotto studio l'octreotide che riduce il dolore nel 65% dei casi. La somministrazione di. questi farmaci deve essere effettuata prima dei pasti, in modo da alleviare le crisi post-prandiali. Effetto analgesico è stato attribuito alla terapia sostitutiva con enzimi pancreatici, in particolare la tripsina, in virtù del fatto che possano ridurre la secrezione pancreatica ristabilendo il feedback negativo interrotto dalla condizione di insufficienza esocrina. Infatti, se in condizioni normali la presenza in duodeno di enzimi pancreatici inibisce l'immissione in circolo di secretagoghi quali la colecistochinina e la secretina, nel corso della pancreatite cronica con insufficienza esocrina la mancanza ditali enzimi non regola più l'increzione di questi ormoni.

Nei pazienti che non rispondono ad una energica terapia medica, si può ricorrere temporaneamente al riposo funzionale assoluto mediante alimentazione parenterale totale (TPN).

La correzione dell'insufficienza esocrina e quindi della steatorrea e della maldigestione secondaria all'insufficienza pancreatica, si basa sulla somministrazione di estratti pancreatici associati a farmaci H2 bloccanti o inibitori della pompa protonica. Gli enzimi pancreatici vengono infatti denaturati irreversibilmente a pH inferiore a 4, per cui nel duodeno si può rilevare solo l'1-2% della normale attività lipasica mentre ne occorrerebbe almeno il 10%.. Gli estratti pancreatici devono fornire almeno 10.000 Unità Internazionali (UI) di lipasi nelle 4 ore successive ad ogni pasto principale. L'uso di microsfere gastroprotette ad alto dosaggio, programmate per liberare il loro contenuto ad un pH. intorno a 6, dovrebbe prescindere dalla terapia adiuvante con antisecretivi. Gli estratti pancreatici (solitamente di origine suina), vanno assunti durante o subito dopo il pasto e non all'inizio.

La correzione dell'insufficienza endocrina si riassume sostanzialmente nel controllo dell'iperglicemia da insufficiente produzione di insulina. Una dieta ipocalorica , a causa delta coesistente maldigestione, è mal applicabile in questi pazienti ed il trattamento dell'iperglicemia viene effettuato con la somministrazione di insulina sotto costante controllo della glicemia per il rischio di crisi ipoglicemiche legate in parte all'irregolarità nell'assunzione del cibo ed in parte all' alterata produzione di glucagone.

La terapia endoscopica si basa sulla sfinterotomia nei pazienti con stenosi a livello della papilla di Vater ( pancreatite cronica ostruttiva > e nella pancreatite cronica associata a mutazioni del gene della fibrosi cistica in cui sembra ritardare l'evoluzione della malattia. La presenza di calcoli intraduttali è un'indicazione precisa all'esecuzione di una sfinterotomia endoscopica previa Litotrissia extracorporea.

Anche la chirurgia non è in grado di modificare la progressione della malattia, ma si propone di correggerne la sintomatologia e di trattare le complicanze. Sono queste ultime che guidano le indicazioni all'intervento chirurgico e non la presenza di alterazioni anatomiche in assenza di sintomi. Le principali indicazioni al trattamento chirurgico sono:

Presenza di sintomatologia dolorosa cronica invalidante non controllabile con la terapia medica o con la neurolisi percutanea.

Presenza di nette modificazioni nella morfologia della ghiandola ( macrolitiasi intraduttale, cisti e/o pseudocisti ) o degli organo adiacenti ( Stenosi duodenale, stenosi coledocica, presenza di tramiti fistolosi ) alle quali sia direttamente riconducibile la sintomatologia del paziente.

Diagnosi differenziale con la patologia neoplastica qualora le indagini strumentali non siano dirimenti.

La scelta del tipo di intervento (recettivo o derivativo ), si basa sui dati anatomici dell'albero duttale pancreatico forniti dalla CPRE. In circa il 40-50% la radiologia dimostra un dotto pancreatico dilatato ( maggiore o uguale ad i cm. ); in questi casi dove la genesi del dolore si ritiene legata all'aumento della pressione endoduttale, l'intervento derivativo dì pancreatico-digiunostomia ha un'efficacia prossima all'85%, con mortalità operatoria e morbilità contenute. Laddove invece la CPRE dimostra un pancreas con dotti piccoli e sclerotici, oppure vi sia la presenza di una o più lesioni settoriali quali cisti o masse di incerta natura, l'intervento resettivo trova la sua specifica indicazione. Le resezioni cefaliche (intervento di Whipple) hanno ormai una mortalità operatoria ed una morbilità contenute ed una elevata efficacia (70% di scomparsa del dolore a distanza dall'intervento. La tecnica che prevede poi la conservazione del piloro (intervento di Longmire-Traverso) e quindi conserva integralmente lo stomaco, dà dei risultati ottimali, ed è di evidente indicazione soprattutto per questa patologia in cui il deficit pancreatico comporta una maldigestione. Nelle localizzazioni corpo-caudali è possibile un intervento di pancreasectomia distale con successiva pancreatico-digiunostomia (intervento di Puestow). Anche in questo caso, i risultati a distanza della terapia chirurgica della pancreatite cronica sono condizionati dalla effettiva sospensione dell'assunzione di alcol da parte del paziente.

                                  
Ultimo aggiornamento: 14-10-06.