Casella di testo: PACE CRISTIANA


Dopo le due guerre mondiali e la cinquantenaria “Guerra Fredda”, all’alba del nuovo millennio, da quel giorno di settembre del 2001, ci troviamo ad essere protagonisti di un nuovo devastante conflitto planetario, da una parte l’Occidente sorto sulle basi dell’ordine romano prima e cristiano poi dall’altra la ferocia barbarica di fanatici di Allah.
Di fronte all’inciviltà della guerra, di tutte le guerre, quella che ci vede in prima linea e quelle purtroppo “dimenticate” in ogni angolo della Terra, per tutti i cristiani è doveroso, oggi più che mai, innalzare forte e deciso un grido di pace.
Ogni uomo di buona volontà deve sapere che è sempre possibile la ricerca della pace e nei limiti della propria azione ha l’obbligo di perseguirla con determinatezza assoluta “Beati” infatti saranno “gli operatori di pace perché saranno chiamati figli di Dio” (Mt 5,9). Sopra ogni cosa, quindi, è necessario porre l’amore per il prossimo chiunque esso sia e come ha ribadito lo stesso Santo Padre “la necessità del perdono per risolvere i problemi dei singoli e dei popoli”.
In questi principi non si esprime un pensiero debole e arrendevole bensì il fondamento di una condotta salda, senza deroga alcuna. Vale a dire che bisogna essere consapevoli di non poter creare la pace dal niente. Essa scaturisce inevitabilmente dalla tolleranza, dal rispetto della dignità umana, dall’uguaglianza, dalla libertà. Proprio l’assenza di questi valori sommati agli squilibri socio-economici e alla diffidenza tra i popoli causa la guerra.
La storia c’insegna che le regole morali da sole non bastano, occorrono anche idonei strumenti giuridici come un efficiente diritto internazionale in grado di garantire la pacifica convivenza tra i popoli. Fino ad oggi questo non si è verificato, dal secondo dopoguerra tale compito è stato affidato all’ONU, un’organizzazione priva però di quell’autonomia e di quella terzietà necessarie per compiere una missione così difficile.
Da questo la domanda in cui si riassume un nodo cruciale del problema: un cristiano può auspicarsi che un solo paese intervenga in quei casi che esso stesso reputi estremi?
Il Catechismo cattolico consente al singolo stato il ricorso alla forza militare solo in casi limitati, interpretando in modo restrittivo il concetto di legittima difesa. D’altra parte è impossibile accettare il pacifismo ad oltranza, peraltro estraneo alla tradizione cattolica, quello il cui simbolo è l’arcobaleno preso in prestito dagli eretici teosofici e che sostanzialmente si è rivelato inefficace a contrastare i venti di guerra.
Ai cattolici non resta che una strada alternativa, lunga e faticosa. Quel cammino in cui si pone al centro di tutto l’uomo e le sue necessità concrete, il valore indiscusso della persona umana intesa nella sua unicità e diversità e il carico di bisogni, di speranze di cui ognuno è portatore; non più una battaglia di retroguardia ma un’iniziativa che ci veda tutti coinvolti nella quotidianità della vita. E’ già importante, infatti, riuscire ad affermare lo spirito di comunione, di fratellanza, di solidarietà quando siamo in famiglia, con gli amici, sul lavoro nelle relazioni e nelle situazioni di sempre. 
L’uomo deve ricordarsi di essere un peccatore ma si deve ricordare anche di poter vincere il peccato e con esso la violenza e la guerra fino a quando: “Forgeranno le loro spade in vomeri, le loro lance in falci; un popolo non alzerà più la spada contro un altro popolo, non si eserciteranno più nell’arte della guerra” (Is 2,4).
                                   
										Legolas357