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LE NOTIZIE
 
“Il Quotidiano della Calabria” – Mercoledì 19 gennaio 2005 – pag. 15

 

Nelle carte dell’inchiesta sul traffico tra Italia e corno d’Africa anche un certificato di morte di Ilaria Alpi

Jolly Rosso e lo scandalo rifiuti


UN CERTIFICATO di morte che attestava il decesso di Ilaria Alpi venne trovato durante una perquisizione, ordinata dalla procura di Reggio Calabria, in una cartellina, rubricata con la scritta “Somalia”, nella disponibilità dell’industriale Giorgio Comerio coinvolto in una indagine della stessa procura calabrese sul traffico di rifiuti tra Italia e il corno d’Africa.
Lo ha rivelato l’ex pm della procura reggina, Francesco Neri, ascoltato ieri, insieme al pm della procura di Paola, Francesco Greco – titolare di una indagine ancora aperta sul traffico di rifiuti con la Somalia – sentito oggi dalla Commissione di inchiesta che indaga sull’omicidio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin. La Commissione, presieduta da Carlo Taormina, ha ascoltato anche Alfredo Tedesco, ex componente del Sismi che all’epoca dell’omicidio di Ilaria Alpi era a Mogadiscio alle dipendenze di Luca Pescarini Rajola, ex responsabile del servizio esteri dei servizi segreti militari, anche lui sentito dalla Commissione di Palazzo San Macuto la scorsa settimana, e l’ex generale, attuale parlamentare dei Ds, Franco Angioni. Greco – il cui nome viene citato da una inchiesta fatta dal settimanale l’Espresso che ha messo in relazione l’indagine sul traffico di rifiuti condotta dalla procura di Reggio, in cui venne coinvolto proprio Giorgio Comerio, e l’omicidio della giornalista del Tg3 – ha spiegato alla Commissione le tappe dell’indagine scaturita dallo spiaggiamento della nave “Jolly Rosso” e di altri natanti che avrebbero materialmente assicurato il traffico di rifiuti e armi. L’ex pm, che ora ricopre un altro incarico sempre in seno alla magistratura, rispondendo alle domande del presidente della Commissione, Carlo Taormina, ha detto che durante una perquisizione, compiuta negli anni successivi alla morte di Ilaria Alpi, in alcune cartelline che erano nella disponibilità di Comerio vennero trovati dossier dove erano elencati siti che erano stati utilizzati per affondare i rifiuti, e alcuni erano in Somalia.
Greco ha spiegato che Comerio sostenne durante l’indagine, di essere in possesso delle autorizzazioni per effettuare queste operazioni. In queste cartelline spuntò secondo il magistrato, anche un certificato di morte di Ilaria Alpi e alcuni fax che lo stesso Comerio aveva inviato ad Ali Madhi, uno dei signori della guerra in Somalia, dopo il conflitto intestino apertosi in seguito alla deposizione di Siad Barre e su cui avrebbe indagato la stessa Ilaria Alpi.
Greco ha anche riferito che ascoltò la testimonianza di Aldo Anghessa che delineò alla procura di Reggio uno scenario in cui una non meglio precisata lobby internazionale, con radici anche in Italia, gestiva il traffico internazionale di rifiuti. E sarebbe stato poi proprio questo filone di indagine a far approdare la procura reggina alla Shifco e alla Cooperazione.
Alla domanda di Taormina, in cui si chiedeva conto dell’esito di questa documentazione, l’ex pm ha spiegato che aveva inviato i documenti che riguardavano Alpi all’ex pm Pititto, titolare della prima indagine sull’omicidio Alpi-Hrovatin, poi passata al pm Franco Ionta.
Quasi del tutto secretata la deposizione del pm della procura di Palmi, Francesco Neri che sta indagando tuttora sul traffico di rifiuti, che sarebbero stati affondati in mare dentro le boe, e sullo stesso Comerio. Neri ha spiegato che allo stato non sarebbero emerse relazioni tra l’indagine della procura di Palmi e l’omicidio Alpi-Hrovatin.
La Commissione ha ascoltato anche Alfredo Tedesco, ex agente del Sismi in Somalia al seguito del contingente italiano impegnato a Mogadiscio nell’operazione Restore Hopè.Tedesco che è stato censurato da Taormina per aver avuto un colloquio, nelle more delle audizioni, con il generale Rajola (sentito dalla Commissione la scorsa settimana), ha spiegato che sarebbe stato il fondamentalismo islamico la matrice in cui sarebbe maturato l’omicidio della giornalista del Tg3.
Il generale Angioni, parlamentare Ds, coinvolto nell’affaire Alpi insieme con Rajola da un presunto supertestimone poi denunciato da Taormina alla procura, ha spiegato alla Commissione di aver appreso della vicenda dalla stampa e di non aver mai sentito parlare della circostanza secondo cui personale dell’esercito fece irruzione nella stanza dell’hotel Sahafi a Mogadiscio per portar via alcuni effetti personali della giornalista.
«La deposizione del pm Neri smentisce nettamente ipotesi di collegamento fra inchiesta su traffico di rifiuti e omicidio della giornalista», afferma il deputato di An Enzo Fragalà. «La Commissione non consentirà ad alcuno di orientare, in alcun modo – continua – la ricerca della verità con teoremi astrusi. Ai colleghi di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin sta sicuramente a cuore la ricerca della verità sull’omicidio dei due colleghi. La deposizione del pm della procura di Palmi, dottor Francesco Neri, ascoltato ieri dalla Commissione parlamentare di inchiesta che indaga sull’omicidio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, fa definitivamente chiarezza sui tentativi di depistaggio attuati nei confronti della Commissione stessa e smentisce, oltre ogni ragionevole dubbio, l’ipotesi avanzata attraverso alcune inchieste giornalistiche, non supportate da prove, su presunte relazioni fra l’omicidio della giornalista del Tg3 e l’inchiesta, condotta a Palmi, sul traffico di rifiuti». «Le nette parole del pm Neri a questo proposito – sostiene Fragalà – debbono essere di monito a chi pensa di poter condizionare il lavoro della Commissione parlamentare utilizzandolo per fini propri o per supportare astrusi teoremi preconcetti.
La Commissione andrà avanti, come sempre senza perdere di vista l’obiettivo finale che è quello di far luce sull’omicidio dei due operatori dell’informazione e non permetterà a chicchessia di orientare, in alcun modo, la ricerca della verità.
Dispiace rilevare, peraltro, che alla ricerca di scoop null’altro che sensazionalistici ma privi assolutamente di riscontri si siano prestati valenti giornalisti ai quali, siamo certi, sta sicuramente a cuore la ricerca della verità sull’omicidio di due loro colleghi».

 

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