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Nonna Marketing

dal libro di Daniel Pennac "Diario di scuola

 

 

Nel suo ultimo libro, Diario di scuola, Daniel Pennac affronta, partendo dall'esperienza personale, l'universo scolastico.

Il tema anche qui in Italia è più che mai attuale, e purtroppo non certo in termini di eccellenza, vista l'alta percentuale dei ragazzi che totalizzano numerosi debiti formativi, come confermato dall'indagine Pisa‑Ocse del 2004 e poi del 2007, che registra che gli studenti italiani hanno lacune pesantissime e protratte nel tempo soprattutto in materie quali la matematica, l'italiano, le scienze. Ad aggiungersi a questo quadro sconfortante c'è poi il fenomeno assai più grave del bullismo a scuola e della diffusa violenza giovanile.

Di fronte a questo scenario il libro di Pennac ci aiuta a capire meglio la situazione, offrendoci innumerevoli spunti di riflessione. L'impostazione stessa del libro sollecita il lettore a considerare le cose da una diversa prospettiva: basti pensare che lo scrittore presenta la scuola così come vista dagli studenti più "somari" (quale era lui), di cui spesso ci si dimentica di parlare in termini individuali, facendo emergere  la loro sofferenza nel non capire o, cosa ancor più grave, il loro sentirsi di "non esistere" scolasticamente.
Il disagio scolastico, unito più in generale al disagio giovanile (violenza urbana, la ferocia del branco, la sofferenza dei quartieri di periferia), spesso autorizza gli adulti ad esprimere giudizi e a fornire un'immagine assolutamente negativa dei giovani; ma ecco che, di fronte a questa tendenza, lo scrittore fa sentire forte la sua voce: "... mi rifiuto di assimilare a queste immagini di violenza estrema tutti gli adolescenti di tutti i quartieri difficili.....  Vergogna a coloro che fanno dei giovani più abbandonati  un oggetto fantasmatico di terrore nazionale! Costoro sono la feccia di una società senza onore che ha perduto finanche il sentimento di paternità".

Le parole di Pennac sono molto dure e partono dalla profonda convinzione che i giovani d'oggi non siano poi così diversi da quelli di "allora", l'unica fondamentale differenza è nel fatto che oggi non portano i maglioni smessi ereditati dai fratelli maggiori.
L'acuta osservazione dello scrittore sottintende una realtà ben più profonda ed amara che lo porta ad raffigurare la vita secondo Nonna Marketing: "un gigantesco centro commerciale senza pareti,  senza limiti, senza frontiere e senza altro scopo all'infuori del consumo! E la scuola ideale secondo la Nonna:  un serbatoio di potenziali consumatori sempre più avidi!". Il bambino catapultato nella società di mercato si è trasformato in un bambino cliente, che svolge un ruolo economico uguale a quello degli adulti responsabili della sua educazione e istruzione (pensiamo solo al suo abbigliamento, al cellulare, ai gadgets di vario tipo, alle inesauribili richieste). Non conta il ceto sociale, tutti bramano gli oggetti, specialmente nei quartieri periferici dormitorio, dove nulla si offre al giovane se non  la vista di enormi cartelloni pubblicitari di oggetti fuori della sua portata, e le richieste sono ancora più pressanti.

Il problema è che tutte queste richieste e desideri vengono esauditi velocemente e senza sforzo creando sempre più avide aspettative. Il fatale meccanismo però, fortunatamente,  trova un ostacolo lungo la sua strada: la scuola. La scuola e tutto ciò che essa rappresenta - il valore dell'educazione, della conoscenza, della ragione, di tutto ciò che è astrattismo rispetto alla concretezza degli oggetti - si pone come l'ultimo luogo della società di mercato in cui non si fanno regali, non si esaudiscono i desideri ma dove si richiede al bambino cliente di preoccuparsi delle proprie necessità a discapito dei propri desideri, di svuotare la testa ed attivare la mente, di fare sacrifici e sforzi per il proprio futuro. Ed ecco il forte conflitto che scaturisce: da un lato la debolezza del giovane che non è abituato a lottare e dall'altro la scelta della strada più facile da percorrere, che può essere rappresentata da un rifiuto allo studio, da un atteggiamento violento, dall'apatia o dalla sfiducia nelle proprie capacità.

Queste considerazioni ci portano a riflettere su quanto sia irrinunciabile l'esigenza di attivare sempre più tutte le agenzie formative e tutti gli educatori per lottare e lavorare insieme affinché il valore dell'educazione e, nel nostro caso, il valore del libro, siano sempre più forti e sappiano contrastare le modalità distruttrici che noi stessi abbiamo contribuito a creare e di cui oggi più che mai sono vittima i nostri ragazzi.

Tiziana Petrini

 

     
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