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“La Repubblica” – Martedì 16 gennaio 2007 - pag. 10

 

Giù l’ecomostro calabrese


Cinquemila metri quadri abusivi. O quindicimila metri cubi di cemento e acciaio illegali. O quattro orribili palazzoni, di cinque, sei e nove piani. Mostri sgraziati e sgradevoli di cemento e acciaio incredibilmente incastonati da una ventina d’anni su una scogliera calabrese, quasi fossero una perla che deve specchiarsi nel mar jonio. E invece no. Invece è solo un mega complesso turistico iniziato, e abortito, a Copanello, in un centro turistico dello Jonio catanzarese. Un gigante cattivo, costruito in una zona protetta e in barba a qualsiasi norma. Che stamattina sarà demolito. Finalmente, infatti, dopo anni di battaglie ambientaliste, la Regione Calabria darà esecuzione a un’ordinanza di demolizione datata 1987.
Dopo Punta Perotti a Bari, un altro evento nella battaglia italiana agli ecomostri. «Sarà una giornata memorabile», annuncia il Presidente della Regione Agazio Loiero. Perché si cancella «un vero e proprio sfregio al territorio e si concretizza una politica di legalità». Gli fa eco il presidente della commissione regionale Antimafia Giuseppe Guerriero: «La via della legalità qui passa anche attraverso il ripristino dei luoghi saccheggiati dall’abusivismo». La Calabria infatti, come raccontano da anni i rapporti di Legambiente, svetta nelle classifiche del malaffare nel ciclo del cemento: qui si registra quasi il 14% dei reati italiani.
Ecco perché aumenta di importanza la demolizione di oggi a Copanello. «E’ un atto concreto della nuova politica ambientale», dice l’assessore all’Ambiente Diego Tommasi. «E’ l’avvio di un percorso – sono le parole dell’assessore regionale all’Urbanistica Michelangelo Tripodi – per ripristinare le regole sul litorale costiero, per troppo tempo lasciato nelle mani degli speculatori». E’ la prima volta che in Calabria si demolisce un ecomostro, e sarà festa. Non è un caso se il ministro dell’Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio ha deciso di essere presente: «L’abbattimento è un segnale concreto – sostiene – a favore della legalità e per rilanciare il progetto di una regione che punta al turismo e alla tutela del patrimonio naturale come elementi centrali della propria economia».
Legambiente, come annuncia il direttore generale Francesco Ferrante, sarà presente in forze «non solo perché l’abbattimento è frutto di una battaglia che portiamo avanti da molti anni, ma anche e soprattutto perché rappresenta l’inizio di una nuova stagione della legalità in una regione come la Calabria fortemente martoriata dall’abusivismo». E infatti lo scheletro di Copanello è solo il primo degli ecomostri destinato «a finire giù». Quello di oggi sarà quindi «un evento eccezionale, ma non unico» promette l’assessore Tripodi, che ha elaborato il piano.
L’ecomostro di Copanello è stato costruito negli anni 80 dalla Centro sud immobiliare srl (nei confronti della quale è partita da qualche anno la procedura di fallimento) a San Martino di Stalettì, pregiudicando gravemente una zona sottoposta a vincolo di tutela paesaggistica. Infatti, a causa degli sbancamenti e della realizzazione di muri di sostegno, spiega la Regione, «risulta completamente alterato lo stato dei luoghi, di notevole bellezza e pregio ambientale, che sono poco distanti dal sito archeologico che ospita la Tomba di Cassiodoro, sito per il quale è stato emesso apposito vincolo monumentale».
Era necessario intervenire. Prima, ad aprile, la firma di un protocollo di intesa fra la Regione e la Soprintendenza regionale ai beni ambientali e il comune di Stalettì, che prevede l’abbattimento. Poi, il 29 dicembre scorso, l’accordo di programma tra la Regione e i ministeri dell’Economia e dell’Infrastrutture. Così, dopo Copanello (che costerà 731 mila euro) toccherà ad altri nove comuni. Certo, è una goccia nel mare delle centinaia di costruzioni abusive calabresi, ma è anche un primo passo importante nel tentativo di ripensare il territorio. «Siamo di fronte a un fenomeno caratteristico della nostra regione – spiega Nuccio Barillà, dirigente storico di Legambiente in Calabria – un’eredità che dobbiamo cancellare. Così accanto alle demolizioni serve un’analisi di tutto l’incompiuto, che è fatto di dighe, strade, ospedali e porti. Bisogna capire cosa è bene demolire, cosa completare e cosa invece conviene riconvertire».

Danilo Chirico

 

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